Leggo alcune parole di
wild sulla libertà e le trovo vere.
Mi torna ogni volta in mente la scena nel piazzale della caserma Mignone il giorno del congedo: ero sorridente, tranquillo, se non addirittura felice, mentre la maggior parte di quei giovanotti piangeva; a guardar bene, il motivo non era il prossimo distacco dai
fra', i compagni di un anno di vita nella coercizione, bensì il ritrovarsi di colpo di fronte alla vita vera, senza nessuno che ti dicesse a ogni momento cosa fare e cosa non fare.
La libertà è di certo un banco di prova importante: non essere irreggimentati espone il proprio sguardo alla vista di una sorta di abisso vertiginoso, oppure al deserto dello smarrimento. Occorre crescere e in un istante stabilire direzione e velocità; occorre scegliere, momento per momento.
Pensa poi a cosa faresti se di colpo ti trovassi immune da qualsiasi incombenza coatta e non dovessi più preoccuparti delle necessità monetarie e materiali (sì, lo so, sembra un sogno, ma immagina che non sia per pochi giorni o settimane di vacanza, ma in via permanente). In effetti, tale condizione l'abbiamo sperimentata quasi tutti, da neonati. Però riviverla da esseri (semi)consapevoli sarebbe tutt'altra faccenda: il neonato fa esattamente quel che gli serve, l'adulto (o supposto tale) rischia sovente l'autodistruzione o l'alienazione.
La
bacchetta magica per la condizione paradisiaca, ahimè, manca, tuttavia è sempre utile delineare i propri desideri, capire ciò di cui si ha autenticamente voglia.
Perlomeno per quanto dipende da noi stessi, ce la faremo. Per quanto riguarda il desiderio altrui, purtroppo e per fortuna, no (lo diceva persino il genio della lampada, a proposito dell'impossibilità di far innamorare qualcuno, per esempio -- purtroppo, e per fortuna).