La genialata di Tom Sawyer con la staccionata da ridipingere, omaggiata dall'odierno disegnino di Google che celebra il compleanno di Mark Twain*, è perfetta metafora dell'opera di sfruttamento del contenuto prodotto dagli utenti da parte delle varie piattaforme liberamente fruibili on-line. Noi, comunque, ci siamo divertiti e ci divertiamo a ridisporre i pixel, finché dura il mondo elettrico.
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* lo pseudonimo, secondo Samuel Langhorne Clemens, derivava da una convenzione marinaresca per segnalare la profondità di sicurezza per i battelli a vapore nelle acque fluviali.
30 novembre 2011
17 novembre 2011
Senza rete
Credo di sapere quando fu che mi spiacque scoprire che le cose finiscono. Dev'essere stato da bambino, con la tivù ancora in bianco e nero, senza telecomando e con soli quattro canali (primo, secondo, svizzera e capodistria). La triste scoperta dev'essere avvenuta proprio tramite la programmazione televisiva, o perlomeno questo è quanto la memoria emotiva ha archiviato e conservato, in quel modo vago e incisivo delle immagini sincretiche in grado nei sogni di comunicarci fulminee l'esatta istantanea del nostro stato d'animo, o d'anima, lampo intraducibile in parole se non a prezzo di lunghissimi e circonvoluti racconti, frustrati dall'assenza di simultaneità nel dire.
Dev'essere andata così: c'era un ciclo di trasmissioni, tipo forse Senza rete, che scandiva rassicurante l'apparente incuranza dei riti scontati. Le seguivo, magari con modesto coinvolgimento, probabilmente con un certo piacere. Poi un giorno, o piuttosto una sera, mi fu annunciato che la consuetudine settimanale si sarebbe interrotta, perché quella era l'ultima puntata. Che fosse l'ultima in assoluto o che si trattasse dell'interruzione stagionale, nulla cambia, giacché immutato fu per me allora il colpo, uno choc che evidentemente travalicava il fatto in sé, per avviluppare invece nel suo manto nebuloso l'intero tessuto del vivere.
Il punto era, è: le cose finiscono. Le situazioni non durano per sempre. Le esperienze non sono riavvolgibili. Bellezza, piacevolezza e tranquillità non sono sicure né controllabili. Sì, d'accordo, lo so, lo sai, poi c'è un'altra stagione, oppure ci sono altre cose, e pure nuovi inizi, ma. Il chiodino del piccolo lutto un buchino lo lascia comunque, il chiodo grande potrebbe addirittura martoriare. E allora? Beh, almeno aver cura di non lasciarli arrugginire: non rimanere mai, mai sulla croce, specialmente se sotto la pioggia. Ah, e fischiettare.
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P.S.: la canzone l'avevo già linkata (e sorrido).
Dev'essere andata così: c'era un ciclo di trasmissioni, tipo forse Senza rete, che scandiva rassicurante l'apparente incuranza dei riti scontati. Le seguivo, magari con modesto coinvolgimento, probabilmente con un certo piacere. Poi un giorno, o piuttosto una sera, mi fu annunciato che la consuetudine settimanale si sarebbe interrotta, perché quella era l'ultima puntata. Che fosse l'ultima in assoluto o che si trattasse dell'interruzione stagionale, nulla cambia, giacché immutato fu per me allora il colpo, uno choc che evidentemente travalicava il fatto in sé, per avviluppare invece nel suo manto nebuloso l'intero tessuto del vivere.
Il punto era, è: le cose finiscono. Le situazioni non durano per sempre. Le esperienze non sono riavvolgibili. Bellezza, piacevolezza e tranquillità non sono sicure né controllabili. Sì, d'accordo, lo so, lo sai, poi c'è un'altra stagione, oppure ci sono altre cose, e pure nuovi inizi, ma. Il chiodino del piccolo lutto un buchino lo lascia comunque, il chiodo grande potrebbe addirittura martoriare. E allora? Beh, almeno aver cura di non lasciarli arrugginire: non rimanere mai, mai sulla croce, specialmente se sotto la pioggia. Ah, e fischiettare.
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P.S.: la canzone l'avevo già linkata (e sorrido).
01 novembre 2011
Spaziotempo
Sfrecciando nel tempo i luccichii si moltiplicano e via passano velocissimi, troppo, nell'apnea della meraviglia, gli occhi spalancati quanto la bocca, sguardo d'emozione sgranata, la pelle del viso slabbrata con impeto dal vento spaziale. Nemmeno gli occhi della mente riescono a farsi capienti abbastanza da cogliere ognissantacosa, lambiscono appena ciuffi inattesi, accenni e sensazioni, riflessi di semiobliati rimasugli, eppure atti a scuotere elettricamente la linfa tutta.
Sfrecciando avanti e indietro nel tempo ti cerco e dimentico di cercarmi, come Silver Surfer ma senza superpoteri, tra i ghiacci siderali delle enormi distanze e il cuore di magma dei doni affettivi, incandescente riserva che brucia e carbura. Ognora. Allora riscocca la freccia del tempo, da lì a qui e ora. Nell'ambra la scia che riporta il passato al futuro, carezza al sorriso di un'ombra, nostalgia dell'essere petalo, e schiudersi a una luce che sfiora.
Sfrecciando avanti e indietro nel tempo ti cerco e dimentico di cercarmi, come Silver Surfer ma senza superpoteri, tra i ghiacci siderali delle enormi distanze e il cuore di magma dei doni affettivi, incandescente riserva che brucia e carbura. Ognora. Allora riscocca la freccia del tempo, da lì a qui e ora. Nell'ambra la scia che riporta il passato al futuro, carezza al sorriso di un'ombra, nostalgia dell'essere petalo, e schiudersi a una luce che sfiora.
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