Ha iniziato a prudermi il naso solo a guardarlo, quel tarassaco, o dente di leone, detto soffione nella sua veste bianca, quando i petali diventano piume pronte a diffondersi. Mi ha fatto prudere il naso solo a guardarlo disperdersi nella brezza, ed era solo un filmato.
Penso sia l'effetto ritardato del lockdown duro dell'anno scorso, quando rintanati per mesi non abbiamo disturbato le proliferazioni naturali e queste si son moltiplicate esageratamente, per noi allergici, giungendo a molestarci in modo massiccio con una dozzina di mesi di ritardo.
Non ho alcuna pezza d'appoggio per sostenere una tesi del genere, naturalmente, ma perché non sparare un'ipotesi a caso, tra un prurito e l'altro e poco prima di assumere un antistaminico, pratica che malgrado le sofferenze avevo totalmente sdegnato per anni, lustri, decenni.
Sarà l'allergia, mi dico, a peggiorarmi l'umore e a incrementare l'insofferenza, ma so che in fondo non è vero, so che ci sono vari motivi, più o meno seri, a condizionarmi rendendomi un cuorcontento a intermittenza, con momenti non brevissimi in cui s'interrompe il sorriso.
Naturalmente si tratta di un periodo, di situazioni transitorie, ma poiché tutto è transitorio, la consolazione è solo parziale e il transito che s'attende è quello dal "Via!", come a un Monopoli quadrimensionale, per poter ricominciare un nuovo giro.
In tale attesa convivono impazienza e apprensione. Impazienza di riacquisire la facoltà di vivere tutte le normali pratiche più stimolanti, avvolgenti e soddisfacenti. Apprensione per quel che potrà essere o negarsi, o essere e poco dopo nuovamente negarsi.
Nel frattempo mi gratto il naso e in ogni caso ci sorrido su.