30 settembre 2014
Imperlarsi
Ho sudato correndo e ho sudato ancora di più quando ho finito di correre. Poi ho sudato ballando e ho sudato ancora di più quando ho finito di ballare. Dimostrano che il sudore non è solo simbolo di fatica, questi due bei modi di sudare; quasi quanto i casi in cui sudore potrebbe far rima con cuore e amore, mescolandosi gaudente ai versi d'una canzone antica.
Dell'eccessiva sbrigatività
Ci sono dei tempi per ogni cosa, dei tempi da rispettare con pazienza anche quando viene da mordere il freno. In certi casi si prende una scorciatoia credendo di fare prima, ma il risultato è di rendere la via più aspra, un po' come quando in montagna viene la tentazione di tagliare anziché seguire il sentiero a zig zag in una salita erta o su un ghiaione: i pochi metri guadagnati appesantiscono le gambe e finiscono col rallentare i passi successivi, per cui aumenta la fatica senza che si riduca il tempo del percorso.
29 settembre 2014
Un numero finito
Quante albe, quanti tramonti si vedranno ancora? Sapere che, comunque sia, si tratta di un numero finito, che effetto fa?
E lo stesso può dirsi, che so, dei baci o dei tuffi, dei pranzetti succulenti o delle buone letture, delle chiacchierate in pienezza e delle sane e sonore risate, dei sospiri e dei sorrisi, dei balli più appassionanti e dei migliori ascolti musicali.
Il fatto che in ogni caso si tratti di un numero finito non dovrà portare malinconie o rammarichi, bensì l'intensificarsi del gusto, perché la coscienza della fuggevolezza del vivere ne sappia incrementare la preziosità. Scheggia di tempo grande gemma.
E lo stesso può dirsi, che so, dei baci o dei tuffi, dei pranzetti succulenti o delle buone letture, delle chiacchierate in pienezza e delle sane e sonore risate, dei sospiri e dei sorrisi, dei balli più appassionanti e dei migliori ascolti musicali.
Il fatto che in ogni caso si tratti di un numero finito non dovrà portare malinconie o rammarichi, bensì l'intensificarsi del gusto, perché la coscienza della fuggevolezza del vivere ne sappia incrementare la preziosità. Scheggia di tempo grande gemma.
Cambio di stagione
Il cambio di stagione per me si è concretizzato nella necessità avvertita di indossare una maglietta tecnica per andare a corricchiare dopo il tramonto. L'avevo comprata quest'estate su una bancarella a Castello di Fiemme e in effetti, oltre a fare le veci del "gipunin" grazie alla sua capacità termica, ha la proprietà di far fuoriuscire il sudore, lasciando la pelle pressoché asciutta. L'ho indossata sotto la polo perché, essendo aderentissima, al momento sarebbe un poco imbarazzante esibirla, visto che la tartaruga non si è ancora ripresa del tutto dal rovesciamento.
28 settembre 2014
Aghi di lago
Fredda, fredda, fredda fredda l'acqua, ma più che il suo rigore, a dar freddo era la consapevolezza che una volta uscito, il sole non sarebbe stato quello in grado di scaldare davvero. La circolazione però si riattiva, l'energia scorre ovunque sull'epidermide e più addentro, accompagnandosi al compiacimento di non aver rinunciato nemmeno in principio d'autunno all'ennesimo bagno lacustre di questi ultimi mesi. Orta, Garda, Lecco sono i nomi delle acque di lago da cui mi sono lasciato battezzare quest'anno. Nascere e rinascere così non è poi tanto faticoso, nascere e rinascere per modo di dire, ché siamo ben lontani dalla combinazione ctrl-alt-canc (come, peraltro, lontana assai è la capacità di nutrirsi di luce, sebbene tutte quelle piante siano lì a dare l'esempio).
25 settembre 2014
Un magnifico pomeriggio
Che il tempo, nel senso del meteo, quest'estate sia stato così così non occorre sottolinearlo.
In Val di Fiemme, bella e cara, nel senso dell'affetto, persino a Ferragosto la giornata iniziò con una robusta precipitazione. I posti all'agriturismo però li avevamo già prenotati, non certo per l'insana voglia di uscire a pranzo proprio a Ferragosto, ma per festeggiare tutti insieme i diciott'anni di Chiara, nipote nata sei giorni dopo la mia primogenita. Posti in veranda, per fortuna veranda coperta, e pranzo tipico della tradizione culinaria trentina, come sempre lì a Salanzada. In otto a tavola, sapevamo bene come riempire i tempi di attesa: due mazzi di carte napoletane e via con sfide a tressette, scopone e briscola.
Poi, dopo il caffè e varie amenità (non per me, che continuo ad astenermi dai dolci), si sente spiovere e propongo di andare a sgranchirci le gambe. Raccoglie l'invito metà dei convitati e, tra questi, solo mia sorella Teresa e mio figlio Lorenzo mi imitano indossando gli scarponi. Ottimisti, visto il tempo, o semplicemente per evitare di sporcare le scarpe di fango.
Prendiamo, noi tre, la stradina verso Tabià, con una cautela quasi rassegnata che però si trasforma in apprezzamento via via più acceso, fino a sfiorare un'euforia stupefatta per come il cielo decide di premiarci, cromaticamente e climaticamente, accompagnandoci con meravigliosa radiosità. Meravigliati proseguiamo oltre e tocchiamo la magia quando attraversando un bosco e il suo ruscelletto cogliamo mille gioielli tra i rami e le cime delle altissime conifere d'intorno, grazie ai riflessi dei raggi solari.
Inoltre, arrivati al ponte delle Brustolaie, consultiamo la cartina esposta e notiamo che quella parte della valle, che abbiamo sempre un po' trascurato, saltandola a piè pari grazie alla funivia del Cermis, è molto più ricca e complessa (in effetti, è un insieme di altre valli) di quanto potessimo immaginare e ci ripromettiamo di esplorarla meglio in una prossima occasione.
Da entusiasta ribadisco che il mondo è bello, a parte le zanzare, come la maledetta che, porco qui e porco lì, mi ha martoriato piedi e caviglie mentre scrivevo questo post.
In Val di Fiemme, bella e cara, nel senso dell'affetto, persino a Ferragosto la giornata iniziò con una robusta precipitazione. I posti all'agriturismo però li avevamo già prenotati, non certo per l'insana voglia di uscire a pranzo proprio a Ferragosto, ma per festeggiare tutti insieme i diciott'anni di Chiara, nipote nata sei giorni dopo la mia primogenita. Posti in veranda, per fortuna veranda coperta, e pranzo tipico della tradizione culinaria trentina, come sempre lì a Salanzada. In otto a tavola, sapevamo bene come riempire i tempi di attesa: due mazzi di carte napoletane e via con sfide a tressette, scopone e briscola.
Poi, dopo il caffè e varie amenità (non per me, che continuo ad astenermi dai dolci), si sente spiovere e propongo di andare a sgranchirci le gambe. Raccoglie l'invito metà dei convitati e, tra questi, solo mia sorella Teresa e mio figlio Lorenzo mi imitano indossando gli scarponi. Ottimisti, visto il tempo, o semplicemente per evitare di sporcare le scarpe di fango.
Prendiamo, noi tre, la stradina verso Tabià, con una cautela quasi rassegnata che però si trasforma in apprezzamento via via più acceso, fino a sfiorare un'euforia stupefatta per come il cielo decide di premiarci, cromaticamente e climaticamente, accompagnandoci con meravigliosa radiosità. Meravigliati proseguiamo oltre e tocchiamo la magia quando attraversando un bosco e il suo ruscelletto cogliamo mille gioielli tra i rami e le cime delle altissime conifere d'intorno, grazie ai riflessi dei raggi solari.
Inoltre, arrivati al ponte delle Brustolaie, consultiamo la cartina esposta e notiamo che quella parte della valle, che abbiamo sempre un po' trascurato, saltandola a piè pari grazie alla funivia del Cermis, è molto più ricca e complessa (in effetti, è un insieme di altre valli) di quanto potessimo immaginare e ci ripromettiamo di esplorarla meglio in una prossima occasione.
Da entusiasta ribadisco che il mondo è bello, a parte le zanzare, come la maledetta che, porco qui e porco lì, mi ha martoriato piedi e caviglie mentre scrivevo questo post.
24 settembre 2014
Perle
Leggendo in metrò il libro di Alessandro Robecchi incappo in una considerazione sugli obitori e mi viene in mente che una volta ci sono stato davvero in un obitorio.
L'avevo dimenticato, ma in un lampo me lo sono rivisto: entrai per un saluto e la mia amica era là, biancaneve bionda sotto vetro, bella sempre e comunque, con gli occhi azzurri che indovinavo dietro le palpebre chiuse. Eravamo a fine secolo, nella prima metà di dicembre. Pochi giorni prima avevo fatto in tempo a salutarla dal vivo, beccando per caso il momento nelle poche ore del suo risveglio dal coma epatico nel quale poi risprofondò per pochi ultimi giorni.
Quando la cronologia delle memorie può sovrapporsi liberamente, svincolata da qualsiasi consecutio, ogni istante diventa perla unica e fluttuante, tempo fuori dal tempo. Proprio come succede ai momenti belli che ci prendiamo il lusso di vivere e di custodire, stampigliati nel sorriso ossigenante dell'essere intero.
L'avevo dimenticato, ma in un lampo me lo sono rivisto: entrai per un saluto e la mia amica era là, biancaneve bionda sotto vetro, bella sempre e comunque, con gli occhi azzurri che indovinavo dietro le palpebre chiuse. Eravamo a fine secolo, nella prima metà di dicembre. Pochi giorni prima avevo fatto in tempo a salutarla dal vivo, beccando per caso il momento nelle poche ore del suo risveglio dal coma epatico nel quale poi risprofondò per pochi ultimi giorni.
Quando la cronologia delle memorie può sovrapporsi liberamente, svincolata da qualsiasi consecutio, ogni istante diventa perla unica e fluttuante, tempo fuori dal tempo. Proprio come succede ai momenti belli che ci prendiamo il lusso di vivere e di custodire, stampigliati nel sorriso ossigenante dell'essere intero.
22 settembre 2014
Mosaici
A ogni tocco e a ogni abbraccio, a ogni sguardo corrisposto, a ogni parola scambiata, sospiro condiviso, risata moltiplicata, hai dato e ricevuto, dato e ricevuto un pezzettino di te agli altri e un pezzettino degli altri a te, sì, e a ogni passo e a ogni salto, a ogni dettaglio da incanto, a ogni ruscello ascoltato, respiro rapito, paesaggio sconfinato, hai dato e ricevuto, dato e ricevuto un pezzettino di te al mondo e un pezzettino di mondo a te. Questo sei, anche questo, tra l'altro.
21 settembre 2014
Ombre e luci
Avendo notato che ogni volta mi facevano male i piedi la mattina dopo aver corso senza plantari correttivi, stamane per la prima volta li ho usati. All'inizio, i piedi mi facevano male mentre correvo, poi il fastidio è sparito ed è andato tutto bene, tranne il fatto che al sesto minuto ho preso una storta. Assorbendo il dolore ho ricominciato piano piano e mi sono ripreso, traendo profitto dall'andatura ridotta per guardarmi meglio intorno: dagli squarci di luce tra le fronde e le frasche di Villa Ghirlanda filtravano raggi che coloravano le ombre d'un brillare tale da far rilucere le foglie, dando nuove profondità al sottobosco. Una gioielleria naturale in quattro dimensioni: quella del tempo mi ha riportato addirittura a un magnifico pomeriggio trentino, quello di Ferragosto, che però va raccontato a parte. Buonanotte.
20 settembre 2014
È un tempo selvaggio
Inverti le due cifre dell'età e ti ritrovi di nuovo ad ascoltare i Jefferson Airplane in cuffia al buio. Non sarà necessario alzarsi a girare il vinile giacché si attinge alla rete là fuori e questa è una prima differenza. Un'altra è la leggerezza delle cuffie. Quella fondamentale, però, è il fatto di non essere sdraiato sul letto e che il buio non sia totale, per colpa del biancore dello schermo. Sull'aeroplano della West Coast, carico fin dall'esordio ma capace di cullare, il tempo è scritto con la ipsilon. Inverti le due cifre dell'età, e la cautela sarà di non disturbare il sonno della prole anziché dei genitori, ritrovandoti ad ascoltare musica in cuffia al buio.
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