Mi riferirono che alla domanda: "Che cosa ti manca di più?", la compagna di Massimo Troisi, intervistata dopo la di lui morte, rispose: "La sua malinconia."
Come risposta può sembrare strana, ma una dose di malinconia qualitativamente elevata e miscelata a un'ironica sensibilità serve. Serve a diluire nel comico il senso tragico, serve ad attraversare la tragedia contando su nuovi respiri e a trovare l'equilibrio sull'impermanenza.
Malinconia in dose omeopatica per chi malinconico lo è di suo a intermittenza, in forma sinusoidale o da montagne russe, malinconia da assumere in dose più massiccia affinché trovi sfogo il magone inspiegabile o possa liquefarsi e fuoriuscire il piombo d'un vago dolore remoto e mai rimosso.
C'è anche un'altra verità: quello del malinconico è uno sguardo che sul mondo si posa con ali di farfalla sublime, bella e consapevole dell'effimero, un po' come quell'intraducibile espressione giapponese.
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Due bonus:
1. 30 parole intraducibili di altre lingue illustrate da Anjana Iyer
2. la canzone Quando, di Pino Daniele (dalla colonna sonora del film di Massimo Troisi Pensavo fosse amore, invece era un calesse)
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Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.