Quando piove con il sole, di mestiere faccio il pescatore d'arcobaleni. Se abboccano, appena posso m'affretto a comunicarlo a chi può condividerne il piacere e la vista, nei paraggi di quello spicchio di mondo.
Non sempre mi riesce una pesca fruttuosa (ahahhahah), specialmente se nel contempo mi trovo vincolato alle responsabilità di conducente. L'impossibilità di torcere il busto fino a volgere il capo e lo sguardo di centottanta gradi rappresenta un impedimento sostanziale alla voluttà di spazzare l'orizzonte intero. L'eventuale arcobaleno, si sa, s'acquatta dal lato opposto al sole, dunque se stai procedendo verso ovest quasi all'ora del tramonto, tutto ciò che puoi fare è immaginare che ci sia, dietro di te, ad abbracciarti le spalle di colori, ma senza la conferma del guardo.
Rinunciare al periglioso voltafaccia, peraltro, non è detto debba diventar frustrante: oggi sull'asfalto il provvisorio lago si punteggiava di balletti d'acqua sorridenti ai raggi, soprattutto dopo che la tempesta e i rari chicchi ghiacciati avevan fatto luogo a impetuosi goccioloni e poi a gocce di bonaccia, che pur incalzando ancora a ritmo sincopato, preludevano al solleticante e delicato spiovere. L'occhio s'è come tuffato in quella musica visiva, quasi dimentico d'altri spettacoli. Un soave torpore, il tempo d'un lieve gioire, la sobrietà carezzevole di una vaghezza da incanto, momentaneo come quasi tutto ciò che è semplicemente bello.
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