20 ottobre 2010

Afterglow

Sì, è anche il titolo di una canzone dei Genesis, gruppo che da ragazzo ascoltavo con devozione, invero un pochino attenuata per la produzione successiva alla fuoriuscita di Peter Gabriel, ma non è per quello che la parola campeggia qui sopra, anche se in questo momento la canzone, dopo tanti anni, sta riaffiorandomi all'ascolto.

No, la parola vale per sé, con tutte le sue accezioni (Merriam-Webster) e traduzioni (Sansoni).

L'effetto piacevole che indugia presso di te dopo che qualcosa di bello è successo, si è realizzato, è stato vissuto. La luminescenza che riverbera come gli attimi cangianti e fuori confine fra tramonto e crepuscolo. Il bagliore che permane quando l'anima riluce di godimento.

Tutto quel che non riesci a tenere vivo se ti lasci sopraffare dal mal di schiena, imbufalire dalle avversità, tarlare dalle assenze, divorare dalle gelosie, scorare dai contrattempi.

Ed è o sarebbe un peccato, quasi come buttar via la bellezza di ciò che è stato.

La memoria alle volte è come un sacco di ciarpame, gravoso da trascinare, ostacolo al procedere, ceppo alle caviglie a impossibilitare la corsa libera.
La luce, però, non pesa.

Un sorriso colorato e portafortuna, a te che leggi e passi, a te che leggerai. E a me, ora e attraverso la notte.


a cura di Giulio Pianese

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