31 ottobre 2014

Inghirlandandosi

A Villa Ghirlanda ci andai la prima volta per il matrimonio di mia sorella. In seguito, ci portai mia figlia piccolina a vedere uno spettacolo di burattini. Non immaginavo che, parecchi anni dopo, a Cinisello Balsamo ci sarei venuto a vivere.
Nel parco di Villa Ghirlanda, in questi anni, ho fatto tante passeggiate: familiari, romantiche, meditative... e negli ultimi mesi, più di qualche corsetta. All'interno della Villa non avevo messo più piede da quando la biblioteca comunale si traferì al Pertini. Stasera invece ci tornerò, a ballare tango, yuhu!

Só tozèro

Purdi nonpa tir efrédo
iomamman terodi te

Gambebra cinùnin trecio
che piustre tonon cenè

Nomipia cima cigodo
notipia ciopur seiqui

Purdi nonpa tir efrédo
noicia brace remco sì!

Link arancioni

Mettitelo bene in zucca, in una zucca scavata, quel lumino.

* * * * * * * * * * * * * * *

30 ottobre 2014

Sumo

Ciccioni e mostri sacri, mangiano quattordici volte più di te. Lottano grossi e forti: in meno di un minuto staranno in cielo o in terra.

--
Scritto su sollecitazione di Simone Righini. Ho usato twitter per limitare in automatico il numero di battute.

Apri grande!

Per quanto grande sia il tuo abbraccio, qualcuno ne resterà escluso*. Tienilo a mente onde evitare la frustrazione di non poter essere dappertutto e dotato d'un'ubiquità sentimentale trasmissibile in contemporanea a reti diversificate. Scelte, scelte, scelte: microscelte, quelle di ciascun singolo istante durante una festa, per esempio, o quelle delle piccole decisioni sui programmi quotidiani o settimanali; grandi scelte, quelle di ogni piccola o grande svolta nel percorso della vita, lineare o arzigogolato che sia; scelte che potranno essere definitive o revocabili, ma non senza lasciare in ogni caso segni e conseguenze. Tienilo a mente, dunque, ma non tenere il tuo abbraccio per te: continua ad aprirlo e aprilo grande. Come diceva una dentista chissà quanto tempo fa: Apri grande!

* autocit. da twitter

Cornacchie

Tra una pennellata e l'altra, l'imbianchino appassionato di ornitologia mi disse che da queste parti le cornacchie stanno distruggendo le altre specie di uccelli, perché spadroneggiano e si mangiano le uova dai nidi altrui. A quanto vedo girando per il parco Nord, direi che potrebbe aver ragione: sono davvero tante, numerose e grosse, mentre altri uccellini non si vedono che raramente.
Più che un piumaggio pare una livrea la loro, severa fino quasi alla minaccia. Finora però al mio passaggio s'allontanano e non cercano di mangiarmi le scarpe, sebbene a parer mio percepiscano in qualche modo i miei pregiudizi nei loro confronti.

21 ottobre 2014

Un sentire elevato a potenza

Ci sono momenti in cui ti godi tutto quanto, momenti in cui la densità del vivere pesa d'una pienezza profumata di colori e musica, momenti in cui la gioia si fa euforica fino a traboccare da un sorriso che prende tutta la faccia e ti espande il torace.

Ci pensavo l'altro giorno in auto, a uno di quei momenti. Anzi: ci pensavo ancor prima di salirci, mentre ipotizzavo di metter su il CD di Paolo Conte, ovvero una raccolta contenente Bartali. Più che pensarci, in verità, m'era esplosa tra le note giocosa l'associazione d'idee capace di riportarmi di botto al giorno del mio cinquantunesimo compleanno, quando, a conclusione della splendida gita montana, riscendevo in auto, a equipaggio completo, i venti e passa tornanti del Pordoi, con l'accompagnamento del garbato e sguaiato artista astigiano.

Quella volta, il godimento si moltiplicò grazie alla compagnia, non solo perché in generale la condivisione raddoppia il piacere (vedi l'intestazione qui sopra), ma perché, in effetti, quando capita di goderti qualcosa al cospetto di qualcuno che ti conosce veramente, quando sai che la tua euforia verrà compresa appieno, è come se il sentire si elevasse a potenza, rimbalzando e balzando contento di essere riconosciuto.

È questo che, una volta verbalizzato, l'altro giorno ho comunicato telefonicamente al mio amico Alberto, che faceva parte del suddetto equipaggio. Per farlo, ho rinunciato a riascoltare il CD, ma ne è valsa la pena, giacché ancora una volta la condivisione era stata prodiga di piacere e di mutua contentezza. Tanto più che per un riascolto basta un clic su un link di poche righe fa.

15 ottobre 2014

Uno e un solo gelato

Ho mangiato un gelato, domenica. Non so da quanto tempo non lo facevo, anzi, lo so benissimo: da oltre due mesi, perché l'ultimo l'avevo mangiato a Galeata verso la fine di luglio e poi, al termine di quella vacanza itinerante, mi ero imposto uno stop ai dolci, stop rispettato per due mesi pieni, fatte salve un paio di eccezioni per eccezionali tagli di torta da occasione speciale.
Ho mangiato un gelato, dicevo, ma in verità me lo sono proprio goduto, anzi: l'ho pregustato, fin dal momento in cui ho deciso di appropinquarmi a una delle mie gelaterie preferite in assoluto. Una gelateria da poesia pura: sta L'albero dei gelati in quel di Seregno, zona Santa Valeria, e fa frutti freddi e buoni.

Sapevo prima di entrare che avrei preso uno e un solo gelato, e che il gesto non avrebbe dato la stura a un'insaziabile valanga dominata dalla gola, giacché mi sarei contenuto, limitandomi a una saggia sporadicità. Così, consapevole della rarità che rivaluta l'indulgere, ho occhieggiato i gusti disponibili, ho scelto il fico d'India, ho soppesato le varie possibilità di abbinamento e, orfano del gusto mirto che m'avrebbe riportato dritto dritto a Su Nuraghe, ho optato per un cioccolato con rum e amarene, giudicato previo assaggio partner ideale da accostare alla dolcezza straripante del ficodindia, in quanto dotato della giusta forza da opporre a contrasto gustativo.

Uscito sul piazzale, l'ho degustato in silenzio estatico, con tale trasporto e piacere esplicito che avrebbero dovuto pagarmi come propagandista. Non faccio per dire: un astante a me ignoto, dopo la mia esibizione, ha commentato complice: "Va giù bene, eh?"

09 ottobre 2014

Corsa bagnata

L'altro giorno sono andato per la prima volta a correre sotto la pioggia. Pioggia... via: pioggerellina. Una pioggia sottile, quasi trascurabile inizialmente - anche perché diversa da quella sottilissima dei Paesi Baschi, capace di intriderti completamente prima che tu te ne accorga - poi però, una volta dentro i vialetti alberati, la sento prendere corpo. È il rumore sulle foglie che la amplifica, mentre nei tratti a cielo aperto le gocce non hanno mutato numero né dimensione. Poco dopo, è indistinguibile dai rivoli di sudore sulla pelle e alla fine l'unico segno lasciato è qualche schizzo di fango sui calzini di spugna. Il segno interiore, invece, è la piccola soddisfazione di non aver saltato l'appuntamento con il modesto ma costante programma di allenamento.

06 ottobre 2014

Giù il cappello

Dopo la cena, l'uomo si tolse il cappello, segno distintivo di quell'estemporaneo ritrovo conviviale per le vie della città, lo posò sul tavolinetto e cominciò a raccontare:
Anni fa biasimavo e disprezzavo il marito di una mia amante, che la trascurava sessualmente e se ne andava a correre. Lei era più che avvenente e molto desiderosa, una femmina decisamente irresistibile, eppure lui non rispondeva quasi mai ai suoi richiami. Tuttora lo biasimo, intendiamoci, per avere sprecato tutto quel ben di dio e le decine di orgasmi che lei non poteva impedirsi di regalare una volta che si sentiva carnalmente bramata, però su una cosa lo capisco: non si può rispondere a quei richiami prima di andare a correre, perché poi non se ne troverebbe più la forza di volontà necessaria. Dopo, però, bisogna rimediare, a lungo e con tutta la passione.
Ciò detto, si rimise in testa il cappello, si alzò e, presa sotto il braccio la sua sedia pieghevole, se ne andò a lunghi passi. Lo seguii con lo sguardo fino a quando si fece ingoiare dall'entrata del metrò, linea verde, insieme a tanti altri sconosciuti commensali. Rimasi per un bel po' a fissare il nulla, perso nei pensieri, perché le sue parole mi avevano rammentato che anni fa biasimavo e disprezzavo il marito di una mia amante, che la trascurava sessualmente, al contrario di quanto le accadeva con me. Poi mi riscossi, e me ne andai a ballare.


a cura di Giulio Pianese

scrivimi