01 giugno 2015

Agenda geometricamente analitica

L'agenda è piena ancora prima di iniziare. Perché ci sono gli arretrati di cose da fare e perché di cose da fare ce ne sono sempre di più.
Tra gli arretrati, incarichi lavorativi da assolvere e incombenze varie rimandate. Per fortuna, gli incarichi lavorativi sono più che interessanti. Quanto alle incombenze, quelle casalinghe sono meno noiose di quelle burocratiche, ma direi che entrambe assorbiranno inizialmente parecchio tempo e una cospicua dose di energie.
Tra le cose da fare che si moltiplicano, un peso specifico preponderante viene assunto dalle necessità fisiche: per mantenersi in una forma decente e soprattutto per contrastare o contenere i dolorini fisici occorrono sempre più minuti di esercizi, dei quali va curata la costanza.
Il problema è il mancato moltiplicarsi delle ore del giorno, ma dato che è per tutti così, bisognerà farsene una ragione e darsi da fare a spremere tempo tra un minuto e l'altro, imparando a contenere gli sprechi. Definisco sprechi le attività in cui a un certo punto prevale la passività senza che ci sia un reale godimento o una utile evoluzione.
Sono quasi certo che il meccanismo sarà simile a quando si tenta di riavviare un carro arrugginito: la prima spinta è la più faticosa, ma poi le ruote gireranno sempre meno faticosamente e chissà, magari troverà spazio perfino la volontà, ingrediente indispensabile a ridurre gli ingredienti assunti. In tal modo, grazie all'ellissi alimentare si chiuderà il cerchio di quella che sarebbe potuta apparire come una parabola dagli obiettivi iperbolici e si passerà dalla spirale negativa al circolo virtuoso.

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bonus: Rolling Stones, Time Is On My Side

31 maggio 2015

Tra due cieli

Era come trovarsi tra due cieli. Da un lato i nuvoloni carichi di gocce pesanti e generosi nell'offrirne una seppur diradata campionatura; dall'altro piccoli squarci d'azzurro che risaltavano al contrasto e fasci di luce solare che filtravano tra le persiane del cielo a far brillare le diverse tonalità di verde delle chiome arboree. Subito lo sguardo si attivava alla ricerca dell'arcobaleno, cromatico bacio tra cielo e terra, estetico premio per chi abbia tuttora occhi di bimbo.

Il luogo di questa scena non era un'amena meta vacanziera né una località particolarmente privilegiata da incontaminati angoli di bellezza naturale: a saper guardare, le nicchie di paradiso si trovano perfino nell'hinterland milanese, cintura metropolitana fornita di tutti gli ingredienti più nocivi per noi e per l'ambiente.
Non dico di non far niente per contrastare le alterazioni dell'equilibrio ambientale in cui ci tocca vivere, ma nell'attesa che si compia la umana speranza, sarebbe cosa buona e giusta assumere l'atteggiamento suggerito da queste parole di Italo Calvino nel magnifico libro Le città invisibili: "cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".

Sorrido al pensiero che questo atteggiamento continua a essere mio nel tempo, come puoi leggere anche in qualche vecchio post.

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bonus: Sarah Vaughan, Gimme A Little Kiss

29 maggio 2015

Hetty Verolme

Un paio di settimane fa ho avuto il piacere e l'onore di fare da interprete a una signora classe 1930 e alla bambina piena di energia che è tuttora in lei. Hetty E. Verolme è una sopravvissuta alla Shoah e ha deciso di raccontare la sua storia in un bel libro, adatto anche per ragazzi: Hetty. Una storia vera, edito da Il Castoro nella scorrevole traduzione di Maddalena Fessart. Le vicende sono quelle da lei vissute dal momento in cui all'età di 12 anni fu deportata nel campo di concentramento di Belsen in Germania, dove le toccò occuparsi della sopravvivenza propria e di una quarantina di bambini.

Un bell'estratto dell'incontro si trova nell'articolo di Chiara Vanzetto (Corriere della Sera, 11 maggio 2015), scaturito dall'intervista a cui sono orgoglioso di aver contribuito come interprete. Da parte mia posso aggiungere che l'emozione dell'ascolto ha portato noi presenti sull'orlo della commozione, ma che la serenità trasmessa da Hetty è quella di un cuore che non ha mai smesso di pulsare anche per gli altri.

Sugli abiti le cucirono una stella gialla, ma dentro le risplende una stella d'oro. Sarà anche perché, dico io, di secondo nome si chiama Esther, the Morning Star o stella del mattino.


28 maggio 2015

Mongolfiere colme d'affetto

Oltre che persone, i figli sono eventi che ti riempiono d'amore fino a farti sollevare dal suolo. Le figure genitoriali, mongolfiere colme d'affetto, salgono fin quasi alle nuvole, ma senza staccare il filo che le lega a terra. Quel colmarsi risulta talvolta verbalizzabile, quantomeno in maniera approssimativa, ma il più delle volte è indicibile e si traduce in sguardi che accarezzano in silenzio la prole.

I figli sono persone e saranno loro le nuove mongolfiere, colme dell'amore ricevuto e di quello generato. Il filo che le lega a terra sarà nuovo, il nostro sarà già stato tagliato. Non è dato sapere se ci s'incontrerà in volo o di nuovo a terra.

Questo o quel colmarsi è intermittente e si alterna a brevi intensi scoramenti ogniqualvolta si percepisce la propria impotenza a garantire in ogni momento serenità assoluta o addirittura felicità ai frutti dei propri lombi, cosa impossibile perché altrimenti non sarebbe vita autentica. L'intermittenza è dunque una corrente alternata di pieni e vuoti, di positivo e negativo, di colmarsi e svuotarsi, ma funzionano così anche il pulsare che ci tiene in vita e il respiro.

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bonus e auguri di buon compleanno al mio Lorenzo: Talk Talk, Spirit of Eden (album completo, 1988)

05 maggio 2015

Nuovo esercizio di traduzione

Ecco un twit intraducibile di Bill Murray*:
The amount of people who mix up “to” and “too” is amazing two me.
Leggendolo ad alta voce e trascurando la grafia, significa: "La quantità di gente che confonde "to" e "too" è sbalorditiva per me."
Tuttavia è intraducibile perché il gioco di parole si basa su un'assonanza inesistente in italiano, quella tra "to" (a), "too" (anche) e "two" (due), il cui utilizzo improprio dà origine allo scarto umoristico.

Ho provato dunque a creare un adattamento, stando sempre nei 140 caratteri di twitter, anzi, in meno:
La quantità di gente che non sa quando usare a con l'acca ah dell'incredibile.
Che ne dici? Altre idee?


* in realtà la battuta non è di Bill Murray, ma di qualcun altro, visto che la pagina è una parodia e non appartiene al famoso attore statunitense.

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bonus: Holly Golightly & The Greenhornes, There Is An End

30 aprile 2015

Ripetutamente

La settimana scorsa ho risposto così al quesito con cancelletto #ioleggoperché su twitter:
Leggo perché così un giorno potrò rileggere, e allora sì che.
Sulla rilettura mi sono già espresso (*, **, ***), ma questa volta l'affermazione acquista particolare rilevanza perché sto rileggendo American Pastoral di Philip Roth e l'effetto che mi produce rispetto a cinque anni fa è sostanzialmente diverso.
All'epoca la mia amica Raffa, che mi prestò e poi donò il volume, rimase stupita dal tiepido apprezzamento che riservai a quello che lei riteneva un capolavoro assoluto. Intendiamoci: riconoscevo la grande bravura dello scrittore, ma la lettura non giungeva a toccarmi profondamente né mi suscitava grandissimi entusiasmi.
Ora invece, conoscendo già la storia, leggo scevro da ogni smania di vederla progredire e giungo a considerare godibile ricchezza di enorme spessore, intellettuale e umano, quanto allora mi parve in parte macchinosità e schermo al piacere.
È vero che procedendo di lettura in rilettura si procede lentamente. D'altronde, come recitava il fioraio anarchico (Felice Andreasi) in Pane e tulipani: "le cose belle sono lente".

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bonus: Thomas L. Thomas, Dream (by Johnny Mercer)

29 aprile 2015

Un punto e una ricetta

Non so mica come facciano quelli che seguono certe minchiate in tivù. Capisco che non avrebbe senso sentirsi superiori solo perché di tanto in tanto capita di evitare d'impantanarsi. Inoltre, potrei concederlo, non è detto che i propri pantani siano in assoluto migliori di quelli altrui. Ciò che repelle è il sospetto che tanto la fruizione davvero volontaria quanto il gusto pienamente consapevole siano troppo spesso lontani, lontanissimi, al punto da lasciare il posto all'abbrutimento della passività rassegnata e giungendo perfino all'insopportabile estremo dello zapping infinito condito da infinite lamentazioni. Questo, e in fondo solo questo, è il punto. Di conseguenza, la ricetta è semplicemente: fai ciò che vuoi (Fay çe que vouldras), ma gustandotelo.

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bonus: Thurston Moore, Benediction

28 aprile 2015

Di tanda in tanda

Questo post inizia dal bonus. Una canzone intensa, intensa soprattutto se hai provato l'emozione di ballarla, lasciandoti coinvolgere ma non trascinare, ché devi essere in grado in ogni momento di dominare movenze e intenzioni, coordinandole e possibilmente armonizzandole. Dici tango e senti in sottofondo qualche sbuffo o qualche uffa, comprendi perché sai che se non ci sei dentro è piuttosto difficile apprezzare appieno; eppure continui a dire tango, un po' perché dopotutto sei tu a decidere di cosa parlare, un po' perché se una sensazione tende a traboccare va esternata e non compressa. Come per le lingue o per la musica, o più probabilmente per ogni cosa che conti, il percorso è praticamente infinito: più studi, più scopri le tue lacune e la necessità di colmarle, più impari e più preme l'esigenza di affinare il risultato, sempre troppo scarso. Tuttavia, è consolante rendersi conto di padroneggiare quel minimo che ti permette di poter giostrare un po' sull'interpretazione, incrementando l'intensità e il godimento condiviso di tanda in tanda. È uno dei più bei modi di sudare.

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bonus: Que te importa que te llore, orchestra di Miguel Caló, canta Raul Berón

27 aprile 2015

Sul calendario era segnato in rosso

L'appuntamento era sabato mattina alla Bovisa in bici col fazzoletto rosso al collo. Ancora una volta è stato bello e confortante ritrovarsi a girare l'intero quartiere per portare le corone alle lapidi dei partigiani e fiori alla memoria dei partigiani rimasti senza lapide.
L'entusiasmo ha fatto da traino anche per la manifestazione pomeridiana, dopo di che ho assecondato la necessità fisica di una serata tranquilla, con cena in famiglia riunita per l'occasione e poi con l'abbandono alle arti affabulatorie di Marco Paolini in tivù col suo Album d'Aprile.

Il venticinque aprile per me ha da essere una festa inclusiva. A certe condizioni, ovvio. I presupposti base di un sentire che ritenga inaccettabile la cieca e stupida oppressione brutale sono e devono essere il discrimine tra chi può stare dentro e chi è meglio giri al largo. L'inclusione fa sì che lungo il percorso ci si trovino accanto persone e gruppi dalle posizioni contraddittorie o addirittura contrastanti, minoranze delle minoranze spesso improbabili, oltre che, naturalmente, atteggiamenti diversi per coinvolgimento e talvolta per concezione stessa della ricorrenza e del modo di onorarla. La manifestazione, lo dice la parola, è l'esternarsi di un significato, che nel nostro caso ha carattere prismatico: ne deriva una festa che porta in sé i tratti della commemorazione e della rinascita, del ricordo e del vivere presente, della rivendicazione e della gratitudine, della trasmissione e della condivisione, dei contrasti e della concordia, dell'ancoraggio al passato e dello slancio verso il futuro divenire. Una ricchezza composita da cogliere con gioiosa apertura, buona disposizione e divertito apprezzamento. Senza mai dimenticare che tutto quanto fu fatto e si patì, lo si fece e fu patito con l'obiettivo essenziale di tornare a vivere e di vivere in un mondo e in un modo più bello.

Ho letto e ascoltato musiche e parole che m'hanno confortato nella sensazione di tranquilla serenità quando a metà manifestazione mio figlio s'è sfilato per raggiungere gli amici sullo skateboard. È per il giocondo vivere che ci si gioca la vita, altrimenti che senso ha?

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bonus: MCR, Oltre il ponte

31 marzo 2015

Il maestro scolaro

Sulla neve ci vado di rado ma sempre di buon grado. Di rado davvero: una dozzina di volte in una decina d'anni. Sugli sci ci andavo da bambino in Trentino, poi ho interrotto per lustri e lustri e lustri, fino a quando li ho riagganciati agli scarponi per accompagnare i miei figli sulle piste. In verità, sono più loro ad accompagnare me, visto il divario tra i miei limiti e la loro abilità, acquisita fin da subito.

In questo mese ci sono stato due volte: la prima in una splendida quanto inattesa giornata di sole con tanto di famiglia riunita per l'occasione; la seconda solo io e i pargoli, pronti a sfidare le intemperie annunciate dai bollettini meteo e dal cielo, che invece poi ci ha graziati, consentendoci di godere molte ore di discese.

Un amico che incontro per lo più a tavola dal nostro anfitrione Masciu e che spesso motteggia tra le molte pietanze e libagioni, una volta ebbe a dire: "Tra tutti gli abitanti della Terra ci sono 6 gradi di separazione. Per Zu, sono 3."

Ai Piani di Bobbio, meta di queste recenti gite sciistiche, ho prenotato un'ora di lezione con un maestro della locale scuola sci. Chiacchierandoci mentre salivamo in seggiovia, mi è tornato in mente quel motteggio e la sua dose di verità nel momento in cui ci siamo resi conto di esserci già visti, più di quarant'anni fa, quando io ero piccolino piccolino e lui, Massimo S., era scolaro di mia mamma. Da lì in poi, la lezione è stata ancor più divertente, oltre che proficua. Vado sulle rosse senza ansie né paure.

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bonus: Pentangle, Will the Circle Be Unbroken

20 marzo 2015

Disco d'ombra

All'eclisse ho dedicato solo uno sguardo fugace, brevissimo, perché non ero attrezzato (ho usato una radiografia), ma la bellezza che m'ha strappato un "ooh" di meraviglia s'era già manifestata prima, per strada, mentre tornavo dalla ferramenta che aveva esaurito le lastre da saldatore ch'ero andato a cercare così tardivamente. Ero quasi giunto al portone quando ho sollevato un istante lo sguardo e, grazie allo schermo delle nuvole, ho potuto intravedere il disco nero dell'ombra lunare proiettata di sbieco su un sole che in quel momento, per fortuna, risultava assai pallido.

Se tento di risalire alle esperienze precedenti in tema di eclissi, scopro una memoria zoppicante: ho in mente l'immagine del cielo stellato in pieno giorno, uno stupendo brulicare delicato e transitorio di gioielli rilucenti, ma la ricordo come fosse il video d'un'altra vita, come il ricordo di un ricordo.

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bonus: Mano Negra, Salga La Luna

15 marzo 2015

La scardinatrice

In un pezzo di film visto mentre mangiavo il risotto in un pranzo solitario e tardivo, dopo una corsetta e una doccia parimenti tonificanti, un tizio ha un'epifania grazie al riascolto di una sonata classica. La musica lo scuote e scardinandolo contribuisce alla sua salvezza nell'umana dimensione.

Più volte ho rimarcato la potenza dispiegata dalla musica nel disarticolarci scassinando qualsiasi tenuta, nello sgusciarci lasciando a nudo l'ovale emotivo, nel disarmarci rendendoci però più forti e d'una forza più vera.
Un recente esempio è stato al funerale di zia Giulia, all'inizio del mese scorso. A un certo punto, mentre si apprestavano a issare la bara all'altezza del loculo, mia sorella mi ha bisbigliato una proposta: "Cantiamo Amazing Grace?" Le ho chiesto di accennarmi la melodia e, fermando mia nipote che già stava armeggiando col cell per cercare il testo on-line, ho acconsentito purché la modulassimo senza parole. Eravamo lì tutti e quattro, fratelli e sorelle, cosa che non capita più molto spesso. Al nostro canto muto si è unita almeno una mia nipote, che a un certo punto faceva anche la doppia voce. Era bello, si sentiva una forza promanare da non so dove, anche quando qui e là una o l'altra voce veniva a mancare, sopraffatta dall'emozione.

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Bonus: Amazing Grace

13 marzo 2015

Parola

Alice Avallone mi ha fatto quattro domandine per il suo progetto Digitatack, dove abbina parole a storie creative. La parola che ha scelto per me è Parola.
Qual è stata la prima parola in assoluto di cui ti sei innamorato?

Probabilmente qualche nome femminile. E anche per il resto, il valore affettivo delle parole dipendeva dai loro legame con la realtà. Di certo, una di quelle che pronunciavo di più tra l’infanzia e il primouso della favella era “ancòa”, quando chiedevo a mia nonna di rileggermi per l’ennesima volta la fiaba di turno, che conoscevo a memoria e che perciò doveva essere raccontata per filo e per segno, senza salti né scorciatoie.

Che cosa raccogli sul tuo blog Verba Manent?

Un po’ racconto il mio vivere; talvolta riconfeziono scatole di ricordi; in alcuni casi mi avventuro in equilibrio precario al confine con l’indicibile, nella zona in cui ogni verbalizzazione riuscita significa un insieme di sensazioni catturate alla consapevolezza e alla memoria.

È possibile insegnare a usare bene le parole?

Credo sia possibile aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di usarle.

Quali sono le parole più importanti per te in questo periodo della vita?

Respiro, condivisione, trasmettere, ascolto, vivere, ricordo/memoria, tango, musica, abbraccio.

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Alice la conobbi ch'era pischella, più di dieci anni fa, ma già allora mi fece una piccola intervista in quel di Asti.
In onore della sua città, il bonus oggi è: Sparring Partner, di Paolo Conte.

28 febbraio 2015

Una frase preziosa

Ero in sala d'attesa per un esame di controllo, poi andato bene, e al telefono raccontavo che subito dopo sarei partito per la Romagna perché era morta zia Giulia. Mi sembrava strano e non vero, come d'altronde mi sembra ancora adesso mentre lo scrivo, ma a parlarne la voce di quando in quando mi si strozzava. Alla domanda "Come ti senti?" risposi: "Eh, è un pezzo di me che se ne va."
La zia Giulia, bisogna sapere, non ha mai avuto figli e quando eravamo piccoli è stata spesso a lungo con noi. Nutriva per noi quattro nipotini un affetto forte e profondo e ce lo ammanniva miscelato con un piglio severo ma giusto, mai contestato perché coerente e chiaro. Lei e zio Aldo sono sempre state per noi figure carissime e la loro rara presenza contemporanea un motivo di festa in sé.
Parlando di un pezzo di me che se ne va, pensavo alla condivisione di antiche atmosfere nelle memorie di una persona che ti ha conosciuto e voluto bene fin dai primi vagiti. A quel punto, però, l'empatica amica con cui discorrevo mi ha regalato una frase preziosa: "Non è un pezzo di te che se ne va, è un pezzo di lei che rimane in te."

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bonus: Joni Mitchell, The Circle Game

27 febbraio 2015

Giro di

Quant'è bello condividere la soddisfazione incredula di quando a lezione un passo nuovo riesce quasi subito. Quando poi, prima o poi, riuscirai a eseguirlo davvero dentro la musica, dipingendola un pochino, almeno un pochino; quando riuscirai, con qualche tratto da amatore, ché non si parla di vere pennellate, a godertelo appieno, ecco che sentirai, e condividerai, un clic che è quasi un flash, un sentimento da cui alla fine scaturirà un sorriso complice di approvazione reciproca. Eh, perché un tango è quasi sempre meno di un giro di pista, ma qualche volta, o forse spesso, è meglio di un giro di giostra.

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bonus: Fuimos, orchestra di Osvaldo Pugliese, canta Roberto Chanel

25 febbraio 2015

Passi croccanti

Correndo ripasso sul tratto di sentiero che poche settimane o forse pochi giorni fa era parzialmente coperto di neve, poso il piede dove c'era quel ghiaccio croccante capace d'insaporire il ritmo dei passi incalzanti e del respiro affannato, poso il piede e ora c'è terra umida, erba e fango. Passo e penso che la terra beve e assorbe tutto, compreso il seme schizzato sul pavimento e il detersivo occorso per lavarlo, corro e penso che la Terra beve e poi risputa tutto nell'atmosfera e di nuovo beve e riassorbe, spugna del suo vissuto, spugna del nostro piccolo vivere e dei nostri grandi ricordi. Gira e beve, e sputa e respira, gira e un po' sospira.

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bonus: Sharon Jones and the Dap Kings, This Land is Your Land

20 febbraio 2015

Invece di

Probabilmente sono spesso troppo ottimista o troppo ingenuo, ma la consapevolezza di ciò non mi conduce ad atteggiamenti cinici, anche laddove sta in agguato la rassegnazione, pronta a divorare come un contagio le energie fattive.
Certo le immediate conseguenze di un atteggiamento oltremodo fiducioso comprendono talvolta un certo carico di incazzature per le esagerate discrepanze tra aspettative e realtà, più di rado qualche delusione, ma più spesso succede che da apertura nasca apertura, che sorriso coltivi sorriso, che un gesto gentile innaffi fiori futuri.
Perfino in contesti improbabili, decisamente improbabili, come in quell'assemblea condominiale in cui mi sentii pronunciare un discorso conciliante e questa conclusione: "Non siamo millesimi, siamo esseri umani."
Insomma, come dice la canzone ascoltabile dal bonus sottostante: invece di sentirti triste, lasciati entrare il sole nel cuore.

P.S.: a proposito di contesti improbabili, vedi anche l'ormai antico post: Frasi da ascensore.

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bonus: Madeleine Peyroux, Instead

31 gennaio 2015

Un pezzettino di sé

Era un giorno di sole di un weekend di gennaio, ero solo ad aggirarmi tra lapidi e tombe nel cimitero di Galeata. Un po' mandavo saluti e sorrisi agli antenati, un po' cercavo di abbracciare con lo sguardo tre torri contemporaneamente: quella campanaria della chiesa in centro, quella medievale del palazzo del Podestà e il campanile a vela della chiesetta della Madonna dell'Umiltà. Quest'ultima era particolarmente cara alla mia nonnina e di tanto in tanto vado ad accenderle un cero, non da credente ma perché so che le avrebbe fatto più piacere di un mazzo di fiori. Comunque, mi trovavo in quel cimitero che è per me un posto speciale: oltre a essere del mio paese natale, è il luogo in cui vorrei essere sepolto quando verrà il momento, sia per un senso di compiutezza, sia perché mi piace un sacco, circondato com'è dalla vista delle colline che inconsapevolmente disegnavo da piccolo.

A un certo punto, con gli occhi tesi a sbirciare tra gli alberi nel tentativo di abbraccio architettonico descritto sopra, sono stato preso da una sorta di euforia malinconica, una coincidenza degli opposti capace di comprendere pienezza e perdita, il tutto mentre canticchiavo un motivo degli anni ottanta che allude al distacco e alla parcellizzazione modulando leggiadro: "Ogni volta che te ne vai, porti con te un pezzo di me". In effetti, pensavo, è proprio quel che succede quando muore qualcuno che ci conosceva: un pezzetto di noi se ne va. Inoltre, pensavo, in parte vale anche per i vivi, quando ci si separa proprio.

Poi, per sorte di quell'euforia malinconica di cui dicevo, m'è venuto di sentire come e quanto tale parcellizzazione sia anche una moltiplicazione. Una moltiplicazione dei riflessi, delle sfaccettature, come su una superficie d'acque mosse da piccole onde. Dalle piccole onde alle Ondine ci passa una bracciata di credulità, ma il mare del vivere si droga di soprannaturale e chi lo coglierà dentro di sé sarà fuori di sé dalla gioia, incontenibile come un'effusione di bolle più leggere dell'aria, che un attimo prima di scoppiare avranno rispecchiato le luci e i colori del mondo insieme al sorriso inebetito alimentato da un flusso che dalle piante dei piedi piantati a terra attraversando vertebre midollo carni e fluidi vari sgorgherà nel respiro d'un abbraccio allargato alla meraviglia e il bimbo sarà zuppo di gaudio per quell'unico istante in cui le tre torri si sono lasciate sfiorare dallo sguardo e dal sole, appena in tempo prima delle nuvole e dell'imminente partenza.

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bonus: Paul Young, Every time you go away

27 gennaio 2015

La memoria di internet

Grazie alla Wayback Machine, ho ritrovato una pagina scomparsa su degli scomparsi.

S'intitola "Ghosts of Auschwitz" (Fantasmi di Auschwitz) ed è più che mai appropriata, oggi come ieri (ho aggiornato anche i collegamenti del vecchio post).

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bonus: Paul Cantelon, Sunflowers - dalla colonna sonora di Everything Is Illuminated (Ogni cosa è illuminata)

25 gennaio 2015

Ipsilon tango

Com'è stato bello ballare con la musica dal vivo. Com'è stato bello tornare al Tangoy, che prima della ristrutturazione ospitava anche le lezioni del mio maestro il martedì e che quindi sentivo molto familiare sebbene ancora non osassi frequentare la milonga del venerdì, inibito dalla soggezione.

Il ghiaccio l'avevo rotto lo scorso venticinque aprile. Conoscerai il meccanismo dell'orso che non guarda nella propria tana: si finisce per trascurare le opere d'arte della propria città se non accompagnando degli amici in visita per un occasionale giro turistico. Mi era successo per la pinacoteca di Brera nel 2008 e anni prima e tempo dopo per un sacco di altri luoghi di densa bellezza o di minuscola meraviglia.
Lo stesso meccanismo si applicò per quello che a torto o a ragione viene considerato il piccolo tempio del tango meneghino. Fu per accompagnarvi la selvadega che superai le mie inibizioni, anche se non totalmente la soggezione.

L'altra sera, invece, ero tranquillo e gaudente. Lieto di rivedere amicizie e conoscenze, contento della selezione operata dal musicalizador Peppo Del Fabbro prima e dopo l'esibizione orchestrale, entusiasta nel ritrovare tanguere già abbracciate e nello scoprire nuovi abbracci, ma soprattutto soddisfatto di poter ballare al suono della 3T Tango Orchestra: belle le scelte dei brani, belli gli arrangiamenti e le esecuzioni (a titolo di esempio, Desde el alma nella versione di Pugliese), ottima l'idea di strutturarli in tande, favorendo così la fruizione danzereccia.

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bonus: Carlos Gardel, Fumando Espero

16 gennaio 2015

Amarcord

Amarcord si pronuncia con la o chiusa e così domenica pomeriggio l'ho sentito pronunciare da mio zio Aldo (detto Botti, classe '28) mentre percorrendo un quasi inesistente sentierino costeggiavamo il "fosso", al secolo Rio Sasso, miniaffluente del Bidente in quel di Santa Sofia, quartiere Shanghai.

"Non sai da quanti anni non ci venivo!" e intanto i ricordi fluiscono nel racconto che inonda, forte come le acque di un tempo, l'ascolto delle generazioni successive, lì rappresentate da me e da mio figlio. "La mia mamma ci veniva a fare il bucato. Tutto intorno era pieno di orti, ché se piantavi due pomodori mangiavi qualcosa anche quando c'era la miseria. Ma la gente non se lo immagina mica, adesso."
In effetti, solo sentendolo con le mie orecchie vengo a sapere che "con le spuntature dei sigari si caricavano le pipe e i più poveretti andavano a raschiarne il fondo con uno stuzzicadenti, che poi infilavano in bocca per sentire il sapore della nicotina."
Ma è il fosso a farla da padrone nell'evocazione del passato più vivace: "Qui abbiamo imparato a nuotare... Quante battaglie! Avevano fatto anche una canzone." E me la canticchia e ci ridiamo su insieme mentre, riattraversata l'instabile passerella di legno, saliamo sul bel ponte di pietra. "Ah, quello che l'ha costruito non ha più mal di pancia." Ci metto un istante a capire il riferimento alla sua antichità e alla morte che porta via tutto.

C'è un sospiro d'aria sospesa, proprio quel miscuglio tra la pienezza dell'esserci stati e il pallore del futuro incerto, soprattutto quello delle persone più care. C'è un respiro, però, ed è quello dell'esserci e del poter ancora contare su qualche antidoto all'oblio.

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bonus: Pontebragas, Rumbablu

05 gennaio 2015

Come una rosa

Giornate d'un azzurro splendido si susseguono e le parole non potrebbero tener dietro alla meravigliosa e mutevole mise di questa nostra indispensabile atmosfera, dalla quale, col favore della rotazione terrestre, possiamo talora ammirare la vertiginosa indifferenza cosmica dell'illusoria volta celeste quando si tinge di blu notte.
Eppure, una volta ristabilite le proporzioni, vale la pena riportarsi alla minuzia puntolina del nostro vivere e goderne ogni possibile aspetto, a maggior ragione avendone appreso e ripassato il carattere transitorio.
Che la vita sia come una rosa dagli infiniti petali, benevoli nello schiudersi al momento giusto.
Che l'inevitabile malinconia s'inebri della scintillante gioia di esserci, o di esserci stati.

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bonus: Pino Daniele, Io vivo come te (1982)

31 dicembre 2014

Cinque, quattro, tre, due, uno...

Non affannarti troppo: c'è un sacco di gente, su questo stesso globo, che a quest'ora è già da un pezzo nel 2015!

La zucca nella zucca

L'ultima corsa del 2014 è stata questione di schivare sul terreno il ghiaccio o di farne scricchiolare a bella posta sotto i piedi la crosta. A dire il vero, è stata anche una mezz'ora di alterni pensieri contrastanti, per esempio sulla necessità di mangiare di meno e sul desiderio di farsi una pasta con la zucca appena rientrato, oppure sulla necessità di mettersi in pari con le incombenze incalzanti e sul desiderio di indulgere in svariate occupazioni mangiatempo, o ancora sui dubbi e sulle certezze, sui picchi e sulle bassezze, sull'interezza e sulla vita a spicchi, sul caffè da bere e sul macinarne i chicchi. Poi, per fortuna, c'è la doccia (abbastanza) calda.

30 dicembre 2014

Oh, ma... Capodanno?

Cosa fai a Capodanno è già di per sé una domanda imprecisa, perché in genere si intende chiedere notizie sui programmi dell'ultima sera dell'anno in corso. Manca ancora un sacco di tempo, ma credo di poter ipotizzare che domani sera, dopo aver cenato, a mezzanotte brinderò. Poi, magari, se per il resto della nottata si troverà ancora posto in qualche milonga, inizierò anche il 2015 a passo di tango (e di vals, e di milonga).

A proposito di propositi

La dieta non s'inizia col nuovo anno, né subito dopo l'Epifania.
Semmai, quando finiranno gli avanzi.

27 dicembre 2014

Corsa, regali e giochi chirali

Non ho fatto in tempo a uscire sotto la neve, ma la mezz'ora corsa oggi mi permette di dire che finora l'unico allenamento saltato è stato quello del giorno di Natale, quando non ho voluto rinunciare né all'apertura dei regali in Bovisa alla mattina con la famigliola riunita per l'occasione, né alla convivialità della numerosa famiglia larga alle prese con attività primarie quali ingestione e digestione, tra l'incessante sequela di portate e vari giochi da tavolo atti a coinvolgere quasi tutti i commensali.
A proposito di regali: con la maglietta tecnica nera North Face Hybrid me paro diabbolik, ma tranquilli, senza chiavi non so entrare da nessuna parte e difatti ho dovuto accontentarmi di girare intorno a Villa Ghirlanda, avendone trovato i cancelli già chiusi.
A proposito di giochi: i più apprezzati in questi due giorni sono stati Taboo e Indomimando, quasi uno lo specchio dell'altro, e in entrambi i casi il maggior divertimento è stato per tutti quanti la partecipazione dei nonni.

24 dicembre 2014

Buone feste in ogni caso

Sappiamo che c'era stato il dio Mitra, che si festeggiava il Sol Invictus, ecc. (vedi questo interessante e sintetico excursus al riguardo).
Tuttavia, volendo ammettere che domani sia il compleanno di Gesù, trovo crudele che l'iconografia, anziché rilanciare l'immagine di un bambinetto o di un saggio predicatore, prediliga il patimento di un essere inchiodato a una croce.
Insomma: tenere alla parete il crocifisso sembra normale perché prassi consolidata da una manciata di secoli, ma prova a immaginare un tifoso di calcio che appenda in cameretta il poster del suo idolo mentre si procura l'infortunio più grave della sua carriera!
I gusti sono gusti e se non mi metto a litigare con i fautori del panettone o del pandoro, figuriamoci se ci provo con i devoti. Tanto più che sono alle prese con la massima difficoltà del Natale: fare i pacchettini.
In ogni caso, dunque, buone feste.

18 dicembre 2014

Ciak, si gira!

Ogni tanto, anzi spesso, formulo la domanda "Quand'è l'ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?" e ovviamente la pongo soprattutto a me stesso. Quando capita di poter rispondere affermativamente, si tratta quasi sempre di esperienze positive, che irradiano un'aura di contentezza atta ad avvolgere, almeno per un po'.

Venerdì è stata una di quelle volte e mi sono divertito un sacco. Certo, conta anche come te le racconti le cose, e se scherzosamente le pompi un pochino, pur senza perdere la consapevolezza dimensionale della realtà, ti ritrovi ad apprezzarne gioioso l'aspetto giocoso.
Dunque, venerdì è stata una di quelle volte perché per la prima volta ho fatto l'attore. La mia amica Ganga, cantante originaria di Sri Lanka, mi ha chiesto di interpretare una piccola parte nel videoclip di una sua canzone. Non dico niente sul ruolo né sulla riuscita fintanto che non avrò visto il filmato e soprattutto il risultato del montaggio, ma al di là di quei pochi secondi di apparizione futura, so già di essermi goduto l'opportunità di passare una serata assai divertente. Divertente e gustosa, visto che era cominciata con le leccornie della cucina casalinga singalese e che si è conclusa con libagioni da Milano-da-bere: nella fattispecie un classico Negroni, carico e abbondante, a cura dei baristi del locale in cui abbiamo girato un paio di scene e che per caso (o per tirarcela, evidentemente pensando già al red carpet, ai paparazzi e agli autografi) si chiama Actors' Studios Cafè.

10 dicembre 2014

Materiale autentico

Quando insegno a chi ha bisogno di rispolverare e migliorare l'inglese che già conosce, posso permettermi di utilizzare come ausilio testi un po' più complessi dei soliti destinati agli studentelli svogliati e soprattutto posso puntare su materiale autentico, ossia scritti e discorsi reali. Esempio: il blog di Seth Godin.

Altro esempio: i video di TED, con interessanti interventi su svariati argomenti. Uno di questi, presente on-line già da qualche stagione, è The Art of Asking (L'arte di chiedere) di Amanda Palmer, completo di trascrizione e traduzione. Te lo consiglio.
Oggi mi è giunta notizia che da quell'esperienza è nato un libro con lo stesso titolo.

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bonus: avevo già menzionato Amanda Palmer per un paio di chicche musicali: * e **, oltre che per quel discorso.

09 dicembre 2014

I cinquanta

Una dozzina d'anni fa mi dicevano che i 50 son belli da vivere perché ti gusti davvero tutto a un altro livello (che poi sostanzialmente a dirlo era Enzo Baldoni nella mailing list della Zonker Zone), ma io sotto sotto pensavo fossero considerazioni autoconsolatorie.
E invece.
Invece, mentre continuano a scorrere, sono qui a dirmi che davvero non è niente male, che non m'è passata la voglia d'imparare o di migliorare, che di cose belle ne faccio e ne vivo parecchie, che il gusto e il desiderio non si sono affievoliti e nemmeno le gioie o le belle speranze.
L'altro giorno al mio amico per la pelle, neocinquantenne, ho fatto gli auguri per telefono (non è su facebook) e sono stato lieto di sentirgli dire: "Sai, sono contento di esserci." Lo conosco e so che nemmeno questa era una considerazione autoconsolatoria.
Bene. Intanto godiamocela, poi si vedrà.

08 dicembre 2014

Quasi nessun dolore

Nelle conversazioni di livello medio, non appena dici di aver male da qualche parte, ti suggeriscono di prendere qualcosa, in genere un farmaco a effetto immediato. Salvo i casi estremi, lo ritengo un errore: se il corpo ti vuole segnalare che qualcosa non va, lo avrà fatto attraverso le sensazioni di disagio o malessere, che vengono puntualmente ignorate, e poi sarà passato al livello successivo, quello del dolore. Spegnere la spia senza analizzare il guasto ti preclude la possibilità di affrontarlo: meglio dunque cercare di capire come porre rimedio alla fonte, anziché andare a tacitare il sintomo.

Piccolo esempio personale: la settimana scorsa mi era venuto un dolore più acuto del solito a un piede, tormentandomi fino a rovinarmi l'umore e assottigliarmi le speranze per il giorno dopo, in cui prevedevo di andare a correre e anche a ballare. Ci ho dormito su e poi, anziché ricorrere a un analgesico, mi sono preso il quarto d'ora scarso necessario a seguire gli esercizi per i piedi già sperimentati in precedenza grazie alle segnalazioni dalle mie amiche tanguere altoatesine. Oh, ha funzionato!

30 novembre 2014

Aria!

Esci di corsa da un parco, per esempio quello di Villa Ghirlanda, e alla prima inspirazione da marciapiede ti rendi conto della pessima qualità dell'aria che tocca respirare "normalmente". Vien quasi voglia di andare via in cerca di ossigeno, vitalità e maggior bellezza... Per esempio dalle parti delle Dolomiti, magari in Val di Fassa, stavolta.

Fare e rifare

Mancano solo due settimane a concludere il piccolo programma di allenamento e stavo per chiedere a Luigi Piazzi un consiglio su come continuare dopo, ma ho già deciso che rifarò la seconda tabella, perché voglio vedere se stavolta riuscirò a completare le corse con variazioni senza sentirmi disperato come un vitello al macello. Oggi sono uscito bardato: k-way e berretto con visiera, che proteggendo gli occhiali dalle gocce di pioggia mi ha permesso di vedere fino agli ultimissimi minuti, quando le lenti si sono del tutto appannate.

Tempo di riletture

Tempo di riletture: ho riattraversato Belleville nelle pagine di Monsieur Malaussène, che ho riletto in francese (le precedenti passeggiate risalgono al '97 e al 2001). Un libro è di certo un buon libro se alla rilettura sa farsi riscoprire e con questo è successo anche stavolta, ma per gustarlo appieno consiglio di affrontarlo solo dopo aver letto le fasi precedenti della rocambolesca saga firmata Daniel Pennac (Au bonheur des ogres, La fée carabine, La petite marchande de prose).

Tempo di riletture: nel frattempo, sto riattraversando anche i singulti spaziotemporali di Billy Pilgrim, stralunato protagonista di Slaughterhouse-5, or the Children's Crusade di Kurt Vonnegut. Se non lo conosci, ti dico solo che era un geniaccio e che i suoi libri sono spiazzanti, grotteschi, divertenti e sempre validi quanto a ispirazione. Di questo, in particolare, confermo quanto avevo già detto in Letture e riletture.

Se pensi che sia un peccato rileggere quando c'è tanto da leggere (tanto di nuovo o tanti buchi da colmare), ti ho già risposto qui.

28 novembre 2014

Leaving significa partire o lasciare

Dal barbiere ieri si ascoltava John Denver. Mentre Daniele mi accorciava la scarna capigliatura, ho chiuso gli occhi nel sorriso sulle note di Leaving On A Jet Plane. A brano terminato, gli ho detto che ne apprezzo molto la versione di Peter, Paul & Mary, ma che la prima volta la sentii eseguita benissimo e con il giusto trasporto da Janice Hunter, una scozzese che faceva pratica come giovanissima insegnante a Hastings nel 1981 (la conobbi frequentando le free lessons della International House e le serate che organizzavano per noi studentelli, but I still remember when we bumped into each other at Victoria Bus Station that morning). Sappiamo quanto sia potente la musica nel far tracimare i ricordi e come sappia addolcire di graziosità e bellezza le lievi e innocue malinconie. Questo brano riassume il senso del distacco nel testo, ma lo sa anche accarezzare, specialmente con l'ingenua ondeggiante purezza di miscelazioni vocali come queste.

27 novembre 2014

Per rendere grazie

Poiché siamo in zona Thanksgiving Day, ecco una ricetta particolare che mi fece ridere per la prima volta a inizio secolo: il tacchino al whisky. La dedico soprattutto ai ragazzi e alle ragazze dei settori Ristorazione e Sala/Bar della scuola ASP Mazzini, che stasera a Villa Ghirlanda ci hanno deliziati con manicaretti salati e dolci e libagioni varie, regalandoci una preserata festosa, tra sorrisi e chiacchiere e molti brindisi.

Ricetta del tacchino al whisky

Ingredienti: un tacchino di circa 5 chili per 6 persone e una bottiglia di whisky; sale, pepe, olio d'oliva e lardo.
Lardellare il tacchino, cucirlo, aggiungere sale e pepe e un filo d'olio. Scaldare il forno a 250 gradi per circa 10 minuti. Nell'attesa, versarsi un bicchiere di whisky.
Mettere in forno il tacchino su un piatto di cottura. Versarsi due bicchieri di whisky.
Bettere il dermosdado a 300 gradi ber 20 minuti. Versciarsci dre bicchieri di whisky.
Dopo una messci'ora, aprire il forno della porta e sciorvegliare la bollitura del tacchetto. Brendere la vottiglia di vishschi e infilarscene una bella golata nel gargarozzo.
Dopo un'altra bezz'ola, trascinarsci verscio il forno, spalancare quella ssstupida porta e ributtare, no, rimirare... Oh, insomma, mettere la gallina nell'altro verscio.
Uscitionarsci la mano con la caxxo di porta e chiuderla, porca zozza.
Cercare di scedersci su una cavolo di scedia e verssarsci un uissski di bikkiere... o il co-contrario, non scio' più.
Nuocere... no, suocere... no cuocere no, ah sì, cuocere l'animale be due ore. Eh hop! Un bicchierino! Sciempre gradito.
Levare il forno dal dacchino. Rimboccarsi un po' di wisdky.
Cercare di nuovo di estrarre il taachiino, perché la prima volta no ci sciamo riusciti.
Raccogliere il facchino caduto sul pavimento. Pulirlo con uno schifo di straccio e sbatterlo su un gatto, un matto, un piatto. Ma chissenefrega.
Spaccarsi la faccia per via del grasso rimasto sul soffitto, sul pavimento della cugina e cercare di rialsarsi.
Decidere che si sta meglio tutti giù per terra, ridere di pancia e finire la bottiglia di vhiskyo.
Arrambicarsi sul letto e dorbire dudda la notche.
Mangiare il tacchino freddo con la maionese l'indomani mattina e per il resto della giornata ripulire il bordello fatto in cucina.

26 novembre 2014

Un imperscrutabile miscuglio

Allacciarsi a vicenda, intrecciarsi, connettersi, collegarsi, stabilire contatti, tirare fili sottili, stendere nastri bianchi da un'individualità all'altra sono tutte azioni che per funzionare devono poter contare su due parti di volontà, una di casualità e tre o quattro di un imperscrutabile miscuglio comprendente dosi variabili di compatibilità, diversità, affinità, mutua e muta comprensione e capacità di reciproca lettura. Quest'ultimo ingrediente consiste nell'esposizione codificata di proprie sfaccettature allo sguardo altrui, inopinatamente in grado di capire e farci capire più di quanto non sapessimo già. Da lì, credo, anche da lì, scaturisce il nutrimento per l'evoluzione personale. Chiamala empatia, se vuoi, però speziata d'amore. Un sapore che lascerà assetati, ma di una sete che saprà dove e come ritrovare l'abbeveratoio.

25 novembre 2014

Tempo contato

Per una serie di circostanze ero rimasto un'intera settimana senza tango. Senza ci si può stare, certo, però è molto meglio non doverne fare a meno. Stasera sono tornato a lezione, prestandomi volentieri per una tanguera del quarto corso, e ne sono lieto. Ne sono lieto anche le volte in cui so di sottrarre ore al sonno necessario, ma si sa che quasi sempre è proprio lui la prima vittima delle cose più divertenti, quelle che magari si relegano in orari improbabili pur di non tralasciarle.
Com'è difficile prendersi il tempo per fare tutto, com'è arduo rispettare i propri limiti per non mettere a repentaglio la lucidità il mattino dopo, com'è complicato trasmettere un pizzico di saggezza nelle istruzioni per l'uso del quotidiano vivere che si vorrebbero consegnare ai figli o più in generale alle generazioni successive. Tutto si gioca sull'equilibrio, come nel tango, ed è tutt'altro che facile.

13 novembre 2014

Dieci più dieci più dieci come da tabella

Dieci minuti di corsa lenta e lo sguardo si posa intorno pacifico sul paesaggio e sui bei colori, oh che belli i colori di novembre, aveva proprio ragione Sphera; colori ancor più belli dopo la tempesta, goduti a cuore grato per l'insperata tenuta meteorologica.

Dieci minuti scanditi dall'affanno, lunghi come una tortura, dieci minuti di corsa in progressione che fanno regredire qualsiasi desiderio diverso da quello di fermarsi; come ricordava Beggi, però, chi corre non molla e allora si procede, si resiste, ci si ricorda che è questione di rompere il fiato prima di rompersi i coglioni e con fatica si giunge al minitraguardo cronologico.

Dieci minuti di corsa lenta ed è come resuscitare, ma dolorosamente e piano piano, senza la bacchetta magica, la magic wand che si pronuncia /wɒnd/, mannaggia a me che l'altra settimana ho sbagliato a pronunciarla davanti a una discente; poi alla fine arriva la bellezza vera, quella condita da soddisfazione mentre parecchi decilitri di sudore esondano durante lo stretching conclusivo.

08 novembre 2014

Relatività globale

Che tu stia correndo verso il tramonto o verso l'alba dipende dalla lunghezza e dalla circolarità del tuo sguardo.

01 novembre 2014

Cala novembre ma come un asso

Ho iniziato il mese concludendo la decima settimana del piccolo programma di allenamento. Mi trovavo a Seregno per dare lezioni di matematica a un discalculico (dicono mi riescano queste cose perché sono empatico, anche se mai lo sarò a livello di certe peggissime-meglissime di mia conoscenza) e sono andato a correre dietro casa dei miei genitori. Avendo dimenticato il cronometro meidinciàina acquistato da decathlon a meno di otto euro, mi sono fatto prestare l'orologio da polso da mio padre per regolarmi sui trenta minuti richiesti. In suddetto tempo, una volta oltrepassato il muro d'aria friccicante sotto i piloni dell'elettricità, mi sono goduto le stradine di campagna del Parco Brianza Centrale, con la presenza di un cospicuo gregge di pecore, un paio di pescatori che inspiegabilmente uscivano da un campo di granturco già trebbiato, alcuni appassionati di aeromodellismo che inizialmente m'avevano fatto illudere sulla presenza di un grosso volatile a poche decine di metri dal suolo, sole, luna, scie di condensazione a decorare di bianco l'azzurro celeste, quasi come la bandiera della Scozia. Poi, dopo un'indispensabile doccia, ho portato mia madre in gelateria e quindi mi sono dovuto sacrificare, optando nell'occasione per un nuovo abbinamento, caco bio e cannella di Ceylon, che m'ha soddisfatto anche stavolta. Un gelato colto dall'albero giusto in tempo, prima della chiusura stagionale che durerà per ben un mese.

31 ottobre 2014

Inghirlandandosi

A Villa Ghirlanda ci andai la prima volta per il matrimonio di mia sorella. In seguito, ci portai mia figlia piccolina a vedere uno spettacolo di burattini. Non immaginavo che, parecchi anni dopo, a Cinisello Balsamo ci sarei venuto a vivere.
Nel parco di Villa Ghirlanda, in questi anni, ho fatto tante passeggiate: familiari, romantiche, meditative... e negli ultimi mesi, più di qualche corsetta. All'interno della Villa non avevo messo più piede da quando la biblioteca comunale si traferì al Pertini. Stasera invece ci tornerò, a ballare tango, yuhu!

Só tozèro

Purdi nonpa tir efrédo
iomamman terodi te

Gambebra cinùnin trecio
che piustre tonon cenè

Nomipia cima cigodo
notipia ciopur seiqui

Purdi nonpa tir efrédo
noicia brace remco sì!

Link arancioni

Mettitelo bene in zucca, in una zucca scavata, quel lumino.

* * * * * * * * * * * * * * *

30 ottobre 2014

Sumo

Ciccioni e mostri sacri, mangiano quattordici volte più di te. Lottano grossi e forti: in meno di un minuto staranno in cielo o in terra.

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Scritto su sollecitazione di Simone Righini. Ho usato twitter per limitare in automatico il numero di battute.

Apri grande!

Per quanto grande sia il tuo abbraccio, qualcuno ne resterà escluso*. Tienilo a mente onde evitare la frustrazione di non poter essere dappertutto e dotato d'un'ubiquità sentimentale trasmissibile in contemporanea a reti diversificate. Scelte, scelte, scelte: microscelte, quelle di ciascun singolo istante durante una festa, per esempio, o quelle delle piccole decisioni sui programmi quotidiani o settimanali; grandi scelte, quelle di ogni piccola o grande svolta nel percorso della vita, lineare o arzigogolato che sia; scelte che potranno essere definitive o revocabili, ma non senza lasciare in ogni caso segni e conseguenze. Tienilo a mente, dunque, ma non tenere il tuo abbraccio per te: continua ad aprirlo e aprilo grande. Come diceva una dentista chissà quanto tempo fa: Apri grande!

* autocit. da twitter

Cornacchie

Tra una pennellata e l'altra, l'imbianchino appassionato di ornitologia mi disse che da queste parti le cornacchie stanno distruggendo le altre specie di uccelli, perché spadroneggiano e si mangiano le uova dai nidi altrui. A quanto vedo girando per il parco Nord, direi che potrebbe aver ragione: sono davvero tante, numerose e grosse, mentre altri uccellini non si vedono che raramente.
Più che un piumaggio pare una livrea la loro, severa fino quasi alla minaccia. Finora però al mio passaggio s'allontanano e non cercano di mangiarmi le scarpe, sebbene a parer mio percepiscano in qualche modo i miei pregiudizi nei loro confronti.

21 ottobre 2014

Un sentire elevato a potenza

Ci sono momenti in cui ti godi tutto quanto, momenti in cui la densità del vivere pesa d'una pienezza profumata di colori e musica, momenti in cui la gioia si fa euforica fino a traboccare da un sorriso che prende tutta la faccia e ti espande il torace.

Ci pensavo l'altro giorno in auto, a uno di quei momenti. Anzi: ci pensavo ancor prima di salirci, mentre ipotizzavo di metter su il CD di Paolo Conte, ovvero una raccolta contenente Bartali. Più che pensarci, in verità, m'era esplosa tra le note giocosa l'associazione d'idee capace di riportarmi di botto al giorno del mio cinquantunesimo compleanno, quando, a conclusione della splendida gita montana, riscendevo in auto, a equipaggio completo, i venti e passa tornanti del Pordoi, con l'accompagnamento del garbato e sguaiato artista astigiano.

Quella volta, il godimento si moltiplicò grazie alla compagnia, non solo perché in generale la condivisione raddoppia il piacere (vedi l'intestazione qui sopra), ma perché, in effetti, quando capita di goderti qualcosa al cospetto di qualcuno che ti conosce veramente, quando sai che la tua euforia verrà compresa appieno, è come se il sentire si elevasse a potenza, rimbalzando e balzando contento di essere riconosciuto.

È questo che, una volta verbalizzato, l'altro giorno ho comunicato telefonicamente al mio amico Alberto, che faceva parte del suddetto equipaggio. Per farlo, ho rinunciato a riascoltare il CD, ma ne è valsa la pena, giacché ancora una volta la condivisione era stata prodiga di piacere e di mutua contentezza. Tanto più che per un riascolto basta un clic su un link di poche righe fa.

15 ottobre 2014

Uno e un solo gelato

Ho mangiato un gelato, domenica. Non so da quanto tempo non lo facevo, anzi, lo so benissimo: da oltre due mesi, perché l'ultimo l'avevo mangiato a Galeata verso la fine di luglio e poi, al termine di quella vacanza itinerante, mi ero imposto uno stop ai dolci, stop rispettato per due mesi pieni, fatte salve un paio di eccezioni per eccezionali tagli di torta da occasione speciale.
Ho mangiato un gelato, dicevo, ma in verità me lo sono proprio goduto, anzi: l'ho pregustato, fin dal momento in cui ho deciso di appropinquarmi a una delle mie gelaterie preferite in assoluto. Una gelateria da poesia pura: sta L'albero dei gelati in quel di Seregno, zona Santa Valeria, e fa frutti freddi e buoni.

Sapevo prima di entrare che avrei preso uno e un solo gelato, e che il gesto non avrebbe dato la stura a un'insaziabile valanga dominata dalla gola, giacché mi sarei contenuto, limitandomi a una saggia sporadicità. Così, consapevole della rarità che rivaluta l'indulgere, ho occhieggiato i gusti disponibili, ho scelto il fico d'India, ho soppesato le varie possibilità di abbinamento e, orfano del gusto mirto che m'avrebbe riportato dritto dritto a Su Nuraghe, ho optato per un cioccolato con rum e amarene, giudicato previo assaggio partner ideale da accostare alla dolcezza straripante del ficodindia, in quanto dotato della giusta forza da opporre a contrasto gustativo.

Uscito sul piazzale, l'ho degustato in silenzio estatico, con tale trasporto e piacere esplicito che avrebbero dovuto pagarmi come propagandista. Non faccio per dire: un astante a me ignoto, dopo la mia esibizione, ha commentato complice: "Va giù bene, eh?"

09 ottobre 2014

Corsa bagnata

L'altro giorno sono andato per la prima volta a correre sotto la pioggia. Pioggia... via: pioggerellina. Una pioggia sottile, quasi trascurabile inizialmente - anche perché diversa da quella sottilissima dei Paesi Baschi, capace di intriderti completamente prima che tu te ne accorga - poi però, una volta dentro i vialetti alberati, la sento prendere corpo. È il rumore sulle foglie che la amplifica, mentre nei tratti a cielo aperto le gocce non hanno mutato numero né dimensione. Poco dopo, è indistinguibile dai rivoli di sudore sulla pelle e alla fine l'unico segno lasciato è qualche schizzo di fango sui calzini di spugna. Il segno interiore, invece, è la piccola soddisfazione di non aver saltato l'appuntamento con il modesto ma costante programma di allenamento.

06 ottobre 2014

Giù il cappello

Dopo la cena, l'uomo si tolse il cappello, segno distintivo di quell'estemporaneo ritrovo conviviale per le vie della città, lo posò sul tavolinetto e cominciò a raccontare:
Anni fa biasimavo e disprezzavo il marito di una mia amante, che la trascurava sessualmente e se ne andava a correre. Lei era più che avvenente e molto desiderosa, una femmina decisamente irresistibile, eppure lui non rispondeva quasi mai ai suoi richiami. Tuttora lo biasimo, intendiamoci, per avere sprecato tutto quel ben di dio e le decine di orgasmi che lei non poteva impedirsi di regalare una volta che si sentiva carnalmente bramata, però su una cosa lo capisco: non si può rispondere a quei richiami prima di andare a correre, perché poi non se ne troverebbe più la forza di volontà necessaria. Dopo, però, bisogna rimediare, a lungo e con tutta la passione.
Ciò detto, si rimise in testa il cappello, si alzò e, presa sotto il braccio la sua sedia pieghevole, se ne andò a lunghi passi. Lo seguii con lo sguardo fino a quando si fece ingoiare dall'entrata del metrò, linea verde, insieme a tanti altri sconosciuti commensali. Rimasi per un bel po' a fissare il nulla, perso nei pensieri, perché le sue parole mi avevano rammentato che anni fa biasimavo e disprezzavo il marito di una mia amante, che la trascurava sessualmente, al contrario di quanto le accadeva con me. Poi mi riscossi, e me ne andai a ballare.

30 settembre 2014

Imperlarsi

Ho sudato correndo e ho sudato ancora di più quando ho finito di correre. Poi ho sudato ballando e ho sudato ancora di più quando ho finito di ballare. Dimostrano che il sudore non è solo simbolo di fatica, questi due bei modi di sudare; quasi quanto i casi in cui sudore potrebbe far rima con cuore e amore, mescolandosi gaudente ai versi d'una canzone antica.

Dell'eccessiva sbrigatività

Ci sono dei tempi per ogni cosa, dei tempi da rispettare con pazienza anche quando viene da mordere il freno. In certi casi si prende una scorciatoia credendo di fare prima, ma il risultato è di rendere la via più aspra, un po' come quando in montagna viene la tentazione di tagliare anziché seguire il sentiero a zig zag in una salita erta o su un ghiaione: i pochi metri guadagnati appesantiscono le gambe e finiscono col rallentare i passi successivi, per cui aumenta la fatica senza che si riduca il tempo del percorso.

29 settembre 2014

Un numero finito

Quante albe, quanti tramonti si vedranno ancora? Sapere che, comunque sia, si tratta di un numero finito, che effetto fa?
E lo stesso può dirsi, che so, dei baci o dei tuffi, dei pranzetti succulenti o delle buone letture, delle chiacchierate in pienezza e delle sane e sonore risate, dei sospiri e dei sorrisi, dei balli più appassionanti e dei migliori ascolti musicali.
Il fatto che in ogni caso si tratti di un numero finito non dovrà portare malinconie o rammarichi, bensì l'intensificarsi del gusto, perché la coscienza della fuggevolezza del vivere ne sappia incrementare la preziosità. Scheggia di tempo grande gemma.

Cambio di stagione

Il cambio di stagione per me si è concretizzato nella necessità avvertita di indossare una maglietta tecnica per andare a corricchiare dopo il tramonto. L'avevo comprata quest'estate su una bancarella a Castello di Fiemme e in effetti, oltre a fare le veci del "gipunin" grazie alla sua capacità termica, ha la proprietà di far fuoriuscire il sudore, lasciando la pelle pressoché asciutta. L'ho indossata sotto la polo perché, essendo aderentissima, al momento sarebbe un poco imbarazzante esibirla, visto che la tartaruga non si è ancora ripresa del tutto dal rovesciamento.

28 settembre 2014

Aghi di lago

Fredda, fredda, fredda fredda l'acqua, ma più che il suo rigore, a dar freddo era la consapevolezza che una volta uscito, il sole non sarebbe stato quello in grado di scaldare davvero. La circolazione però si riattiva, l'energia scorre ovunque sull'epidermide e più addentro, accompagnandosi al compiacimento di non aver rinunciato nemmeno in principio d'autunno all'ennesimo bagno lacustre di questi ultimi mesi. Orta, Garda, Lecco sono i nomi delle acque di lago da cui mi sono lasciato battezzare quest'anno. Nascere e rinascere così non è poi tanto faticoso, nascere e rinascere per modo di dire, ché siamo ben lontani dalla combinazione ctrl-alt-canc (come, peraltro, lontana assai è la capacità di nutrirsi di luce, sebbene tutte quelle piante siano lì a dare l'esempio).

25 settembre 2014

Un magnifico pomeriggio

Che il tempo, nel senso del meteo, quest'estate sia stato così così non occorre sottolinearlo.
In Val di Fiemme, bella e cara, nel senso dell'affetto, persino a Ferragosto la giornata iniziò con una robusta precipitazione. I posti all'agriturismo però li avevamo già prenotati, non certo per l'insana voglia di uscire a pranzo proprio a Ferragosto, ma per festeggiare tutti insieme i diciott'anni di Chiara, nipote nata sei giorni dopo la mia primogenita. Posti in veranda, per fortuna veranda coperta, e pranzo tipico della tradizione culinaria trentina, come sempre lì a Salanzada. In otto a tavola, sapevamo bene come riempire i tempi di attesa: due mazzi di carte napoletane e via con sfide a tressette, scopone e briscola.
Poi, dopo il caffè e varie amenità (non per me, che continuo ad astenermi dai dolci), si sente spiovere e propongo di andare a sgranchirci le gambe. Raccoglie l'invito metà dei convitati e, tra questi, solo mia sorella Teresa e mio figlio Lorenzo mi imitano indossando gli scarponi. Ottimisti, visto il tempo, o semplicemente per evitare di sporcare le scarpe di fango.
Prendiamo, noi tre, la stradina verso Tabià, con una cautela quasi rassegnata che però si trasforma in apprezzamento via via più acceso, fino a sfiorare un'euforia stupefatta per come il cielo decide di premiarci, cromaticamente e climaticamente, accompagnandoci con meravigliosa radiosità. Meravigliati proseguiamo oltre e tocchiamo la magia quando attraversando un bosco e il suo ruscelletto cogliamo mille gioielli tra i rami e le cime delle altissime conifere d'intorno, grazie ai riflessi dei raggi solari.
Inoltre, arrivati al ponte delle Brustolaie, consultiamo la cartina esposta e notiamo che quella parte della valle, che abbiamo sempre un po' trascurato, saltandola a piè pari grazie alla funivia del Cermis, è molto più ricca e complessa (in effetti, è un insieme di altre valli) di quanto potessimo immaginare e ci ripromettiamo di esplorarla meglio in una prossima occasione.
Da entusiasta ribadisco che il mondo è bello, a parte le zanzare, come la maledetta che, porco qui e porco lì, mi ha martoriato piedi e caviglie mentre scrivevo questo post.

24 settembre 2014

Perle

Leggendo in metrò il libro di Alessandro Robecchi incappo in una considerazione sugli obitori e mi viene in mente che una volta ci sono stato davvero in un obitorio.
L'avevo dimenticato, ma in un lampo me lo sono rivisto: entrai per un saluto e la mia amica era là, biancaneve bionda sotto vetro, bella sempre e comunque, con gli occhi azzurri che indovinavo dietro le palpebre chiuse. Eravamo a fine secolo, nella prima metà di dicembre. Pochi giorni prima avevo fatto in tempo a salutarla dal vivo, beccando per caso il momento nelle poche ore del suo risveglio dal coma epatico nel quale poi risprofondò per pochi ultimi giorni.
Quando la cronologia delle memorie può sovrapporsi liberamente, svincolata da qualsiasi consecutio, ogni istante diventa perla unica e fluttuante, tempo fuori dal tempo. Proprio come succede ai momenti belli che ci prendiamo il lusso di vivere e di custodire, stampigliati nel sorriso ossigenante dell'essere intero.

22 settembre 2014

Mosaici

A ogni tocco e a ogni abbraccio, a ogni sguardo corrisposto, a ogni parola scambiata, sospiro condiviso, risata moltiplicata, hai dato e ricevuto, dato e ricevuto un pezzettino di te agli altri e un pezzettino degli altri a te, sì, e a ogni passo e a ogni salto, a ogni dettaglio da incanto, a ogni ruscello ascoltato, respiro rapito, paesaggio sconfinato, hai dato e ricevuto, dato e ricevuto un pezzettino di te al mondo e un pezzettino di mondo a te. Questo sei, anche questo, tra l'altro.

21 settembre 2014

Ombre e luci

Avendo notato che ogni volta mi facevano male i piedi la mattina dopo aver corso senza plantari correttivi, stamane per la prima volta li ho usati. All'inizio, i piedi mi facevano male mentre correvo, poi il fastidio è sparito ed è andato tutto bene, tranne il fatto che al sesto minuto ho preso una storta. Assorbendo il dolore ho ricominciato piano piano e mi sono ripreso, traendo profitto dall'andatura ridotta per guardarmi meglio intorno: dagli squarci di luce tra le fronde e le frasche di Villa Ghirlanda filtravano raggi che coloravano le ombre d'un brillare tale da far rilucere le foglie, dando nuove profondità al sottobosco. Una gioielleria naturale in quattro dimensioni: quella del tempo mi ha riportato addirittura a un magnifico pomeriggio trentino, quello di Ferragosto, che però va raccontato a parte. Buonanotte.

20 settembre 2014

È un tempo selvaggio

Inverti le due cifre dell'età e ti ritrovi di nuovo ad ascoltare i Jefferson Airplane in cuffia al buio. Non sarà necessario alzarsi a girare il vinile giacché si attinge alla rete là fuori e questa è una prima differenza. Un'altra è la leggerezza delle cuffie. Quella fondamentale, però, è il fatto di non essere sdraiato sul letto e che il buio non sia totale, per colpa del biancore dello schermo. Sull'aeroplano della West Coast, carico fin dall'esordio ma capace di cullare, il tempo è scritto con la ipsilon. Inverti le due cifre dell'età, e la cautela sarà di non disturbare il sonno della prole anziché dei genitori, ritrovandoti ad ascoltare musica in cuffia al buio.

31 agosto 2014

Insegnanti

Domani il primo collegio docenti della prossima stagione scolastica. Per l'occasione, parafrasando un mio vecchio asterisco, dedico una frase-monito a me stesso e ai colleghi:

Il nostro valore non è nelle cose che sappiamo, ma in quelle che riusciremo a trasmettere.

Extra

"Tutto quel che ti occorre è un orologio." Non ne porto da anni, ho pensato. Dovrei procurarmene uno digitale, per facilitare il conteggio dei minuti, ma economicissimo, ché non ho voglia di spendere per usarlo tre mezz'ore alla settimana. E intanto mi sarebbe toccato rimandare, a meno che... Pochi secondi di smanettamento per scoprire che anche il mio minidinosauro possiede, tra gli "Extra", la funzione "Cronometro" e così ho risolto: il programmino di corsa è potuto partire subito dopo un clic su "Avvio". Tanto, questo è un modello che non patisce il sudore.

30 agosto 2014

Antivigilia

Siamo all'antivigilia di quello che in parecchi considerano il vero capodanno e il tempo sembra andare in discesa, scorrendo ancor più velocemente di quando già non faccia. Scampo non c'è dalle mille e mille cosucce rimandate e non ancora fatte, a meno di non estraniarsi un momento, ampliando l'istante presente e attingendovi le energie necessarie a velocizzarsi poi, per anticipare lo scorrere ma senza correre, con il respiro ampio e beato di chi ha dintorno tutte le note del cosmo.

29 agosto 2014

Corsa e ricorsa

Se stai pensando di andare a correre e nutri dubbi sull'opportunità di farlo, leggiti il post, lungo, ma bello e interessante, di Andrea Beggi, esperto informatico e da anni presenza assidua in rete. Vi troverai perle di saggezza e motivazione che, chissà, potrebbero servirti anche qualora decidessi di non andare a correre.

Se come me vai di quando in quando a corricchiare, potrebbe interessarti un programma semplice e assolutamente abbordabile per trasformare le tue corsettine in allenamento utile. Ho appena cominciato a seguirlo e sono fiducioso, anche perché ho deciso di ottimizzare i tempi, eliminando il trasferimento in auto al parco Nord e mettendomi a camminare e correre subito fuori dal portone di casa, per le vie secondarie fino a Villa Ghirlanda.

Qui scaricabili in formato pdf trovi l'articolo esplicativo e due tabelle, che mi sono state gentilmente trasmesse da Luigi Piazzi, esperto web che tra le sue passioni non trascura il fisico atletico e la fotografia.

28 agosto 2014

Un po' di cibo per l'anima

Tra le cose che mi piacciono del Trentino-Alto Adige, ora posso inserire anche l'Orchestra Haydn, che ho ascoltato dal vivo nella chiesetta di una frazione di un paese sul lago di Garda, apprezzandone molto l'amalgama su brani meravigliosi di Bach e Mozart e ammirando inoltre l'apporto della talentuosa solista Anna Tifu.
Carezze spirituali degne del cielo stellato sono quelle che promanano dalla musica di sublime livello: sono grato per aver potuto e voluto riceverle.

26 agosto 2014

Roba da sfogliare

Il blog Letture e riletture ha una storia e dei suoi perché. È vero che negli ultimi anni l'ho trascurato un po', ma di recente almeno un paio di bei suggerimenti li ho inseriti. Buona lettura.

09 agosto 2014

Un'eccezione

Ammetto di aver fatto eccezione.
L'antefatto è che dopo anni ero di nuovo arrivato a toccare quota ottanta. E quindi, dopo essere riandato con la mente all'ultima volta in cui ero dimagrito sostanzialmente, ho adottato per analogia mimetica qualche piccolo provvedimento. Niente di impossibile, ma come allora, da lunedì, ho eliminato dalla mia dieta giornaliera i dolci e l'alcool. Salvo a colazione, riguardo ai dolci, ma comunque con moderazione, limitandomi a un cucchiaino di miele nella bevanda, che sia tè, malva o rooibos, e a qualche biscotto o a un po' di marmellata spalmata su fette biscottate o pane.
Troppo poco drastico, dici? Beh, io tendo spesso ad autocompiacermi per i piccoli risultati e a sfruttarne l'effetto come molla per ottenere di più e di meglio. E poi, c'è da spiegare una cosa: da piccolo ero magro, magrissimo; quando mi ritrovo sovrappeso, per me la sensazione è tuttora quella di essere "temporaneamente ingrassato", perfino laddove tale temporaneità si prolunghi per degli anni (alla descrizione di questo fenomeno, il mio amico Alberto di BZ si sbellicò fragorosamente di risa telefoniche tra la perplessità dei colleghi d'ufficio).
Poi, comunque, cerco di muovermi, andando a corricchiare quando riesco, camminando dove posso (mi dicono siano necessari ottomila passi al giorno tutti i giorni, vedremo come fare per tenere il conto). Secondo me un po' di chili se ne andranno (non oso dire che abbiano già iniziato l'esodo, per scaramanzia) e poi si tratterà di far durare la forma (uh, dire "la forma" mi ricorda il tai chi, ma tanto già so che se non è saggio assaggiare tutto, tantomeno lo è saggiarsi su troppi aspetti, meglio accontentarsi di spizzicare qua e là e su e giù).
Oggi, dicevo, ho fatto eccezione. Dopo pochi giorni non si dovrebbe, non è serio, ma suvvia: non capita tutte le settimane che la figlia compia diciott'anni e così ho brindato e mangiato anch'io la torta, in mezzo a un sacco di festeggiamenti iniziati con il sublime ramen del Fukurou, inframmezzati da graditissime visite a sorpresa e conclusi (per noi, giacché la neomaggiorenne poi è uscita coi suoi amici) con le sarde alla beccafico della rosticceria Golfo di Mondello.
Anzi, in verità, prima di salutarci abbiamo vissuto un momento particolare, in bilico tra risate emozionanti ed emozioni commoventi: da "bravo affabulatore", come sono stato gioiosamente o giocosamente definito in un commento, ho rievocato insieme alla famigliola riunita la nascita di Francesca, istante per istante, da quando la vidi uscire a tutte le fasi successive del più bel miracolo terrestre.

08 agosto 2014

Traduzione dal francese

Chiara Tizian ha poetato in francese e mi è venuta voglia di tradurre in italiano i suoi versi:

Tra sale e cielo

Sa di saline
mentre si vede sparire il Gois,
passo passo fino al termine di un ricordo.

Oceano, sciogli i miei nodi.
Aspettami là dove m'hai cullata,
ebbra di desideri da seguire.


Riporto anche qui l'originale:

entre sel et ciel

Ça sent les marais salants
pendant qu’on voit disparaître le Gois,
pas à pas jusqu’au bout d’un souvenir.

Océan, débrouille mes noeuds.
Attends-moi là où tu m’as bercée,
ivre de désirs à suivre.

Puglie

A guardarmi nudo nello specchio, sembra che sulla coscia sinistra abbia un'autoreggente. È il residuo colorato di una lieve scottatura, l'abbronzatura parziale e non cercata di un pezzetto di corpo rimasto esposto durante la guida sabato scorso, quando risalendo le Puglie in una tarda mattinata soleggiata indossavo un pantaloncino-costume e dal finestrino aperto il sole batteva sulla mia pelle con la complicità del vento autostradale, quello che soffia sempre in direzione C-B, cofano-baule, intrufolandosi nell'abitacolo laddove si decida di non ricorrere all'artifizio dell'aria condizionata.
Dire le Puglie, al plurale, come ci insegnavano un tempo alle elementari, è molto più rispondente alle molteplici realtà di questa regione e al di là dei fatti storici è una cosa che s'intuisce già a un fugace passaggio. Le Puglie, dicevo, me le sono godute, seppur per pochi giorni, anche quest'anno, spizzicando piaceri dalle acque e dalle terre e dai loro sapori.
Come già detto altrove, tra i segni visibili e invisibili, sono questi ultimi a rimanere più a lungo impressi e così sarà per le acquatiche accoglienze dello Ionio e dell'Adriatico; per le accoglienze conviviali sui terrazzi salentini (rigrazie, Viviana); per le golosità ammannite da una cucina ricca dal mattino (prova i pasticciotti di Chéri, dove trovi anche quelli tradizionali con crema e amarena) fino a notte inoltrata (vai a Novoli al baracchino di Simona se vuoi mangiare una deliziosa e freschissima frittura di mare anche all'una di notte dopo il tango).
Una minivacanza salentina breve ma intensa, felice nell'incontro con le sabbie di Torre Rinalda, scarsamente frequentate in quei giorni e perciò ancor più godibili; nel piacere di ritrovare quelle di Pescoluse a nord di Torre Vado e in quello ancor più grande di rituffarsi presso le grotte (e di nuotarci dentro) a sud di Torre Vado; una minivacanza curiosa di girare in bici per le campagne nei dintorni di Campi Salentina e a piedi nei centri storici di Lecce e Gallipoli, qui con il bonus di un bagno alla Purità, dove ti immagini con un sospiro cosa potrebbero essere le pause pranzo lavorando in quella cittadina.
Qualche malinconia, anche, ritrovando luoghi e persone e momenti che l'anno scorso avevo condiviso coi miei figli, stavolta impegnati piacevolmente altrove, ma confido che ci rifaremo.
Soprattutto Salento dunque, ma il resto, di passaggio, è stato ugualmente gradito da me e dalla mia compagna di viaggio: la sosta pranzo con giretto a Trani dell'andata ha confermato le impressioni positive di un decennio fa riguardo al centro storico con le sue architetture di merletto (curiosamente, il nome della città è anagramma di trina). Al ritorno, il trauma da distacco è stato addolcito con una pausa gastronomica e balneare a Marina di Lesina, proprio di fronte alle isole Tremiti, che non tocco dal 1987.

31 luglio 2014

Lu sule, lu mare, lu tangu

Al tango dico grazie perché mentre si balla spariscono per amore o per forza tutti gli eventuali pensieri molesti. Spariscono perché ti stai impegnando a commettere meno errori possibili cercando attraverso la musica e il contatto la concentrazione giusta o magari perché ti stai semplicemente godendo la tanda e la connessione nei passi di questo ballo che o si fa insieme o non esiste.
Dico grazie al tango anche perché rappresenta un'ampia piattaforma sulla quale salire per intavolare nuove conoscenze o per scoprire nuovi aspetti in quelle antiche. Non che sia tutto rose e fiori, ma a chi si lamenta chiedo: per caso il resto della vita lo è? Se si impara a gustare gli aspetti positivi e a lasciar scorrere via le molestie, si otterrà un distillato di piacevolezze di rara densità.
Grazie al tango lo dico inoltre perché anche grazie alle nuove amicizie intrecciate mi sto godendo questa minivacanza in Salento, dove, tra l'altro, ieri sera ho ballato tango.
Ora però vado un po' al mare, ciao.

29 luglio 2014

Di passaggio

In caso di pioggia, i girasoli volgono il capo dall'altra parte e colà lo tengono, per un po', anche quando rispunta il sole. Chissà se fanno così perché non si fidano o perché si son stufati, fatto sta che ti ritrovi a rimirare distese di apparente rassegnazione o indifferenza in quegli stessi campi che furono capaci di ammaliarti sguardo e sorrisi. I sorrisi li dispensi comunque, catturando gli ultimi raggi di un sole quasi già prono alla curvatura terrestre e pronto a rapirsi oltre la collina.
Anche in caso di pioggia, se non fai come i girasoli, puoi trovare il momento giusto per cogliere una bella radiosità e, una volta al mare, per almeno un tuffo e qualche bracciata, in attesa di altro mare, di altro meteo e altre accoglienti terre.

25 luglio 2014

Canto per me

Ci sono. Sì, un po' assonnato, ma ci sono. Niente rischi, piuttosto dormo un po' nel parcheggio d'un autogrill, il tempo di ritemprarmi, come una ricarica d'emergenza: qualche minuto di sonno, una crema caffè e via di nuovo. Ci sono, ci sarò, sappimi aspettare quanto basta. Il bagaglio è incompleto già in partenza, ma intanto io ci sono ed esserci è quel che conta, contaci. La musica m'accompagna e scandisce le distanze abbracciandone gli spazi, commensurandoli alla campitura del movimento possibile. Ci sono, batto le mani sul volante e canto per me, sui rettilinei con gli Smiths, con Paolo Conte sui tornanti, musica e anima, musica è anima. Ci sono. Viaggiare mi rianima, anche stando fermo. Ci sono e di nuovo mi muoverò.

24 luglio 2014

Segni visibili e segni invisibili

Ci sono segni visibili e segni invisibili e sono questi ultimi a rimanere impressi più a lungo. Me lo disse un giorno una fanciulla che una sera s'era ferita il ginocchio sfregandolo ripetutamente, senza avvedersene, su un filo d'erba secco e dritto. La cicatrice sulla pelle, tenne a sottolineare, sarebbe scomparsa molto prima di quel che le era rimasto dentro come sensazioni, tra scambi d'energia di occhi e mani, di respiri e fludi, di terra calda e cielo illuminato da un generoso firmamento. Sono cose belle.

Così sarà anche per il segno visibile che a una settimana dall'escursione al Piz Boè reco sulla superficie corporea. Il fatto è che il giorno del mio compleanno, dopo l'arrivo in cima e la sosta alla Capanna Fassa, siamo scesi dall'altro versante e per divertimento abbiamo percorso un tratto scivolando sulla neve, usando come slittini i k-way stesi sotto il sedere. È stato bellissimo fino all'euforia, tanto che dell'ematoma sulla chiappa mi sono accorto solo un paio di giorni più tardi. Lì al momento, arrivati in fondo, si percepivano solo le risate per la neve che ci era penetrata fin sotto gli indumenti e che però non ci ha infastiditi più di tanto mentre a un tavolo all'aperto del rifugio Boè giocavamo a briscola in cinque (ossia briscola chiamata, altresì detta "ul dü", il due, in Brianza), sorseggiando chi un té, chi una Weissbier. Da lassù, prima e dopo e per tutto il giorno, c'era intorno tanto tanto mondo e dentro tanta sfavillante meraviglia, che rimarrà come cosa bella.

21 luglio 2014

Pericolo di lettura

Ci sono libri che per essere apprezzati davvero vanno assaporati al momento giusto, dicevo, e ne sono tuttora convinto.
Di più: solitamente oso dire che scelgo di leggere quando è il libro a "chiamarmi", quando in qualche modo si stabilisce una casuale misteriosa connessione con quel che avrà da dirmi.
Sembra già un discorso un po' bislacco, ma un dì aggiunsi che mentre lo leggi, un libro che ti piace è come se dicesse: "Mi piace essere letto da te". Guardai l'interlocutrice in cerca di uno sguardo scettico e invece mi rispose: "Io ci spero sempre, che il libro senta quanto mi sta piacendo".
Vedi, fai attenzione: la lettura è bella, bella bella, ma assai pericolosa.

20 luglio 2014

Raccontare

Ci sono almeno due modi di farlo: raccontare per filo e per segno, a mo' di aggiornamento e/o resoconto, è uno. L'altro, di norma riservato agli amici veri e praticabile esclusivamente in caso di facile intesa, è in verità un non raccontare, se non per via indiretta, parlando normalmente nel qui e ora, come se non ci si fosse mai distanziati nel tempo e nello spazio. È quel che succede quando ci si ritrova e sembra che il clic scatti automatico: quando basta un'espressione del volto o dello sguardo per capirsi al volo, quando anche solo un gesto fa sì che l'essenziale si percepisca reciprocamente, al di là del dire (o del non dire, che non è un vero e proprio tacere). Un gesto e forse, o soprattutto, il modo di compierlo: magari una banalità, come il modo di accartocciare un tovagliolino. Sono i rari casi in cui l'interlocuzione diventa lettura illuminante di un essere in divenire, in cui la conoscenza di sé s'arricchisce di nuove sfumature grazie all'altrui affettuosa decodificazione. In tutto ciò, il racconto sgorga anche verbalmente, trovando un nuovo ordine e nuovi sensi dal disordine narrativo, con le sue intermittenze e il ritmo spezzato da deviazioni ora esilaranti ora inaspettatamente profonde, da scambi e interludi che si fanno moneta sonante d'euforica umanità.

19 luglio 2014

Cinquantuno e un giorno

Sono stato in montagna, sulle montagne più belle del bellissimo e lassù ieri ne ho compiuti 51. Col tempo racconterò qualcosa, intanto grazie mille alla buona stella e agli affetti vicini e lontani, toccasana di un vivere che non si stufa e non mi stufa mai.

04 luglio 2014

Pa-pa-ra-pa-paà pa-ra-paà pa-ra-paaà

Ieri sera allo Spazio A si ballava in sala grande. A un certo punto, durante una cortina mi sono avvicinato alla musicalizadora (così si chiama una DJ di tango) e descrivendoglielo alla bell'e meglio le ho chiesto di individuare il titolo di un particolare brano che inizia con uno squillo di tromba di stampo quasi militaresco. Così, grazie alla "Burgoita", una volta arrivato a casa ho finalmente potuto selezionare questa divertente milonga e stamane l'ho ascoltata perché mi aiutasse a svegliarmi di più: La milonga de los fortines (mentre si affacciavano alla mente ricordi in bianco e nero, tipo il sergente Garcia di Zorro e, più vagamente, come in un sogno lontano, I forti di Forte Coraggio).

Quand’è l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?

Dovevo arrivare a cinquant'anni suonati per provare sulla pelle l'efficacia del trilama. Eppure me l'aveva detto Gilgamesh, qualche vacanza fa, che la rasatura diventava più agevole e veloce. In verità, mi infastidiva l'idea di rincorrere i produttori di lamette e le loro moltiplicazioni (oggi siamo fermi al quadrilama o c'è di più?), disonesti com'erano stati nello smettere di commercializzare i ricambi gillette contour, che mi servivano per il leggerissimo e comodo rasoio in sughero Koh-i-noor regalatomi dal mio amico Cesare chissà quanti lustri fa (Cece è uno che ti consegna il regalo di natale al ferragosto successivo e quello di compleanno quando capita, però intanto ha il pensiero e pure il gesto). Comunque, per via dell'ennesimo pregiudizio, avevo rimandato sine die l'evoluzione tecnica, finché per caso mi son ritrovato a sfruttare un'offerta del Gigante, portandomi a casa una piccola scorta di questi usa e getta di categoria superiore. Ora ho una scusa in meno per non radermi come si deve, e una cosa in più da aggiungere alle più recenti in risposta all'interrogativo espresso sopra.

Nota: la domanda del titolo m'era scaturita scrivendo le Dieci cose.

01 luglio 2014

Patti, non parole

Un bel giochetto e un modo per farsi reciprocamente del bene a distanza fu espresso in un sms così articolato: Facciamo che se tu vai a correre io sto 24 ore senza fumare e che se io sto senza fumare tu vai a correre?
I markettari la chiamerebbero una situazione win-win e nella sostanza concordo sorridendo molto.
A correre (o corricchiare, secondo i punti di vista) ci sono andato domenica accompagnato da mio figlio in skateboard. Abbiamo scampato la pioggia ed è stato bello. Ora dovrei tornarci, ma in questo momento ho ancora da lavorare e poi per stasera mi servono le gambe leggere, ché se non piove si ballerà, qui.

30 giugno 2014

Prossima incoronazione

Arriva il giorno in cui ti lasci trapanare un osso. Per me arrivò tempo fa, in seguito alla rottura di un premolare. Sarà capitato tre o quattro mesi or sono, non so nemmeno dirlo con esattezza, sebbene al momento mi avessero impressionato l'idea e il fatto di ritrovarmi un perno metallico infilato stabilmente in una gengiva. Mi torna in mente ora perché domattina presto sarò dal dentista per il controllo e per fissare gli appuntamenti durante i quali nella mia bocca ristabiliranno la sovranità, dato che vi sarà imperniata una nuova corona. Nel frattempo, comunque, non avevo mai smesso di mangiare di tutto e questo forse si vede.

29 giugno 2014

Dolce risveglio

Soccombo sempre alla pigrizia riguardo agli aggeggi tecnologici e sto continuando a usare un vecchio Nokia che avevo ripristinato temporaneamente in seguito alla rottura dell'ennesimo cellulare più moderno. In effetti, come telefonino fa esattamente quel che deve, dunque perché sbattersi o spendere? Vero, però stasera sono contento di poter contare sullo smartphone di Lorenzo per la sveglia di domattina, così gli occhi si apriranno subito dopo che le orecchie saranno state deliziate dalla canzone che abbiamo selezionato insieme: Cupid di Sam Cooke (in questo caso, nella versione di Amy Winehouse).

P.S.: la doppia sveglia è importante perché lo accompagnerò ancora una volta alla partenza per la sua amata colonia di Vacciago, presso il lago d'Orta.

Eppure eppure

Dico a mia madre: "Respira!" Poi basta una ventola che arranca a mettermi l'ansia. Mi autospedisco i file del lavoro in sospeso, ma penso a quanto tempo sia passato dall'ultimo backup. La copia di riserva serve, il fatto è che non c'è mai il tempo di. Eppure sono io a dire sempre che il tempo bisogna semplicemente prenderselo. È così, e così di tutto e di più, erba voglio compresa, si potrà desiderare. Un prezzo da pagare c'è: tipicamente, quello di dover scegliere. Con il timore del rammarico di non averlo fatto per il meglio, un'altra forma d'ansia che schiaccia come un maglio. Eppure sono io a dire: "Respira!" Poi basta, basta un arrancare fatto di parole scritte e un clic arancione ad alleviar le note d'un'altra notte senza tango.

28 giugno 2014

Per fare tutto ci vuole un amo

Quando piove con il sole, di mestiere faccio il pescatore d'arcobaleni. Se abboccano, appena posso m'affretto a comunicarlo a chi può condividerne il piacere e la vista, nei paraggi di quello spicchio di mondo.
Non sempre mi riesce una pesca fruttuosa (ahahhahah), specialmente se nel contempo mi trovo vincolato alle responsabilità di conducente. L'impossibilità di torcere il busto fino a volgere il capo e lo sguardo di centottanta gradi rappresenta un impedimento sostanziale alla voluttà di spazzare l'orizzonte intero. L'eventuale arcobaleno, si sa, s'acquatta dal lato opposto al sole, dunque se stai procedendo verso ovest quasi all'ora del tramonto, tutto ciò che puoi fare è immaginare che ci sia, dietro di te, ad abbracciarti le spalle di colori, ma senza la conferma del guardo.
Rinunciare al periglioso voltafaccia, peraltro, non è detto debba diventar frustrante: oggi sull'asfalto il provvisorio lago si punteggiava di balletti d'acqua sorridenti ai raggi, soprattutto dopo che la tempesta e i rari chicchi ghiacciati avevan fatto luogo a impetuosi goccioloni e poi a gocce di bonaccia, che pur incalzando ancora a ritmo sincopato, preludevano al solleticante e delicato spiovere. L'occhio s'è come tuffato in quella musica visiva, quasi dimentico d'altri spettacoli. Un soave torpore, il tempo d'un lieve gioire, la sobrietà carezzevole di una vaghezza da incanto, momentaneo come quasi tutto ciò che è semplicemente bello.

25 giugno 2014

Purple haze

Ti sarà capitato di soffermarti sul purpureo pensiero d'un futuro monco di ciò che ora dai per scontato. Una serie di gesti, incontri consueti, abituali dialoghi, perfino quelli mal sopportati, ti mancheranno una volta che, tra mill'anni, verranno meno.
Tale sensazione pare attigua alla nostalgia del futuro, ma ne costituisce il contraltare, il retro dello specchio: infatti, pur essendo anch'essa una mancanza, è tutt'altro che un auspicio; inoltre, laddove la nostalgia cerca l'avvicinamento all'impossibile, questa sorta di anticipazione dolorosa tenta di rifuggire l'inesorabile.
Unico antidoto sembrerebbe l'adozione di una diversa concezione del tempo, circolare o ciclico anziché lineare, ma non ritengo sia onestamente praticabile senza una rivoluzione mentale o spirituale un po' troppo scomoda per chi vive semplicemente in questo mondo.

20 giugno 2014

Qui sul balcone

Uh, che bel fiorellino, che bel fiore, guarda, ne sono sbocciati altri due, e pure quell'altro, che belli, che be...
Zac! Zac! Zac! Zac!
Poi li ho impastellati e me li sono fritti.
La zucca non ha protestato.
Nemmeno il giorno dopo e nemmeno oggi.
Piano piano sto imparando.

19 giugno 2014

Dimmi dove e quando

Mi riferirono che alla domanda: "Che cosa ti manca di più?", la compagna di Massimo Troisi, intervistata dopo la di lui morte, rispose: "La sua malinconia."
Come risposta può sembrare strana, ma una dose di malinconia qualitativamente elevata e miscelata a un'ironica sensibilità serve. Serve a diluire nel comico il senso tragico, serve ad attraversare la tragedia contando su nuovi respiri e a trovare l'equilibrio sull'impermanenza.
Malinconia in dose omeopatica per chi malinconico lo è di suo a intermittenza, in forma sinusoidale o da montagne russe, malinconia da assumere in dose più massiccia affinché trovi sfogo il magone inspiegabile o possa liquefarsi e fuoriuscire il piombo d'un vago dolore remoto e mai rimosso.
C'è anche un'altra verità: quello del malinconico è uno sguardo che sul mondo si posa con ali di farfalla sublime, bella e consapevole dell'effimero, un po' come quell'intraducibile espressione giapponese.
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Due bonus:
1. 30 parole intraducibili di altre lingue illustrate da Anjana Iyer
2. la canzone Quando, di Pino Daniele (dalla colonna sonora del film di Massimo Troisi Pensavo fosse amore, invece era un calesse)

09 giugno 2014

Anche senza scavare

Ci sono tunnel per modo di dire e tunnel veri e propri. I primi sono quelli di cui già all'imboccatura vedi l'uscita, gli altri sono quelli di un'oscurità profonda quanto l'ignoto.
Eppure, può darsi il caso in cui i più ardui da attraversare non siano affatto questi ultimi. Se non ci credi, prendi come primo esempio un breve sottopasso maleodorante e mal frequentato, dove l'urina puzza come la paura di quel che ti potrebbe succedere se a metà strada ti prendessero in mezzo bloccandoti la via di scampo e la felicità. Come secondo esempio, invece, prendi un passaggio da una grotta acquatica all'altra, in cui il timore dell'attimo di buio sarà ben presto sostituito dalla meraviglia dei colori, dalla soddisfazione di avercela fatta e dalla bellezza di essere lì.
Se tutto ciò sia metafora di qualcosa d'altro, non so. Oltretutto, non ho nemmeno considerato il caso dei tunnel abitativi, tipo le tane dei conigli.

03 giugno 2014

Mmhbacio

Respirare a ritmo di vita, ricordarsi di. Ballare le fatiche, cantare gli annuvolamenti, sudar fuori i crucci. Muscoli e nervi risvegliare, sotto le dimenticate coltri d'adipe superfluo. Seguire lezioni di volo per farsi spuntare le ali, spuntare come nascere, però, non già tarpare. E in tutto questo e fra un vagito e l'altro, al pensiero d'un fugace quanto bello scalpitare, mandare col pensiero un bacio. Col pensiero e con le labbra e con loro il loro desiderio, d'intenzione tutta intera, così: mmh... Mmhbacio.

01 giugno 2014

Sperando che una tiri l'altra

Stamane ho preso la giornata al balzo e dopo una piccola colazione a base di ciliegie me ne sono andato al parco Nord a corricchiare. Dopo oltre un anno di assenza, è stato come smuovere un carro arrugginito e in effetti ci ho messo un sacco a rompere il fiato, non riuscendo nemmeno a concludere tutto di corsa il mio "solito" percorso che disegna una sorta di otto tra i sentieri e le stradine del parco. La sudata però me la sono fatta e l'importante era ricominciare.


a cura di Giulio Pianese

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