31 gennaio 2015

Un pezzettino di sé

Era un giorno di sole di un weekend di gennaio, ero solo ad aggirarmi tra lapidi e tombe nel cimitero di Galeata. Un po' mandavo saluti e sorrisi agli antenati, un po' cercavo di abbracciare con lo sguardo tre torri contemporaneamente: quella campanaria della chiesa in centro, quella medievale del palazzo del Podestà e il campanile a vela della chiesetta della Madonna dell'Umiltà. Quest'ultima era particolarmente cara alla mia nonnina e di tanto in tanto vado ad accenderle un cero, non da credente ma perché so che le avrebbe fatto più piacere di un mazzo di fiori. Comunque, mi trovavo in quel cimitero che è per me un posto speciale: oltre a essere del mio paese natale, è il luogo in cui vorrei essere sepolto quando verrà il momento, sia per un senso di compiutezza, sia perché mi piace un sacco, circondato com'è dalla vista delle colline che inconsapevolmente disegnavo da piccolo.

A un certo punto, con gli occhi tesi a sbirciare tra gli alberi nel tentativo di abbraccio architettonico descritto sopra, sono stato preso da una sorta di euforia malinconica, una coincidenza degli opposti capace di comprendere pienezza e perdita, il tutto mentre canticchiavo un motivo degli anni ottanta che allude al distacco e alla parcellizzazione modulando leggiadro: "Ogni volta che te ne vai, porti con te un pezzo di me". In effetti, pensavo, è proprio quel che succede quando muore qualcuno che ci conosceva: un pezzetto di noi se ne va. Inoltre, pensavo, in parte vale anche per i vivi, quando ci si separa proprio.

Poi, per sorte di quell'euforia malinconica di cui dicevo, m'è venuto di sentire come e quanto tale parcellizzazione sia anche una moltiplicazione. Una moltiplicazione dei riflessi, delle sfaccettature, come su una superficie d'acque mosse da piccole onde. Dalle piccole onde alle Ondine ci passa una bracciata di credulità, ma il mare del vivere si droga di soprannaturale e chi lo coglierà dentro di sé sarà fuori di sé dalla gioia, incontenibile come un'effusione di bolle più leggere dell'aria, che un attimo prima di scoppiare avranno rispecchiato le luci e i colori del mondo insieme al sorriso inebetito alimentato da un flusso che dalle piante dei piedi piantati a terra attraversando vertebre midollo carni e fluidi vari sgorgherà nel respiro d'un abbraccio allargato alla meraviglia e il bimbo sarà zuppo di gaudio per quell'unico istante in cui le tre torri si sono lasciate sfiorare dallo sguardo e dal sole, appena in tempo prima delle nuvole e dell'imminente partenza.

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bonus: Paul Young, Every time you go away

2 commenti:

  1. "perché so che le avrebbe fatto più piacere di un mazzo di fiori"
    per un po' di tempo, dopo che è morta la mia nonna, quelle rare volte che mi capitava di assistere a una messa, andavo a fare la comunione per lo stesso motivo.

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Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.



a cura di Giulio Pianese

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