Il capoluogo è lì dove sei, nella milonga in cui ti trovi e il C.A.P. è quello della musica che guida la serata.
Questo mese ne ho toccate di nuove, nuove per me, di milonghe. Nuove, a parte il già noto Palatango, in quel di Segrate, dove sono stato la sera prima della chiusura e poi di nuovo alla riapertura. Novità però ce ne sono state anche in tali occasioni: infatti ho avuto l'opportunità di sintonizzare i passi con ballerine che non conoscevo ancora, assommando piaceri e utili esperienze.
Durante la permanenza in Trentino-Alto Adige, ho fatto un salto a Caldaro (grazie alla selvadega che mi ci ha condotto), scoprendo così la bellezza dello Spazio 8, proprio nei pressi del lago, e ritrovando quella delle tanguere che lo frequentano.
Tornato alla base, sono finalmente entrato negli spazi delle Cristallerie Livellara, in Bovisa, dove dall'inizio dell'estate è attivo lo Spirit de Milan. Ad attirarmi, una serata di tango con esibizione del duo Tango Pichuco e della cantante Carola Nadal. È sempre bello ballare sulla musica dal vivo. Un po' più difficile, ma affascinante, anche perché si incrementa il senso di unicità. Contento di esserci stato.
Anche sabato sera mi sono dedicato al "secondo più bel modo di sudare". In quel di Pessano con Bornago, per quanto ciò potesse sembrare improbabile a noi che ci si recavamo e al navigatore un po' confuso. Alla fine, una camicia e una maglietta intrise di bella musica e buone tande.
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bonus: Bajo un cielo de estrellas, orchestra di Miguel Caló, canta Alberto Podestá
25 agosto 2015
15 agosto 2015
Picchi d'ozioso piacere
Da tempo vado dicendo che per me i simboli sommi dell'ozio o dell'otium goderecci e benefici sono essenzialmente due: farsi radere dal barbiere e dondolarsi su un'amaca.
Negli scorsi giorni ho verbalizzato qualcosa che di certo avevo dentro da un po', ma che affiorava solo sotto forma di sorriso: ferma restando la posizione di preminenza dell'amaca in questa speciale classifica, al secondo posto direi che si è ormai attestata un'altra situazione, e cioè il giocare a carte (briscola o scopone) all'aperto presso un rifugio ad alta quota bevendo una birretta dopo aver camminato in montagna per qualche ora.
Per esempio, per l'appunto, l'altro ieri alla Marmolada, tra Pian dei Fiacconi e il ghiacciaio, con il respiro a spaziare su tanto di quel mondo da abbeverare lo sguardo che faceva scorta di bellezza pura.
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bonus: Nina Simone, Turn Me On
Negli scorsi giorni ho verbalizzato qualcosa che di certo avevo dentro da un po', ma che affiorava solo sotto forma di sorriso: ferma restando la posizione di preminenza dell'amaca in questa speciale classifica, al secondo posto direi che si è ormai attestata un'altra situazione, e cioè il giocare a carte (briscola o scopone) all'aperto presso un rifugio ad alta quota bevendo una birretta dopo aver camminato in montagna per qualche ora.
Per esempio, per l'appunto, l'altro ieri alla Marmolada, tra Pian dei Fiacconi e il ghiacciaio, con il respiro a spaziare su tanto di quel mondo da abbeverare lo sguardo che faceva scorta di bellezza pura.
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bonus: Nina Simone, Turn Me On
31 luglio 2015
Egeomonia
Ho aspettato a lavare il telo mare, perché trattiene vaghe fragranze di spiaggia e macchia mediterranea, o forse la loro illusione. È un telo leggero, appena un po' troppo piccolo, ma bello e pratico, me l'ha regalato mia sorella. Si è fatto il viaggio nel bagaglio a mano fino al Dodecaneso e Nisyros dev'essergli proprio piaciuta.
Νίσυρος: facendo copia-incolla riesco a scriverlo nell'alfabeto giusto, quello che piano piano s'impara leggendo i menù, soprattutto peregrinando in scooter da un villaggio all'altro, tra un εστιατόριο e una ταβέρνα, sempre quasi a colpo sicuro grazie alle indicazioni delle persone giuste incontrate per caso allo sbarco.
Abbiamo familiarizzato e mangiato bene alla Captain's House sul porticciolo di Pali, soprattutto la moussaka, mai così buona nelle mie precedenti occasioni. Siamo stati trattati con un occhio di riguardo, forse perché raccomandati da Manos, da Irini a Mandraki, con un ottimo souvlaki preceduto da assaggi di formaggi locali e seguito da un dessert gustosissimo, a base di yogurt e arancia candita. Dopo una sauna naturale all'ingresso del panoramicissimo paesino, a Emporio abbiamo pranzato ottimamente al Μπαλκόνι (Balkoni), dove il dolce consisteva in yogurt con pomodori canditi, un'interessante e imperdibile leccornia. L'entusiasmo è traboccato al Λιμενάρι, una trattoria deliziosa priva di orari, di menù scritto e di internazionalità linguistica, in cui però ci siamo intesi abbastanza da rimpinzarci di fritture casalinghe qualitativamente impeccabili, con le πυτιά in primo piano. Il fil rouge era rappresentato da insalata greca (che fatta come si deve, con olio buono e ortaggi locali freschi, è tutt'un'altra cosa) e, dopo il tramonto, dalla retsina, il vino aromatico che ho ribevuto dopo vent'anni.
A proposito: erano più di vent'anni che non m'arrampicavo a cogliere dei fichi da mangiare lì per lì, come prima colazione. L'ho fatto dopo una delle nuotate mattutine, quella in cui siamo andati a vedere l'alba da una spiaggia ampia e defilata. Lì si nuotava nudi senza dover ricorrere ad arzigogoli, altra soddisfazione ritrovata.
Per rispondere alla domanda frequente Quand'è l'ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?, in quest'isola sono entrato per la prima volta nel cratere di un vulcano. Lì dentro ci sono molti gradi, specialmente a metà giornata, ci sono le fumarole, con gli odori e i cristalli di zolfo, gialli e graziosi, al pari delle rocce colorate che striano le pareti, replicando in parte quelle che proteggono dal vento la stupenda spiaggia di Paliohori a Milos. Una fumarola l'ho voluta sfiorare, scottandomi leggermente e godendo di un contatto tattile morbidissimo con quella polvere di terra vaporosa.
Nisyros meriterebbe qualche giorno in più, perché pur essendo piccolina è ricca di cose da vedere, come il tramonto dalle mura del castello dell'antica acropoli, scorci da ammirare, come le viuzze di Mandraki, angoli da visitare, come il non luogo meravigliosamente balneabile di Avlaki, curiosità da esplorare, come le vecchie terme, in decadenza ma tuttora funzionanti, o come la piazzetta-bomboniera di Nikià, e perché la sua natura ti abbraccia dal primo all'ultimo minuto, come la vegetazione che circonda gli alloggi vista mare dei Mammis Apartments gestiti dal gentilissimo Iannis.
Ho aspettato a lavare il telo mare e non lo faccio nemmeno oggi.
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bonus: David Byrne, This Must Be The Place (Naive Melody)
Νίσυρος: facendo copia-incolla riesco a scriverlo nell'alfabeto giusto, quello che piano piano s'impara leggendo i menù, soprattutto peregrinando in scooter da un villaggio all'altro, tra un εστιατόριο e una ταβέρνα, sempre quasi a colpo sicuro grazie alle indicazioni delle persone giuste incontrate per caso allo sbarco.
Abbiamo familiarizzato e mangiato bene alla Captain's House sul porticciolo di Pali, soprattutto la moussaka, mai così buona nelle mie precedenti occasioni. Siamo stati trattati con un occhio di riguardo, forse perché raccomandati da Manos, da Irini a Mandraki, con un ottimo souvlaki preceduto da assaggi di formaggi locali e seguito da un dessert gustosissimo, a base di yogurt e arancia candita. Dopo una sauna naturale all'ingresso del panoramicissimo paesino, a Emporio abbiamo pranzato ottimamente al Μπαλκόνι (Balkoni), dove il dolce consisteva in yogurt con pomodori canditi, un'interessante e imperdibile leccornia. L'entusiasmo è traboccato al Λιμενάρι, una trattoria deliziosa priva di orari, di menù scritto e di internazionalità linguistica, in cui però ci siamo intesi abbastanza da rimpinzarci di fritture casalinghe qualitativamente impeccabili, con le πυτιά in primo piano. Il fil rouge era rappresentato da insalata greca (che fatta come si deve, con olio buono e ortaggi locali freschi, è tutt'un'altra cosa) e, dopo il tramonto, dalla retsina, il vino aromatico che ho ribevuto dopo vent'anni.
A proposito: erano più di vent'anni che non m'arrampicavo a cogliere dei fichi da mangiare lì per lì, come prima colazione. L'ho fatto dopo una delle nuotate mattutine, quella in cui siamo andati a vedere l'alba da una spiaggia ampia e defilata. Lì si nuotava nudi senza dover ricorrere ad arzigogoli, altra soddisfazione ritrovata.
Per rispondere alla domanda frequente Quand'è l'ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?, in quest'isola sono entrato per la prima volta nel cratere di un vulcano. Lì dentro ci sono molti gradi, specialmente a metà giornata, ci sono le fumarole, con gli odori e i cristalli di zolfo, gialli e graziosi, al pari delle rocce colorate che striano le pareti, replicando in parte quelle che proteggono dal vento la stupenda spiaggia di Paliohori a Milos. Una fumarola l'ho voluta sfiorare, scottandomi leggermente e godendo di un contatto tattile morbidissimo con quella polvere di terra vaporosa.
Nisyros meriterebbe qualche giorno in più, perché pur essendo piccolina è ricca di cose da vedere, come il tramonto dalle mura del castello dell'antica acropoli, scorci da ammirare, come le viuzze di Mandraki, angoli da visitare, come il non luogo meravigliosamente balneabile di Avlaki, curiosità da esplorare, come le vecchie terme, in decadenza ma tuttora funzionanti, o come la piazzetta-bomboniera di Nikià, e perché la sua natura ti abbraccia dal primo all'ultimo minuto, come la vegetazione che circonda gli alloggi vista mare dei Mammis Apartments gestiti dal gentilissimo Iannis.
Ho aspettato a lavare il telo mare e non lo faccio nemmeno oggi.
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bonus: David Byrne, This Must Be The Place (Naive Melody)
30 luglio 2015
L'elitra scarlatta
Coccinellina, ci pensi che a quel manto colorato devi la tua sopravvivenza? Voglio dire, fossi in uniforme tetra, da camicia nera o camicia bruna come gli scarafaggi, non avresti scampo a meno di essere velocissima a imbucarti e invece te ne puoi stare lì tranquilla, prendertela comoda ed essere trattata con tutti i riguardi, tutt'al più spostata delicatamente su una foglia dopo esser stata accolta sull'epidermide come regalo gradito. Tutto per quel manto colorato rossonero. No, non ne facciamo una questione di tifo calcistico. In fondo, anche la libellula, che in certi casi è quasi nerazzurra, risulta presenza gradita e rispettata (tranne quella volta lì, ma non l'avevo fatto apposta). Insomma, coccinella, sei una privilegiata e non so se lo sai. Un favore: non dirlo alle cimici, perché non ho alcuna intenzione di sdoganarne le molestie. Quanto alle zanzare, pensa che addirittura m'avveleno l'aria per avvelenarle e talvolta risporco i muri per schiacciarle. Tu però stai pure serena. Qualora adottassi un geco, t'avvertirei prima.
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bonus: It Had To Be You, Harry Connick, Jr.
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bonus: It Had To Be You, Harry Connick, Jr.
28 luglio 2015
Dialogacci
"Alla fin fine, stringendo all'osso e senza raccontartela, la vita punge come un filo spinato. Se non punge te, sta pungendo qualcun altro."
"Uella, che pessimismo! Sei di pessimismo e fastidio?"
"È che come ci si muove, si semina, ma troppo spesso si semina dolore o disagio."
"Ma no, dai, ma cosa dici! Se fosse davvero così, come li spieghi i sorrisi, le risate... Tutti i momenti belli passati insieme agli amici, alle persone care, o anche alla gente in generale? Non può essere così nera."
"Boh. Intanto so che gli errori si ripetono enne volte nel tempo, sempre diversi ma sempre gli stessi."
"Dai, va là, non mi fare il vascorossi del nuovo millennio."
"Eh, ti diverti a prendere in giro, ma intanto c'è una realtà oggettiva, anzi una realtà fatta di più soggettività che compone il puzzle, un puzzle disordinato e incompleto, ma la figura è quella."
"Senza raccontartela, però la vuoi raffigurare, eh?"
"Beh, insomma: un senso a tutta 'sta roba bisogna pur darlo, se no ti viene il tarlo."
"Questa te l'ha detta Carlo."
"Eh?"
"No, niente, è che non resisto a non dire minchiate, lo sai."
"Sì, sì, lo so, ma so anche che magari anche le mie lo sono. Non mi ci raccapezzo."
"Oh, raccapezzo: guarda quella lì che sta passando."
"Lascia stare, stasera va di birra e chiacchiere, e basta."
"Ciusca, proprio pessimismo e fastidio, eh. Cià che ordino un altro giro, va'."
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bonus: Enzo Jannacci - Giovanni, telegrafista
"Uella, che pessimismo! Sei di pessimismo e fastidio?"
"È che come ci si muove, si semina, ma troppo spesso si semina dolore o disagio."
"Ma no, dai, ma cosa dici! Se fosse davvero così, come li spieghi i sorrisi, le risate... Tutti i momenti belli passati insieme agli amici, alle persone care, o anche alla gente in generale? Non può essere così nera."
"Boh. Intanto so che gli errori si ripetono enne volte nel tempo, sempre diversi ma sempre gli stessi."
"Dai, va là, non mi fare il vascorossi del nuovo millennio."
"Eh, ti diverti a prendere in giro, ma intanto c'è una realtà oggettiva, anzi una realtà fatta di più soggettività che compone il puzzle, un puzzle disordinato e incompleto, ma la figura è quella."
"Senza raccontartela, però la vuoi raffigurare, eh?"
"Beh, insomma: un senso a tutta 'sta roba bisogna pur darlo, se no ti viene il tarlo."
"Questa te l'ha detta Carlo."
"Eh?"
"No, niente, è che non resisto a non dire minchiate, lo sai."
"Sì, sì, lo so, ma so anche che magari anche le mie lo sono. Non mi ci raccapezzo."
"Oh, raccapezzo: guarda quella lì che sta passando."
"Lascia stare, stasera va di birra e chiacchiere, e basta."
"Ciusca, proprio pessimismo e fastidio, eh. Cià che ordino un altro giro, va'."
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bonus: Enzo Jannacci - Giovanni, telegrafista
18 luglio 2015
Cavalli selvaggi
Wild Horses dei Rolling Stones è un brano magico e malinconico insieme.
In questa esecuzione dal vivo di una decina d'anni fa c'è come ospite nientemeno che la voce dei Pearl Jam. La cosa curiosa è che Eddie Vedder, indubbiamente un grande, qui, accanto a un vero e proprio mito come Mick Jagger, a tratti sembra uno scolaretto intimorito.
La soggezione invece andrebbe spazzata via quando si fa qualcosa insieme, tanto più che l'incontro tra generazioni diverse, preso dal verso giusto, può portare ricchezza in entrambe le direzioni, almeno per un po'.
Ora basta con le riflessioni sagge, altrimenti sembra che stia diventando vecchio e invece fino a oggi sono solo 52.
Vado avanti con la stessa energia insita nell'espressione idiomatica attorno alla quale gioca il testo: wild horses / couldn't drag me away significa che niente può strapparti a ciò cui tieni.
E nel finale, quando si torna al significato letterale: wild horses / we'll ride them some day, l'immagine evocata è bella e piena di futuro, di natura e di pluralità: cavalli selvaggi, un giorno li cavalcheremo.
30 giugno 2015
Osculi, oculi e loculi
Venere e Giove che stanno per baciarsi. Sì, vabbè, è vero che sono assai distanti, lo sono proprio molto, ma il bacio è nell'occhio di chi guarda. Un occhio sul cielo, lo sguardo che lo accompagna, le miscele di sensazioni contraddittorie condite dai colori di un luminoso crepuscolo.
Un bacio, il pensiero che lo accompagna e lo sguardo di un occhio nel cielo. È tutto nella nostra mente, questo è assai probabile, però aiuta. Come il fatto degli illusori allineamenti astronomici, è esteticamente bello oltre che consolatorio pensare che chi non c'è più fluttui lassù. Non è nemmeno in contrasto con le congetture più razionali: nulla si crea e nulla si distrugge, dicono, quindi da qualche parte ci si disgrega e ci si ricompone con il tutto. Questo è sicuro per quanto riguarda la parte più pesante, ma non è detto, non è affatto detto che una parte ondulatoria non possa propagarsi in altro modo e che siano quelle frequenze ad aver evocato in noi umani il concetto di anima.
Proiezioni, d'accordo, ma a chi non piace il cinema, quello bello? Venere e Giove forse si baceranno in occasione del plenilunio, perché sono sensibili e perché ci tengono allo spettacolo, fatto su misura per noi che puntiamo gli occhi e talvolta il cuore verso il cielo.
Ciao e arrivederci a te, a te, a te, a te...
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bonus: Alan Parsons Project, Sirius / Eye In The Sky
Un bacio, il pensiero che lo accompagna e lo sguardo di un occhio nel cielo. È tutto nella nostra mente, questo è assai probabile, però aiuta. Come il fatto degli illusori allineamenti astronomici, è esteticamente bello oltre che consolatorio pensare che chi non c'è più fluttui lassù. Non è nemmeno in contrasto con le congetture più razionali: nulla si crea e nulla si distrugge, dicono, quindi da qualche parte ci si disgrega e ci si ricompone con il tutto. Questo è sicuro per quanto riguarda la parte più pesante, ma non è detto, non è affatto detto che una parte ondulatoria non possa propagarsi in altro modo e che siano quelle frequenze ad aver evocato in noi umani il concetto di anima.
Proiezioni, d'accordo, ma a chi non piace il cinema, quello bello? Venere e Giove forse si baceranno in occasione del plenilunio, perché sono sensibili e perché ci tengono allo spettacolo, fatto su misura per noi che puntiamo gli occhi e talvolta il cuore verso il cielo.
Ciao e arrivederci a te, a te, a te, a te...
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bonus: Alan Parsons Project, Sirius / Eye In The Sky
29 giugno 2015
Quante storie
Se una notte d’inverno un viaggiatore Fuori dall’abitato di Malbork Sporgendosi dalla costa scoscesa Senza temere il vento e la vertigine Guarda in basso dove l’ombra s’addensa In una rete di linee che s’allacciano In una rete di linee che s’intersecano Sul tappeto di foglie illuminate dalla luna Intorno a una fossa vuota Quale storia laggiù attende la fine?--
Non ditemelo. Non ancora.
Così scrivevo qualche giorno fa. Poi il libro l'ho terminato, trovandolo meraviglioso. Che Italo Calvino fosse una garanzia me lo dicevano le esperienze precedenti, ma apprezzarlo dopo esserne stato spiazzato è stato ancor più soddisfacente.
Questo genio era in grado di scrivere qualunque cosa, sarebbe stato in grado di scrivere quasi in qualunque modo: le settimane precedenti, oltre al divertentissimo San Isidro Futból di Pino Cacucci, avevo divorato un paio di bei gialli avvincenti (Pista nera di Antonio Manzini e Ksenia. Le Vendicatrici di Massimo Carlotto e Marco Videtta), ma scorrendo le evoluzioni calviniane mi rendevo conto di come lui fosse in grado di avvincere a partire da qualsiasi elemento, situazione, spunto e perfino dalla voluta assenza di spunti.
Durante la lettura, accanto all'ammirazione sconfinata si faceva spazio anche una vocina che ammoniva: se c'è gente che scrive così, tu non t'azzardare, profaneresti lo scrivere, lascia perdere, ma tutto, financo la lista della spesa. Poi, naturalmente, uno se ne fotte e continua a fare come gli pare. Il che mi pare giusto, altrimenti ci si dovrebbe proibire di giocare a pallone dopo aver visto, che so, Marco Van Basten.
L'importante, probabilmente, è non smettere mai di leggere. Almeno finché ti rimane la voglia irrefrenabile di ascoltare il racconto.
«Se una notte d'inverno un viaggiatore, fuori dell'abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l'ombra s'addensa in una rete di linee che s'allacciano, in una rete di linee che s'intersecano sul tappeto di foglie illuminate dalla luna intorno a una fossa vuota, - Quale storia laggiù attende la fine? - chiede, ansioso d'ascoltare il racconto»P.S.: non si può sapere tutto di tutto. Per la serie "io sono da solo a leggere*, quelli sono tanti di loro a scrivere**", è chiaramente impossibile arrivare a coprire tutto lo scibile, anche solo di un particolare settore culturale o ricreativo. Meglio dunque imparare a cogliere, assaporare e godere qualche spicchio, senza preoccuparsi che ciò avvenga tardi, più tardi, in ritardo. Sempre meglio che mai.
* oppure ascoltare, guardare...
** oppure comporre, suonare, dipingere...
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bonus: Courtney Barnett, Small Poppies
21 giugno 2015
Lepre
"Una ragazza al parco m'ha lasciato senza fiato."
"Era così bella?"
"Non saprei. Correva troppo veloce."
-
Dai, vai, fammi da lepre. La tua cadenza è sciolta ma sostenuta; non so quanto la potrei reggere, ma intanto accelero e mantengo la distanza. Non penso più al fiato né alla fatica, solo alla lepre. Pur senza raggiungerla, percepisco la soddisfazione di riuscire a mantenerla nel campo visivo. Le gambe non protestano, l'affanno diventa trascurabile. Da quando la seguo, l'allenamento ha preso un piglio differente. Da quando ti cerco, ogni istante ha preso un piglio differente. La tua inafferrabilità è quanto serve a migliorarmi. Magari un giorno ti raggiungerò, a esplorare tutti i tuoi sorrisi. Magari tra qualche minuto la raggiungerò. Eccola, quasi a portata di falcata, quasi, forse, comunque non è detto che quando l'avrò raggiunta, la lepre m'interessi ancora. Poi ad un tratto svolta per un altro sentiero, io devo proseguire diritto; nel frattempo, anche tu svolti e sparisci alla vista della mia vita. Rimane nell'affanno, rimani nel respiro. Il cielo nel frattempo sorride e io con lui, io con lui.
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bonus: Velvet Underground, Run Run Run
"Era così bella?"
"Non saprei. Correva troppo veloce."
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Dai, vai, fammi da lepre. La tua cadenza è sciolta ma sostenuta; non so quanto la potrei reggere, ma intanto accelero e mantengo la distanza. Non penso più al fiato né alla fatica, solo alla lepre. Pur senza raggiungerla, percepisco la soddisfazione di riuscire a mantenerla nel campo visivo. Le gambe non protestano, l'affanno diventa trascurabile. Da quando la seguo, l'allenamento ha preso un piglio differente. Da quando ti cerco, ogni istante ha preso un piglio differente. La tua inafferrabilità è quanto serve a migliorarmi. Magari un giorno ti raggiungerò, a esplorare tutti i tuoi sorrisi. Magari tra qualche minuto la raggiungerò. Eccola, quasi a portata di falcata, quasi, forse, comunque non è detto che quando l'avrò raggiunta, la lepre m'interessi ancora. Poi ad un tratto svolta per un altro sentiero, io devo proseguire diritto; nel frattempo, anche tu svolti e sparisci alla vista della mia vita. Rimane nell'affanno, rimani nel respiro. Il cielo nel frattempo sorride e io con lui, io con lui.
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bonus: Velvet Underground, Run Run Run
15 giugno 2015
Ma sì
Ma sì, lascia fare alla malinconia, quella di quando, comunque la giri, ti manca un pezzetto, di qua o di là, di su o di giù. Ma sì, lascia cadere la pioggia sul mondo mentre la osservi al coperto, godendoti freschetto e musica dolce blippata quasi a caso.
Un po' d'indulgenza, perbacco: si mettano da parte stoicismo e sensi di colpa. Per quanto possa, dopo, risultare soddisfacente il fatto di aver corso sotto il temporale, non sempre se ne può aver la voglia o la forza. Lascia dunque andare pensieri e dita a ritrovare immagini e parole.
Il cibo è in caldo e già sai che è buono perché è lo stesso di cui ti sei nutrito al pasto precedente. Di bevande non hai bisogno, né d'ebbrezze. Letture ne hai finché ne vuoi, e giorni diversi tra loro anche.
Mettiti in pace: i lembi presto o tardi si ricongiungeranno e al massimo mancherà un pezzetto, di qua o di là, di su o di giù. Ma sì, lascia che cada la pioggia sul mondo, almeno finché ne sarà assetato.
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bonus: Amalia Rodrigues, L'important c'est la rose
Un po' d'indulgenza, perbacco: si mettano da parte stoicismo e sensi di colpa. Per quanto possa, dopo, risultare soddisfacente il fatto di aver corso sotto il temporale, non sempre se ne può aver la voglia o la forza. Lascia dunque andare pensieri e dita a ritrovare immagini e parole.
Il cibo è in caldo e già sai che è buono perché è lo stesso di cui ti sei nutrito al pasto precedente. Di bevande non hai bisogno, né d'ebbrezze. Letture ne hai finché ne vuoi, e giorni diversi tra loro anche.
Mettiti in pace: i lembi presto o tardi si ricongiungeranno e al massimo mancherà un pezzetto, di qua o di là, di su o di giù. Ma sì, lascia che cada la pioggia sul mondo, almeno finché ne sarà assetato.
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bonus: Amalia Rodrigues, L'important c'est la rose
01 giugno 2015
Agenda geometricamente analitica
L'agenda è piena ancora prima di iniziare. Perché ci sono gli arretrati di cose da fare e perché di cose da fare ce ne sono sempre di più.
Tra gli arretrati, incarichi lavorativi da assolvere e incombenze varie rimandate. Per fortuna, gli incarichi lavorativi sono più che interessanti. Quanto alle incombenze, quelle casalinghe sono meno noiose di quelle burocratiche, ma direi che entrambe assorbiranno inizialmente parecchio tempo e una cospicua dose di energie.
Tra le cose da fare che si moltiplicano, un peso specifico preponderante viene assunto dalle necessità fisiche: per mantenersi in una forma decente e soprattutto per contrastare o contenere i dolorini fisici occorrono sempre più minuti di esercizi, dei quali va curata la costanza.
Il problema è il mancato moltiplicarsi delle ore del giorno, ma dato che è per tutti così, bisognerà farsene una ragione e darsi da fare a spremere tempo tra un minuto e l'altro, imparando a contenere gli sprechi. Definisco sprechi le attività in cui a un certo punto prevale la passività senza che ci sia un reale godimento o una utile evoluzione.
Sono quasi certo che il meccanismo sarà simile a quando si tenta di riavviare un carro arrugginito: la prima spinta è la più faticosa, ma poi le ruote gireranno sempre meno faticosamente e chissà, magari troverà spazio perfino la volontà, ingrediente indispensabile a ridurre gli ingredienti assunti. In tal modo, grazie all'ellissi alimentare si chiuderà il cerchio di quella che sarebbe potuta apparire come una parabola dagli obiettivi iperbolici e si passerà dalla spirale negativa al circolo virtuoso.
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bonus: Rolling Stones, Time Is On My Side
Tra gli arretrati, incarichi lavorativi da assolvere e incombenze varie rimandate. Per fortuna, gli incarichi lavorativi sono più che interessanti. Quanto alle incombenze, quelle casalinghe sono meno noiose di quelle burocratiche, ma direi che entrambe assorbiranno inizialmente parecchio tempo e una cospicua dose di energie.
Tra le cose da fare che si moltiplicano, un peso specifico preponderante viene assunto dalle necessità fisiche: per mantenersi in una forma decente e soprattutto per contrastare o contenere i dolorini fisici occorrono sempre più minuti di esercizi, dei quali va curata la costanza.
Il problema è il mancato moltiplicarsi delle ore del giorno, ma dato che è per tutti così, bisognerà farsene una ragione e darsi da fare a spremere tempo tra un minuto e l'altro, imparando a contenere gli sprechi. Definisco sprechi le attività in cui a un certo punto prevale la passività senza che ci sia un reale godimento o una utile evoluzione.
Sono quasi certo che il meccanismo sarà simile a quando si tenta di riavviare un carro arrugginito: la prima spinta è la più faticosa, ma poi le ruote gireranno sempre meno faticosamente e chissà, magari troverà spazio perfino la volontà, ingrediente indispensabile a ridurre gli ingredienti assunti. In tal modo, grazie all'ellissi alimentare si chiuderà il cerchio di quella che sarebbe potuta apparire come una parabola dagli obiettivi iperbolici e si passerà dalla spirale negativa al circolo virtuoso.
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bonus: Rolling Stones, Time Is On My Side
31 maggio 2015
Tra due cieli
Era come trovarsi tra due cieli. Da un lato i nuvoloni carichi di gocce pesanti e generosi nell'offrirne una seppur diradata campionatura; dall'altro piccoli squarci d'azzurro che risaltavano al contrasto e fasci di luce solare che filtravano tra le persiane del cielo a far brillare le diverse tonalità di verde delle chiome arboree. Subito lo sguardo si attivava alla ricerca dell'arcobaleno, cromatico bacio tra cielo e terra, estetico premio per chi abbia tuttora occhi di bimbo.
Il luogo di questa scena non era un'amena meta vacanziera né una località particolarmente privilegiata da incontaminati angoli di bellezza naturale: a saper guardare, le nicchie di paradiso si trovano perfino nell'hinterland milanese, cintura metropolitana fornita di tutti gli ingredienti più nocivi per noi e per l'ambiente.
Non dico di non far niente per contrastare le alterazioni dell'equilibrio ambientale in cui ci tocca vivere, ma nell'attesa che si compia la umana speranza, sarebbe cosa buona e giusta assumere l'atteggiamento suggerito da queste parole di Italo Calvino nel magnifico libro Le città invisibili: "cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
Sorrido al pensiero che questo atteggiamento continua a essere mio nel tempo, come puoi leggere anche in qualche vecchio post.
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bonus: Sarah Vaughan, Gimme A Little Kiss
Il luogo di questa scena non era un'amena meta vacanziera né una località particolarmente privilegiata da incontaminati angoli di bellezza naturale: a saper guardare, le nicchie di paradiso si trovano perfino nell'hinterland milanese, cintura metropolitana fornita di tutti gli ingredienti più nocivi per noi e per l'ambiente.
Non dico di non far niente per contrastare le alterazioni dell'equilibrio ambientale in cui ci tocca vivere, ma nell'attesa che si compia la umana speranza, sarebbe cosa buona e giusta assumere l'atteggiamento suggerito da queste parole di Italo Calvino nel magnifico libro Le città invisibili: "cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
Sorrido al pensiero che questo atteggiamento continua a essere mio nel tempo, come puoi leggere anche in qualche vecchio post.
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bonus: Sarah Vaughan, Gimme A Little Kiss
29 maggio 2015
Hetty Verolme
Un paio di settimane fa ho avuto il piacere e l'onore di fare da interprete a una signora classe 1930 e alla bambina piena di energia che è tuttora in lei. Hetty E. Verolme è una sopravvissuta alla Shoah e ha deciso di raccontare la sua storia in un bel libro, adatto anche per ragazzi: Hetty. Una storia vera, edito da Il Castoro nella scorrevole traduzione di Maddalena Fessart. Le vicende sono quelle da lei vissute dal momento in cui all'età di 12 anni fu deportata nel campo di concentramento di Belsen in Germania, dove le toccò occuparsi della sopravvivenza propria e di una quarantina di bambini.
Un bell'estratto dell'incontro si trova nell'articolo di Chiara Vanzetto (Corriere della Sera, 11 maggio 2015), scaturito dall'intervista a cui sono orgoglioso di aver contribuito come interprete. Da parte mia posso aggiungere che l'emozione dell'ascolto ha portato noi presenti sull'orlo della commozione, ma che la serenità trasmessa da Hetty è quella di un cuore che non ha mai smesso di pulsare anche per gli altri.
Sugli abiti le cucirono una stella gialla, ma dentro le risplende una stella d'oro. Sarà anche perché, dico io, di secondo nome si chiama Esther, the Morning Star o stella del mattino.
Un bell'estratto dell'incontro si trova nell'articolo di Chiara Vanzetto (Corriere della Sera, 11 maggio 2015), scaturito dall'intervista a cui sono orgoglioso di aver contribuito come interprete. Da parte mia posso aggiungere che l'emozione dell'ascolto ha portato noi presenti sull'orlo della commozione, ma che la serenità trasmessa da Hetty è quella di un cuore che non ha mai smesso di pulsare anche per gli altri.
Sugli abiti le cucirono una stella gialla, ma dentro le risplende una stella d'oro. Sarà anche perché, dico io, di secondo nome si chiama Esther, the Morning Star o stella del mattino.
28 maggio 2015
Mongolfiere colme d'affetto
Oltre che persone, i figli sono eventi che ti riempiono d'amore fino a farti sollevare dal suolo. Le figure genitoriali, mongolfiere colme d'affetto, salgono fin quasi alle nuvole, ma senza staccare il filo che le lega a terra. Quel colmarsi risulta talvolta verbalizzabile, quantomeno in maniera approssimativa, ma il più delle volte è indicibile e si traduce in sguardi che accarezzano in silenzio la prole.
I figli sono persone e saranno loro le nuove mongolfiere, colme dell'amore ricevuto e di quello generato. Il filo che le lega a terra sarà nuovo, il nostro sarà già stato tagliato. Non è dato sapere se ci s'incontrerà in volo o di nuovo a terra.
Questo o quel colmarsi è intermittente e si alterna a brevi intensi scoramenti ogniqualvolta si percepisce la propria impotenza a garantire in ogni momento serenità assoluta o addirittura felicità ai frutti dei propri lombi, cosa impossibile perché altrimenti non sarebbe vita autentica. L'intermittenza è dunque una corrente alternata di pieni e vuoti, di positivo e negativo, di colmarsi e svuotarsi, ma funzionano così anche il pulsare che ci tiene in vita e il respiro.
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bonus e auguri di buon compleanno al mio Lorenzo: Talk Talk, Spirit of Eden (album completo, 1988)
I figli sono persone e saranno loro le nuove mongolfiere, colme dell'amore ricevuto e di quello generato. Il filo che le lega a terra sarà nuovo, il nostro sarà già stato tagliato. Non è dato sapere se ci s'incontrerà in volo o di nuovo a terra.
Questo o quel colmarsi è intermittente e si alterna a brevi intensi scoramenti ogniqualvolta si percepisce la propria impotenza a garantire in ogni momento serenità assoluta o addirittura felicità ai frutti dei propri lombi, cosa impossibile perché altrimenti non sarebbe vita autentica. L'intermittenza è dunque una corrente alternata di pieni e vuoti, di positivo e negativo, di colmarsi e svuotarsi, ma funzionano così anche il pulsare che ci tiene in vita e il respiro.
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bonus e auguri di buon compleanno al mio Lorenzo: Talk Talk, Spirit of Eden (album completo, 1988)
05 maggio 2015
Nuovo esercizio di traduzione
Ecco un twit intraducibile di Bill Murray*:
Tuttavia è intraducibile perché il gioco di parole si basa su un'assonanza inesistente in italiano, quella tra "to" (a), "too" (anche) e "two" (due), il cui utilizzo improprio dà origine allo scarto umoristico.
Ho provato dunque a creare un adattamento, stando sempre nei 140 caratteri di twitter, anzi, in meno:
* in realtà la battuta non è di Bill Murray, ma di qualcun altro, visto che la pagina è una parodia e non appartiene al famoso attore statunitense.
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bonus: Holly Golightly & The Greenhornes, There Is An End
The amount of people who mix up “to” and “too” is amazing two me.Leggendolo ad alta voce e trascurando la grafia, significa: "La quantità di gente che confonde "to" e "too" è sbalorditiva per me."
Tuttavia è intraducibile perché il gioco di parole si basa su un'assonanza inesistente in italiano, quella tra "to" (a), "too" (anche) e "two" (due), il cui utilizzo improprio dà origine allo scarto umoristico.
Ho provato dunque a creare un adattamento, stando sempre nei 140 caratteri di twitter, anzi, in meno:
La quantità di gente che non sa quando usare a con l'acca ah dell'incredibile.Che ne dici? Altre idee?
* in realtà la battuta non è di Bill Murray, ma di qualcun altro, visto che la pagina è una parodia e non appartiene al famoso attore statunitense.
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bonus: Holly Golightly & The Greenhornes, There Is An End
30 aprile 2015
Ripetutamente
La settimana scorsa ho risposto così al quesito con cancelletto #ioleggoperché su twitter:
All'epoca la mia amica Raffa, che mi prestò e poi donò il volume, rimase stupita dal tiepido apprezzamento che riservai a quello che lei riteneva un capolavoro assoluto. Intendiamoci: riconoscevo la grande bravura dello scrittore, ma la lettura non giungeva a toccarmi profondamente né mi suscitava grandissimi entusiasmi.
Ora invece, conoscendo già la storia, leggo scevro da ogni smania di vederla progredire e giungo a considerare godibile ricchezza di enorme spessore, intellettuale e umano, quanto allora mi parve in parte macchinosità e schermo al piacere.
È vero che procedendo di lettura in rilettura si procede lentamente. D'altronde, come recitava il fioraio anarchico (Felice Andreasi) in Pane e tulipani: "le cose belle sono lente".
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bonus: Thomas L. Thomas, Dream (by Johnny Mercer)
Leggo perché così un giorno potrò rileggere, e allora sì che.Sulla rilettura mi sono già espresso (*, **, ***), ma questa volta l'affermazione acquista particolare rilevanza perché sto rileggendo American Pastoral di Philip Roth e l'effetto che mi produce rispetto a cinque anni fa è sostanzialmente diverso.
All'epoca la mia amica Raffa, che mi prestò e poi donò il volume, rimase stupita dal tiepido apprezzamento che riservai a quello che lei riteneva un capolavoro assoluto. Intendiamoci: riconoscevo la grande bravura dello scrittore, ma la lettura non giungeva a toccarmi profondamente né mi suscitava grandissimi entusiasmi.
Ora invece, conoscendo già la storia, leggo scevro da ogni smania di vederla progredire e giungo a considerare godibile ricchezza di enorme spessore, intellettuale e umano, quanto allora mi parve in parte macchinosità e schermo al piacere.
È vero che procedendo di lettura in rilettura si procede lentamente. D'altronde, come recitava il fioraio anarchico (Felice Andreasi) in Pane e tulipani: "le cose belle sono lente".
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bonus: Thomas L. Thomas, Dream (by Johnny Mercer)
29 aprile 2015
Un punto e una ricetta
Non so mica come facciano quelli che seguono certe minchiate in tivù. Capisco che non avrebbe senso sentirsi superiori solo perché di tanto in tanto capita di evitare d'impantanarsi. Inoltre, potrei concederlo, non è detto che i propri pantani siano in assoluto migliori di quelli altrui. Ciò che repelle è il sospetto che tanto la fruizione davvero volontaria quanto il gusto pienamente consapevole siano troppo spesso lontani, lontanissimi, al punto da lasciare il posto all'abbrutimento della passività rassegnata e giungendo perfino all'insopportabile estremo dello zapping infinito condito da infinite lamentazioni. Questo, e in fondo solo questo, è il punto. Di conseguenza, la ricetta è semplicemente: fai ciò che vuoi (Fay çe que vouldras), ma gustandotelo.
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bonus: Thurston Moore, Benediction
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bonus: Thurston Moore, Benediction
28 aprile 2015
Di tanda in tanda
Questo post inizia dal bonus. Una canzone intensa, intensa soprattutto se hai provato l'emozione di ballarla, lasciandoti coinvolgere ma non trascinare, ché devi essere in grado in ogni momento di dominare movenze e intenzioni, coordinandole e possibilmente armonizzandole. Dici tango e senti in sottofondo qualche sbuffo o qualche uffa, comprendi perché sai che se non ci sei dentro è piuttosto difficile apprezzare appieno; eppure continui a dire tango, un po' perché dopotutto sei tu a decidere di cosa parlare, un po' perché se una sensazione tende a traboccare va esternata e non compressa. Come per le lingue o per la musica, o più probabilmente per ogni cosa che conti, il percorso è praticamente infinito: più studi, più scopri le tue lacune e la necessità di colmarle, più impari e più preme l'esigenza di affinare il risultato, sempre troppo scarso. Tuttavia, è consolante rendersi conto di padroneggiare quel minimo che ti permette di poter giostrare un po' sull'interpretazione, incrementando l'intensità e il godimento condiviso di tanda in tanda. È uno dei più bei modi di sudare.
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bonus: Que te importa que te llore, orchestra di Miguel Caló, canta Raul Berón
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bonus: Que te importa que te llore, orchestra di Miguel Caló, canta Raul Berón
27 aprile 2015
Sul calendario era segnato in rosso
L'appuntamento era sabato mattina alla Bovisa in bici col fazzoletto rosso al collo. Ancora una volta è stato bello e confortante ritrovarsi a girare l'intero quartiere per portare le corone alle lapidi dei partigiani e fiori alla memoria dei partigiani rimasti senza lapide.
L'entusiasmo ha fatto da traino anche per la manifestazione pomeridiana, dopo di che ho assecondato la necessità fisica di una serata tranquilla, con cena in famiglia riunita per l'occasione e poi con l'abbandono alle arti affabulatorie di Marco Paolini in tivù col suo Album d'Aprile.
Il venticinque aprile per me ha da essere una festa inclusiva. A certe condizioni, ovvio. I presupposti base di un sentire che ritenga inaccettabile la cieca e stupida oppressione brutale sono e devono essere il discrimine tra chi può stare dentro e chi è meglio giri al largo. L'inclusione fa sì che lungo il percorso ci si trovino accanto persone e gruppi dalle posizioni contraddittorie o addirittura contrastanti, minoranze delle minoranze spesso improbabili, oltre che, naturalmente, atteggiamenti diversi per coinvolgimento e talvolta per concezione stessa della ricorrenza e del modo di onorarla. La manifestazione, lo dice la parola, è l'esternarsi di un significato, che nel nostro caso ha carattere prismatico: ne deriva una festa che porta in sé i tratti della commemorazione e della rinascita, del ricordo e del vivere presente, della rivendicazione e della gratitudine, della trasmissione e della condivisione, dei contrasti e della concordia, dell'ancoraggio al passato e dello slancio verso il futuro divenire. Una ricchezza composita da cogliere con gioiosa apertura, buona disposizione e divertito apprezzamento. Senza mai dimenticare che tutto quanto fu fatto e si patì, lo si fece e fu patito con l'obiettivo essenziale di tornare a vivere e di vivere in un mondo e in un modo più bello.
Ho letto e ascoltato musiche e parole che m'hanno confortato nella sensazione di tranquilla serenità quando a metà manifestazione mio figlio s'è sfilato per raggiungere gli amici sullo skateboard. È per il giocondo vivere che ci si gioca la vita, altrimenti che senso ha?
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bonus: MCR, Oltre il ponte
L'entusiasmo ha fatto da traino anche per la manifestazione pomeridiana, dopo di che ho assecondato la necessità fisica di una serata tranquilla, con cena in famiglia riunita per l'occasione e poi con l'abbandono alle arti affabulatorie di Marco Paolini in tivù col suo Album d'Aprile.
Il venticinque aprile per me ha da essere una festa inclusiva. A certe condizioni, ovvio. I presupposti base di un sentire che ritenga inaccettabile la cieca e stupida oppressione brutale sono e devono essere il discrimine tra chi può stare dentro e chi è meglio giri al largo. L'inclusione fa sì che lungo il percorso ci si trovino accanto persone e gruppi dalle posizioni contraddittorie o addirittura contrastanti, minoranze delle minoranze spesso improbabili, oltre che, naturalmente, atteggiamenti diversi per coinvolgimento e talvolta per concezione stessa della ricorrenza e del modo di onorarla. La manifestazione, lo dice la parola, è l'esternarsi di un significato, che nel nostro caso ha carattere prismatico: ne deriva una festa che porta in sé i tratti della commemorazione e della rinascita, del ricordo e del vivere presente, della rivendicazione e della gratitudine, della trasmissione e della condivisione, dei contrasti e della concordia, dell'ancoraggio al passato e dello slancio verso il futuro divenire. Una ricchezza composita da cogliere con gioiosa apertura, buona disposizione e divertito apprezzamento. Senza mai dimenticare che tutto quanto fu fatto e si patì, lo si fece e fu patito con l'obiettivo essenziale di tornare a vivere e di vivere in un mondo e in un modo più bello.
Ho letto e ascoltato musiche e parole che m'hanno confortato nella sensazione di tranquilla serenità quando a metà manifestazione mio figlio s'è sfilato per raggiungere gli amici sullo skateboard. È per il giocondo vivere che ci si gioca la vita, altrimenti che senso ha?
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bonus: MCR, Oltre il ponte
31 marzo 2015
Il maestro scolaro
Sulla neve ci vado di rado ma sempre di buon grado. Di rado davvero: una dozzina di volte in una decina d'anni. Sugli sci ci andavo da bambino in Trentino, poi ho interrotto per lustri e lustri e lustri, fino a quando li ho riagganciati agli scarponi per accompagnare i miei figli sulle piste. In verità, sono più loro ad accompagnare me, visto il divario tra i miei limiti e la loro abilità, acquisita fin da subito.
In questo mese ci sono stato due volte: la prima in una splendida quanto inattesa giornata di sole con tanto di famiglia riunita per l'occasione; la seconda solo io e i pargoli, pronti a sfidare le intemperie annunciate dai bollettini meteo e dal cielo, che invece poi ci ha graziati, consentendoci di godere molte ore di discese.
Un amico che incontro per lo più a tavola dal nostro anfitrione Masciu e che spesso motteggia tra le molte pietanze e libagioni, una volta ebbe a dire: "Tra tutti gli abitanti della Terra ci sono 6 gradi di separazione. Per Zu, sono 3."
Ai Piani di Bobbio, meta di queste recenti gite sciistiche, ho prenotato un'ora di lezione con un maestro della locale scuola sci. Chiacchierandoci mentre salivamo in seggiovia, mi è tornato in mente quel motteggio e la sua dose di verità nel momento in cui ci siamo resi conto di esserci già visti, più di quarant'anni fa, quando io ero piccolino piccolino e lui, Massimo S., era scolaro di mia mamma. Da lì in poi, la lezione è stata ancor più divertente, oltre che proficua. Vado sulle rosse senza ansie né paure.
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bonus: Pentangle, Will the Circle Be Unbroken
In questo mese ci sono stato due volte: la prima in una splendida quanto inattesa giornata di sole con tanto di famiglia riunita per l'occasione; la seconda solo io e i pargoli, pronti a sfidare le intemperie annunciate dai bollettini meteo e dal cielo, che invece poi ci ha graziati, consentendoci di godere molte ore di discese.
Un amico che incontro per lo più a tavola dal nostro anfitrione Masciu e che spesso motteggia tra le molte pietanze e libagioni, una volta ebbe a dire: "Tra tutti gli abitanti della Terra ci sono 6 gradi di separazione. Per Zu, sono 3."
Ai Piani di Bobbio, meta di queste recenti gite sciistiche, ho prenotato un'ora di lezione con un maestro della locale scuola sci. Chiacchierandoci mentre salivamo in seggiovia, mi è tornato in mente quel motteggio e la sua dose di verità nel momento in cui ci siamo resi conto di esserci già visti, più di quarant'anni fa, quando io ero piccolino piccolino e lui, Massimo S., era scolaro di mia mamma. Da lì in poi, la lezione è stata ancor più divertente, oltre che proficua. Vado sulle rosse senza ansie né paure.
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bonus: Pentangle, Will the Circle Be Unbroken
20 marzo 2015
Disco d'ombra
All'eclisse ho dedicato solo uno sguardo fugace, brevissimo, perché non ero attrezzato (ho usato una radiografia), ma la bellezza che m'ha strappato un "ooh" di meraviglia s'era già manifestata prima, per strada, mentre tornavo dalla ferramenta che aveva esaurito le lastre da saldatore ch'ero andato a cercare così tardivamente. Ero quasi giunto al portone quando ho sollevato un istante lo sguardo e, grazie allo schermo delle nuvole, ho potuto intravedere il disco nero dell'ombra lunare proiettata di sbieco su un sole che in quel momento, per fortuna, risultava assai pallido.
Se tento di risalire alle esperienze precedenti in tema di eclissi, scopro una memoria zoppicante: ho in mente l'immagine del cielo stellato in pieno giorno, uno stupendo brulicare delicato e transitorio di gioielli rilucenti, ma la ricordo come fosse il video d'un'altra vita, come il ricordo di un ricordo.
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bonus: Mano Negra, Salga La Luna
Se tento di risalire alle esperienze precedenti in tema di eclissi, scopro una memoria zoppicante: ho in mente l'immagine del cielo stellato in pieno giorno, uno stupendo brulicare delicato e transitorio di gioielli rilucenti, ma la ricordo come fosse il video d'un'altra vita, come il ricordo di un ricordo.
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bonus: Mano Negra, Salga La Luna
15 marzo 2015
La scardinatrice
In un pezzo di film visto mentre mangiavo il risotto in un pranzo solitario e tardivo, dopo una corsetta e una doccia parimenti tonificanti, un tizio ha un'epifania grazie al riascolto di una sonata classica. La musica lo scuote e scardinandolo contribuisce alla sua salvezza nell'umana dimensione.
Più volte ho rimarcato la potenza dispiegata dalla musica nel disarticolarci scassinando qualsiasi tenuta, nello sgusciarci lasciando a nudo l'ovale emotivo, nel disarmarci rendendoci però più forti e d'una forza più vera.
Un recente esempio è stato al funerale di zia Giulia, all'inizio del mese scorso. A un certo punto, mentre si apprestavano a issare la bara all'altezza del loculo, mia sorella mi ha bisbigliato una proposta: "Cantiamo Amazing Grace?" Le ho chiesto di accennarmi la melodia e, fermando mia nipote che già stava armeggiando col cell per cercare il testo on-line, ho acconsentito purché la modulassimo senza parole. Eravamo lì tutti e quattro, fratelli e sorelle, cosa che non capita più molto spesso. Al nostro canto muto si è unita almeno una mia nipote, che a un certo punto faceva anche la doppia voce. Era bello, si sentiva una forza promanare da non so dove, anche quando qui e là una o l'altra voce veniva a mancare, sopraffatta dall'emozione.
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Bonus: Amazing Grace
Più volte ho rimarcato la potenza dispiegata dalla musica nel disarticolarci scassinando qualsiasi tenuta, nello sgusciarci lasciando a nudo l'ovale emotivo, nel disarmarci rendendoci però più forti e d'una forza più vera.
Un recente esempio è stato al funerale di zia Giulia, all'inizio del mese scorso. A un certo punto, mentre si apprestavano a issare la bara all'altezza del loculo, mia sorella mi ha bisbigliato una proposta: "Cantiamo Amazing Grace?" Le ho chiesto di accennarmi la melodia e, fermando mia nipote che già stava armeggiando col cell per cercare il testo on-line, ho acconsentito purché la modulassimo senza parole. Eravamo lì tutti e quattro, fratelli e sorelle, cosa che non capita più molto spesso. Al nostro canto muto si è unita almeno una mia nipote, che a un certo punto faceva anche la doppia voce. Era bello, si sentiva una forza promanare da non so dove, anche quando qui e là una o l'altra voce veniva a mancare, sopraffatta dall'emozione.
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Bonus: Amazing Grace
13 marzo 2015
Parola
Alice Avallone mi ha fatto quattro domandine per il suo progetto Digitatack, dove abbina parole a storie creative. La parola che ha scelto per me è Parola.
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Alice la conobbi ch'era pischella, più di dieci anni fa, ma già allora mi fece una piccola intervista in quel di Asti.
In onore della sua città, il bonus oggi è: Sparring Partner, di Paolo Conte.
Qual è stata la prima parola in assoluto di cui ti sei innamorato?
Probabilmente qualche nome femminile. E anche per il resto, il valore affettivo delle parole dipendeva dai loro legame con la realtà. Di certo, una di quelle che pronunciavo di più tra l’infanzia e il primouso della favella era “ancòa”, quando chiedevo a mia nonna di rileggermi per l’ennesima volta la fiaba di turno, che conoscevo a memoria e che perciò doveva essere raccontata per filo e per segno, senza salti né scorciatoie.
Che cosa raccogli sul tuo blog Verba Manent?
Un po’ racconto il mio vivere; talvolta riconfeziono scatole di ricordi; in alcuni casi mi avventuro in equilibrio precario al confine con l’indicibile, nella zona in cui ogni verbalizzazione riuscita significa un insieme di sensazioni catturate alla consapevolezza e alla memoria.
È possibile insegnare a usare bene le parole?
Credo sia possibile aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di usarle.
Quali sono le parole più importanti per te in questo periodo della vita?
Respiro, condivisione, trasmettere, ascolto, vivere, ricordo/memoria, tango, musica, abbraccio.
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Alice la conobbi ch'era pischella, più di dieci anni fa, ma già allora mi fece una piccola intervista in quel di Asti.
In onore della sua città, il bonus oggi è: Sparring Partner, di Paolo Conte.
28 febbraio 2015
Una frase preziosa
Ero in sala d'attesa per un esame di controllo, poi andato bene, e al telefono raccontavo che subito dopo sarei partito per la Romagna perché era morta zia Giulia. Mi sembrava strano e non vero, come d'altronde mi sembra ancora adesso mentre lo scrivo, ma a parlarne la voce di quando in quando mi si strozzava. Alla domanda "Come ti senti?" risposi: "Eh, è un pezzo di me che se ne va."
La zia Giulia, bisogna sapere, non ha mai avuto figli e quando eravamo piccoli è stata spesso a lungo con noi. Nutriva per noi quattro nipotini un affetto forte e profondo e ce lo ammanniva miscelato con un piglio severo ma giusto, mai contestato perché coerente e chiaro. Lei e zio Aldo sono sempre state per noi figure carissime e la loro rara presenza contemporanea un motivo di festa in sé.
Parlando di un pezzo di me che se ne va, pensavo alla condivisione di antiche atmosfere nelle memorie di una persona che ti ha conosciuto e voluto bene fin dai primi vagiti. A quel punto, però, l'empatica amica con cui discorrevo mi ha regalato una frase preziosa: "Non è un pezzo di te che se ne va, è un pezzo di lei che rimane in te."
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bonus: Joni Mitchell, The Circle Game
La zia Giulia, bisogna sapere, non ha mai avuto figli e quando eravamo piccoli è stata spesso a lungo con noi. Nutriva per noi quattro nipotini un affetto forte e profondo e ce lo ammanniva miscelato con un piglio severo ma giusto, mai contestato perché coerente e chiaro. Lei e zio Aldo sono sempre state per noi figure carissime e la loro rara presenza contemporanea un motivo di festa in sé.
Parlando di un pezzo di me che se ne va, pensavo alla condivisione di antiche atmosfere nelle memorie di una persona che ti ha conosciuto e voluto bene fin dai primi vagiti. A quel punto, però, l'empatica amica con cui discorrevo mi ha regalato una frase preziosa: "Non è un pezzo di te che se ne va, è un pezzo di lei che rimane in te."
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bonus: Joni Mitchell, The Circle Game
27 febbraio 2015
Giro di
Quant'è bello condividere la soddisfazione incredula di quando a lezione un passo nuovo riesce quasi subito. Quando poi, prima o poi, riuscirai a eseguirlo davvero dentro la musica, dipingendola un pochino, almeno un pochino; quando riuscirai, con qualche tratto da amatore, ché non si parla di vere pennellate, a godertelo appieno, ecco che sentirai, e condividerai, un clic che è quasi un flash, un sentimento da cui alla fine scaturirà un sorriso complice di approvazione reciproca. Eh, perché un tango è quasi sempre meno di un giro di pista, ma qualche volta, o forse spesso, è meglio di un giro di giostra.
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bonus: Fuimos, orchestra di Osvaldo Pugliese, canta Roberto Chanel
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bonus: Fuimos, orchestra di Osvaldo Pugliese, canta Roberto Chanel
25 febbraio 2015
Passi croccanti
Correndo ripasso sul tratto di sentiero che poche settimane o forse pochi giorni fa era parzialmente coperto di neve, poso il piede dove c'era quel ghiaccio croccante capace d'insaporire il ritmo dei passi incalzanti e del respiro affannato, poso il piede e ora c'è terra umida, erba e fango. Passo e penso che la terra beve e assorbe tutto, compreso il seme schizzato sul pavimento e il detersivo occorso per lavarlo, corro e penso che la Terra beve e poi risputa tutto nell'atmosfera e di nuovo beve e riassorbe, spugna del suo vissuto, spugna del nostro piccolo vivere e dei nostri grandi ricordi. Gira e beve, e sputa e respira, gira e un po' sospira.
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bonus: Sharon Jones and the Dap Kings, This Land is Your Land
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bonus: Sharon Jones and the Dap Kings, This Land is Your Land
20 febbraio 2015
Invece di
Probabilmente sono spesso troppo ottimista o troppo ingenuo, ma la consapevolezza di ciò non mi conduce ad atteggiamenti cinici, anche laddove sta in agguato la rassegnazione, pronta a divorare come un contagio le energie fattive.
Certo le immediate conseguenze di un atteggiamento oltremodo fiducioso comprendono talvolta un certo carico di incazzature per le esagerate discrepanze tra aspettative e realtà, più di rado qualche delusione, ma più spesso succede che da apertura nasca apertura, che sorriso coltivi sorriso, che un gesto gentile innaffi fiori futuri.
Perfino in contesti improbabili, decisamente improbabili, come in quell'assemblea condominiale in cui mi sentii pronunciare un discorso conciliante e questa conclusione: "Non siamo millesimi, siamo esseri umani."
Insomma, come dice la canzone ascoltabile dal bonus sottostante: invece di sentirti triste, lasciati entrare il sole nel cuore.
P.S.: a proposito di contesti improbabili, vedi anche l'ormai antico post: Frasi da ascensore.
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bonus: Madeleine Peyroux, Instead
Certo le immediate conseguenze di un atteggiamento oltremodo fiducioso comprendono talvolta un certo carico di incazzature per le esagerate discrepanze tra aspettative e realtà, più di rado qualche delusione, ma più spesso succede che da apertura nasca apertura, che sorriso coltivi sorriso, che un gesto gentile innaffi fiori futuri.
Perfino in contesti improbabili, decisamente improbabili, come in quell'assemblea condominiale in cui mi sentii pronunciare un discorso conciliante e questa conclusione: "Non siamo millesimi, siamo esseri umani."
Insomma, come dice la canzone ascoltabile dal bonus sottostante: invece di sentirti triste, lasciati entrare il sole nel cuore.
P.S.: a proposito di contesti improbabili, vedi anche l'ormai antico post: Frasi da ascensore.
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bonus: Madeleine Peyroux, Instead
31 gennaio 2015
Un pezzettino di sé
Era un giorno di sole di un weekend di gennaio, ero solo ad aggirarmi tra lapidi e tombe nel cimitero di Galeata. Un po' mandavo saluti e sorrisi agli antenati, un po' cercavo di abbracciare con lo sguardo tre torri contemporaneamente: quella campanaria della chiesa in centro, quella medievale del palazzo del Podestà e il campanile a vela della chiesetta della Madonna dell'Umiltà. Quest'ultima era particolarmente cara alla mia nonnina e di tanto in tanto vado ad accenderle un cero, non da credente ma perché so che le avrebbe fatto più piacere di un mazzo di fiori. Comunque, mi trovavo in quel cimitero che è per me un posto speciale: oltre a essere del mio paese natale, è il luogo in cui vorrei essere sepolto quando verrà il momento, sia per un senso di compiutezza, sia perché mi piace un sacco, circondato com'è dalla vista delle colline che inconsapevolmente disegnavo da piccolo.
A un certo punto, con gli occhi tesi a sbirciare tra gli alberi nel tentativo di abbraccio architettonico descritto sopra, sono stato preso da una sorta di euforia malinconica, una coincidenza degli opposti capace di comprendere pienezza e perdita, il tutto mentre canticchiavo un motivo degli anni ottanta che allude al distacco e alla parcellizzazione modulando leggiadro: "Ogni volta che te ne vai, porti con te un pezzo di me". In effetti, pensavo, è proprio quel che succede quando muore qualcuno che ci conosceva: un pezzetto di noi se ne va. Inoltre, pensavo, in parte vale anche per i vivi, quando ci si separa proprio.
Poi, per sorte di quell'euforia malinconica di cui dicevo, m'è venuto di sentire come e quanto tale parcellizzazione sia anche una moltiplicazione. Una moltiplicazione dei riflessi, delle sfaccettature, come su una superficie d'acque mosse da piccole onde. Dalle piccole onde alle Ondine ci passa una bracciata di credulità, ma il mare del vivere si droga di soprannaturale e chi lo coglierà dentro di sé sarà fuori di sé dalla gioia, incontenibile come un'effusione di bolle più leggere dell'aria, che un attimo prima di scoppiare avranno rispecchiato le luci e i colori del mondo insieme al sorriso inebetito alimentato da un flusso che dalle piante dei piedi piantati a terra attraversando vertebre midollo carni e fluidi vari sgorgherà nel respiro d'un abbraccio allargato alla meraviglia e il bimbo sarà zuppo di gaudio per quell'unico istante in cui le tre torri si sono lasciate sfiorare dallo sguardo e dal sole, appena in tempo prima delle nuvole e dell'imminente partenza.
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bonus: Paul Young, Every time you go away
A un certo punto, con gli occhi tesi a sbirciare tra gli alberi nel tentativo di abbraccio architettonico descritto sopra, sono stato preso da una sorta di euforia malinconica, una coincidenza degli opposti capace di comprendere pienezza e perdita, il tutto mentre canticchiavo un motivo degli anni ottanta che allude al distacco e alla parcellizzazione modulando leggiadro: "Ogni volta che te ne vai, porti con te un pezzo di me". In effetti, pensavo, è proprio quel che succede quando muore qualcuno che ci conosceva: un pezzetto di noi se ne va. Inoltre, pensavo, in parte vale anche per i vivi, quando ci si separa proprio.
Poi, per sorte di quell'euforia malinconica di cui dicevo, m'è venuto di sentire come e quanto tale parcellizzazione sia anche una moltiplicazione. Una moltiplicazione dei riflessi, delle sfaccettature, come su una superficie d'acque mosse da piccole onde. Dalle piccole onde alle Ondine ci passa una bracciata di credulità, ma il mare del vivere si droga di soprannaturale e chi lo coglierà dentro di sé sarà fuori di sé dalla gioia, incontenibile come un'effusione di bolle più leggere dell'aria, che un attimo prima di scoppiare avranno rispecchiato le luci e i colori del mondo insieme al sorriso inebetito alimentato da un flusso che dalle piante dei piedi piantati a terra attraversando vertebre midollo carni e fluidi vari sgorgherà nel respiro d'un abbraccio allargato alla meraviglia e il bimbo sarà zuppo di gaudio per quell'unico istante in cui le tre torri si sono lasciate sfiorare dallo sguardo e dal sole, appena in tempo prima delle nuvole e dell'imminente partenza.
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bonus: Paul Young, Every time you go away
27 gennaio 2015
La memoria di internet
Grazie alla Wayback Machine, ho ritrovato una pagina scomparsa su degli scomparsi.
S'intitola "Ghosts of Auschwitz" (Fantasmi di Auschwitz) ed è più che mai appropriata, oggi come ieri (ho aggiornato anche i collegamenti del vecchio post).
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bonus: Paul Cantelon, Sunflowers - dalla colonna sonora di Everything Is Illuminated (Ogni cosa è illuminata)
S'intitola "Ghosts of Auschwitz" (Fantasmi di Auschwitz) ed è più che mai appropriata, oggi come ieri (ho aggiornato anche i collegamenti del vecchio post).
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bonus: Paul Cantelon, Sunflowers - dalla colonna sonora di Everything Is Illuminated (Ogni cosa è illuminata)
25 gennaio 2015
Ipsilon tango
Com'è stato bello ballare con la musica dal vivo. Com'è stato bello tornare al Tangoy, che prima della ristrutturazione ospitava anche le lezioni del mio maestro il martedì e che quindi sentivo molto familiare sebbene ancora non osassi frequentare la milonga del venerdì, inibito dalla soggezione.
Il ghiaccio l'avevo rotto lo scorso venticinque aprile. Conoscerai il meccanismo dell'orso che non guarda nella propria tana: si finisce per trascurare le opere d'arte della propria città se non accompagnando degli amici in visita per un occasionale giro turistico. Mi era successo per la pinacoteca di Brera nel 2008 e anni prima e tempo dopo per un sacco di altri luoghi di densa bellezza o di minuscola meraviglia.
Lo stesso meccanismo si applicò per quello che a torto o a ragione viene considerato il piccolo tempio del tango meneghino. Fu per accompagnarvi la selvadega che superai le mie inibizioni, anche se non totalmente la soggezione.
L'altra sera, invece, ero tranquillo e gaudente. Lieto di rivedere amicizie e conoscenze, contento della selezione operata dal musicalizador Peppo Del Fabbro prima e dopo l'esibizione orchestrale, entusiasta nel ritrovare tanguere già abbracciate e nello scoprire nuovi abbracci, ma soprattutto soddisfatto di poter ballare al suono della 3T Tango Orchestra: belle le scelte dei brani, belli gli arrangiamenti e le esecuzioni (a titolo di esempio, Desde el alma nella versione di Pugliese), ottima l'idea di strutturarli in tande, favorendo così la fruizione danzereccia.
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bonus: Carlos Gardel, Fumando Espero
Il ghiaccio l'avevo rotto lo scorso venticinque aprile. Conoscerai il meccanismo dell'orso che non guarda nella propria tana: si finisce per trascurare le opere d'arte della propria città se non accompagnando degli amici in visita per un occasionale giro turistico. Mi era successo per la pinacoteca di Brera nel 2008 e anni prima e tempo dopo per un sacco di altri luoghi di densa bellezza o di minuscola meraviglia.
Lo stesso meccanismo si applicò per quello che a torto o a ragione viene considerato il piccolo tempio del tango meneghino. Fu per accompagnarvi la selvadega che superai le mie inibizioni, anche se non totalmente la soggezione.
L'altra sera, invece, ero tranquillo e gaudente. Lieto di rivedere amicizie e conoscenze, contento della selezione operata dal musicalizador Peppo Del Fabbro prima e dopo l'esibizione orchestrale, entusiasta nel ritrovare tanguere già abbracciate e nello scoprire nuovi abbracci, ma soprattutto soddisfatto di poter ballare al suono della 3T Tango Orchestra: belle le scelte dei brani, belli gli arrangiamenti e le esecuzioni (a titolo di esempio, Desde el alma nella versione di Pugliese), ottima l'idea di strutturarli in tande, favorendo così la fruizione danzereccia.
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bonus: Carlos Gardel, Fumando Espero
16 gennaio 2015
Amarcord
Amarcord si pronuncia con la o chiusa e così domenica pomeriggio l'ho sentito pronunciare da mio zio Aldo (detto Botti, classe '28) mentre percorrendo un quasi inesistente sentierino costeggiavamo il "fosso", al secolo Rio Sasso, miniaffluente del Bidente in quel di Santa Sofia, quartiere Shanghai.
"Non sai da quanti anni non ci venivo!" e intanto i ricordi fluiscono nel racconto che inonda, forte come le acque di un tempo, l'ascolto delle generazioni successive, lì rappresentate da me e da mio figlio. "La mia mamma ci veniva a fare il bucato. Tutto intorno era pieno di orti, ché se piantavi due pomodori mangiavi qualcosa anche quando c'era la miseria. Ma la gente non se lo immagina mica, adesso."
In effetti, solo sentendolo con le mie orecchie vengo a sapere che "con le spuntature dei sigari si caricavano le pipe e i più poveretti andavano a raschiarne il fondo con uno stuzzicadenti, che poi infilavano in bocca per sentire il sapore della nicotina."
Ma è il fosso a farla da padrone nell'evocazione del passato più vivace: "Qui abbiamo imparato a nuotare... Quante battaglie! Avevano fatto anche una canzone." E me la canticchia e ci ridiamo su insieme mentre, riattraversata l'instabile passerella di legno, saliamo sul bel ponte di pietra. "Ah, quello che l'ha costruito non ha più mal di pancia." Ci metto un istante a capire il riferimento alla sua antichità e alla morte che porta via tutto.
C'è un sospiro d'aria sospesa, proprio quel miscuglio tra la pienezza dell'esserci stati e il pallore del futuro incerto, soprattutto quello delle persone più care. C'è un respiro, però, ed è quello dell'esserci e del poter ancora contare su qualche antidoto all'oblio.
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bonus: Pontebragas, Rumbablu
"Non sai da quanti anni non ci venivo!" e intanto i ricordi fluiscono nel racconto che inonda, forte come le acque di un tempo, l'ascolto delle generazioni successive, lì rappresentate da me e da mio figlio. "La mia mamma ci veniva a fare il bucato. Tutto intorno era pieno di orti, ché se piantavi due pomodori mangiavi qualcosa anche quando c'era la miseria. Ma la gente non se lo immagina mica, adesso."
In effetti, solo sentendolo con le mie orecchie vengo a sapere che "con le spuntature dei sigari si caricavano le pipe e i più poveretti andavano a raschiarne il fondo con uno stuzzicadenti, che poi infilavano in bocca per sentire il sapore della nicotina."
Ma è il fosso a farla da padrone nell'evocazione del passato più vivace: "Qui abbiamo imparato a nuotare... Quante battaglie! Avevano fatto anche una canzone." E me la canticchia e ci ridiamo su insieme mentre, riattraversata l'instabile passerella di legno, saliamo sul bel ponte di pietra. "Ah, quello che l'ha costruito non ha più mal di pancia." Ci metto un istante a capire il riferimento alla sua antichità e alla morte che porta via tutto.
C'è un sospiro d'aria sospesa, proprio quel miscuglio tra la pienezza dell'esserci stati e il pallore del futuro incerto, soprattutto quello delle persone più care. C'è un respiro, però, ed è quello dell'esserci e del poter ancora contare su qualche antidoto all'oblio.
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bonus: Pontebragas, Rumbablu
05 gennaio 2015
Come una rosa
Giornate d'un azzurro splendido si susseguono e le parole non potrebbero tener dietro alla meravigliosa e mutevole mise di questa nostra indispensabile atmosfera, dalla quale, col favore della rotazione terrestre, possiamo talora ammirare la vertiginosa indifferenza cosmica dell'illusoria volta celeste quando si tinge di blu notte.
Eppure, una volta ristabilite le proporzioni, vale la pena riportarsi alla minuzia puntolina del nostro vivere e goderne ogni possibile aspetto, a maggior ragione avendone appreso e ripassato il carattere transitorio.
Che la vita sia come una rosa dagli infiniti petali, benevoli nello schiudersi al momento giusto.
Che l'inevitabile malinconia s'inebri della scintillante gioia di esserci, o di esserci stati.
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bonus: Pino Daniele, Io vivo come te (1982)
Eppure, una volta ristabilite le proporzioni, vale la pena riportarsi alla minuzia puntolina del nostro vivere e goderne ogni possibile aspetto, a maggior ragione avendone appreso e ripassato il carattere transitorio.
Che la vita sia come una rosa dagli infiniti petali, benevoli nello schiudersi al momento giusto.
Che l'inevitabile malinconia s'inebri della scintillante gioia di esserci, o di esserci stati.
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bonus: Pino Daniele, Io vivo come te (1982)
31 dicembre 2014
Cinque, quattro, tre, due, uno...
Non affannarti troppo: c'è un sacco di gente, su questo stesso globo, che a quest'ora è già da un pezzo nel 2015!
La zucca nella zucca
L'ultima corsa del 2014 è stata questione di schivare sul terreno il ghiaccio o di farne scricchiolare a bella posta sotto i piedi la crosta. A dire il vero, è stata anche una mezz'ora di alterni pensieri contrastanti, per esempio sulla necessità di mangiare di meno e sul desiderio di farsi una pasta con la zucca appena rientrato, oppure sulla necessità di mettersi in pari con le incombenze incalzanti e sul desiderio di indulgere in svariate occupazioni mangiatempo, o ancora sui dubbi e sulle certezze, sui picchi e sulle bassezze, sull'interezza e sulla vita a spicchi, sul caffè da bere e sul macinarne i chicchi. Poi, per fortuna, c'è la doccia (abbastanza) calda.
30 dicembre 2014
Oh, ma... Capodanno?
Cosa fai a Capodanno è già di per sé una domanda imprecisa, perché in genere si intende chiedere notizie sui programmi dell'ultima sera dell'anno in corso. Manca ancora un sacco di tempo, ma credo di poter ipotizzare che domani sera, dopo aver cenato, a mezzanotte brinderò. Poi, magari, se per il resto della nottata si troverà ancora posto in qualche milonga, inizierò anche il 2015 a passo di tango (e di vals, e di milonga).
A proposito di propositi
La dieta non s'inizia col nuovo anno, né subito dopo l'Epifania.
Semmai, quando finiranno gli avanzi.
Semmai, quando finiranno gli avanzi.
27 dicembre 2014
Corsa, regali e giochi chirali
Non ho fatto in tempo a uscire sotto la neve, ma la mezz'ora corsa oggi mi permette di dire che finora l'unico allenamento saltato è stato quello del giorno di Natale, quando non ho voluto rinunciare né all'apertura dei regali in Bovisa alla mattina con la famigliola riunita per l'occasione, né alla convivialità della numerosa famiglia larga alle prese con attività primarie quali ingestione e digestione, tra l'incessante sequela di portate e vari giochi da tavolo atti a coinvolgere quasi tutti i commensali.
A proposito di regali: con la maglietta tecnica nera North Face Hybrid me paro diabbolik, ma tranquilli, senza chiavi non so entrare da nessuna parte e difatti ho dovuto accontentarmi di girare intorno a Villa Ghirlanda, avendone trovato i cancelli già chiusi.
A proposito di giochi: i più apprezzati in questi due giorni sono stati Taboo e Indomimando, quasi uno lo specchio dell'altro, e in entrambi i casi il maggior divertimento è stato per tutti quanti la partecipazione dei nonni.
A proposito di regali: con la maglietta tecnica nera North Face Hybrid me paro diabbolik, ma tranquilli, senza chiavi non so entrare da nessuna parte e difatti ho dovuto accontentarmi di girare intorno a Villa Ghirlanda, avendone trovato i cancelli già chiusi.
A proposito di giochi: i più apprezzati in questi due giorni sono stati Taboo e Indomimando, quasi uno lo specchio dell'altro, e in entrambi i casi il maggior divertimento è stato per tutti quanti la partecipazione dei nonni.
24 dicembre 2014
Buone feste in ogni caso
Sappiamo che c'era stato il dio Mitra, che si festeggiava il Sol Invictus, ecc. (vedi questo interessante e sintetico excursus al riguardo).
Tuttavia, volendo ammettere che domani sia il compleanno di Gesù, trovo crudele che l'iconografia, anziché rilanciare l'immagine di un bambinetto o di un saggio predicatore, prediliga il patimento di un essere inchiodato a una croce.
Insomma: tenere alla parete il crocifisso sembra normale perché prassi consolidata da una manciata di secoli, ma prova a immaginare un tifoso di calcio che appenda in cameretta il poster del suo idolo mentre si procura l'infortunio più grave della sua carriera!
I gusti sono gusti e se non mi metto a litigare con i fautori del panettone o del pandoro, figuriamoci se ci provo con i devoti. Tanto più che sono alle prese con la massima difficoltà del Natale: fare i pacchettini.
In ogni caso, dunque, buone feste.
Tuttavia, volendo ammettere che domani sia il compleanno di Gesù, trovo crudele che l'iconografia, anziché rilanciare l'immagine di un bambinetto o di un saggio predicatore, prediliga il patimento di un essere inchiodato a una croce.
Insomma: tenere alla parete il crocifisso sembra normale perché prassi consolidata da una manciata di secoli, ma prova a immaginare un tifoso di calcio che appenda in cameretta il poster del suo idolo mentre si procura l'infortunio più grave della sua carriera!
I gusti sono gusti e se non mi metto a litigare con i fautori del panettone o del pandoro, figuriamoci se ci provo con i devoti. Tanto più che sono alle prese con la massima difficoltà del Natale: fare i pacchettini.
In ogni caso, dunque, buone feste.
18 dicembre 2014
Ciak, si gira!
Ogni tanto, anzi spesso, formulo la domanda "Quand'è l'ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?" e ovviamente la pongo soprattutto a me stesso. Quando capita di poter rispondere affermativamente, si tratta quasi sempre di esperienze positive, che irradiano un'aura di contentezza atta ad avvolgere, almeno per un po'.
Venerdì è stata una di quelle volte e mi sono divertito un sacco. Certo, conta anche come te le racconti le cose, e se scherzosamente le pompi un pochino, pur senza perdere la consapevolezza dimensionale della realtà, ti ritrovi ad apprezzarne gioioso l'aspetto giocoso.
Dunque, venerdì è stata una di quelle volte perché per la prima volta ho fatto l'attore. La mia amica Ganga, cantante originaria di Sri Lanka, mi ha chiesto di interpretare una piccola parte nel videoclip di una sua canzone. Non dico niente sul ruolo né sulla riuscita fintanto che non avrò visto il filmato e soprattutto il risultato del montaggio, ma al di là di quei pochi secondi di apparizione futura, so già di essermi goduto l'opportunità di passare una serata assai divertente. Divertente e gustosa, visto che era cominciata con le leccornie della cucina casalinga singalese e che si è conclusa con libagioni da Milano-da-bere: nella fattispecie un classico Negroni, carico e abbondante, a cura dei baristi del locale in cui abbiamo girato un paio di scene e che per caso (o per tirarcela, evidentemente pensando già al red carpet, ai paparazzi e agli autografi) si chiama Actors' Studios Cafè.
Venerdì è stata una di quelle volte e mi sono divertito un sacco. Certo, conta anche come te le racconti le cose, e se scherzosamente le pompi un pochino, pur senza perdere la consapevolezza dimensionale della realtà, ti ritrovi ad apprezzarne gioioso l'aspetto giocoso.
Dunque, venerdì è stata una di quelle volte perché per la prima volta ho fatto l'attore. La mia amica Ganga, cantante originaria di Sri Lanka, mi ha chiesto di interpretare una piccola parte nel videoclip di una sua canzone. Non dico niente sul ruolo né sulla riuscita fintanto che non avrò visto il filmato e soprattutto il risultato del montaggio, ma al di là di quei pochi secondi di apparizione futura, so già di essermi goduto l'opportunità di passare una serata assai divertente. Divertente e gustosa, visto che era cominciata con le leccornie della cucina casalinga singalese e che si è conclusa con libagioni da Milano-da-bere: nella fattispecie un classico Negroni, carico e abbondante, a cura dei baristi del locale in cui abbiamo girato un paio di scene e che per caso (o per tirarcela, evidentemente pensando già al red carpet, ai paparazzi e agli autografi) si chiama Actors' Studios Cafè.
10 dicembre 2014
Materiale autentico
Quando insegno a chi ha bisogno di rispolverare e migliorare l'inglese che già conosce, posso permettermi di utilizzare come ausilio testi un po' più complessi dei soliti destinati agli studentelli svogliati e soprattutto posso puntare su materiale autentico, ossia scritti e discorsi reali. Esempio: il blog di Seth Godin.
Altro esempio: i video di TED, con interessanti interventi su svariati argomenti. Uno di questi, presente on-line già da qualche stagione, è The Art of Asking (L'arte di chiedere) di Amanda Palmer, completo di trascrizione e traduzione. Te lo consiglio.
Oggi mi è giunta notizia che da quell'esperienza è nato un libro con lo stesso titolo.
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bonus: avevo già menzionato Amanda Palmer per un paio di chicche musicali: * e **, oltre che per quel discorso.
Altro esempio: i video di TED, con interessanti interventi su svariati argomenti. Uno di questi, presente on-line già da qualche stagione, è The Art of Asking (L'arte di chiedere) di Amanda Palmer, completo di trascrizione e traduzione. Te lo consiglio.
Oggi mi è giunta notizia che da quell'esperienza è nato un libro con lo stesso titolo.
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bonus: avevo già menzionato Amanda Palmer per un paio di chicche musicali: * e **, oltre che per quel discorso.
09 dicembre 2014
I cinquanta
Una dozzina d'anni fa mi dicevano che i 50 son belli da vivere perché ti gusti davvero tutto a un altro livello (che poi sostanzialmente a dirlo era Enzo Baldoni nella mailing list della Zonker Zone), ma io sotto sotto pensavo fossero considerazioni autoconsolatorie.
E invece.
Invece, mentre continuano a scorrere, sono qui a dirmi che davvero non è niente male, che non m'è passata la voglia d'imparare o di migliorare, che di cose belle ne faccio e ne vivo parecchie, che il gusto e il desiderio non si sono affievoliti e nemmeno le gioie o le belle speranze.
L'altro giorno al mio amico per la pelle, neocinquantenne, ho fatto gli auguri per telefono (non è su facebook) e sono stato lieto di sentirgli dire: "Sai, sono contento di esserci." Lo conosco e so che nemmeno questa era una considerazione autoconsolatoria.
Bene. Intanto godiamocela, poi si vedrà.
E invece.
Invece, mentre continuano a scorrere, sono qui a dirmi che davvero non è niente male, che non m'è passata la voglia d'imparare o di migliorare, che di cose belle ne faccio e ne vivo parecchie, che il gusto e il desiderio non si sono affievoliti e nemmeno le gioie o le belle speranze.
L'altro giorno al mio amico per la pelle, neocinquantenne, ho fatto gli auguri per telefono (non è su facebook) e sono stato lieto di sentirgli dire: "Sai, sono contento di esserci." Lo conosco e so che nemmeno questa era una considerazione autoconsolatoria.
Bene. Intanto godiamocela, poi si vedrà.
08 dicembre 2014
Quasi nessun dolore
Nelle conversazioni di livello medio, non appena dici di aver male da qualche parte, ti suggeriscono di prendere qualcosa, in genere un farmaco a effetto immediato. Salvo i casi estremi, lo ritengo un errore: se il corpo ti vuole segnalare che qualcosa non va, lo avrà fatto attraverso le sensazioni di disagio o malessere, che vengono puntualmente ignorate, e poi sarà passato al livello successivo, quello del dolore. Spegnere la spia senza analizzare il guasto ti preclude la possibilità di affrontarlo: meglio dunque cercare di capire come porre rimedio alla fonte, anziché andare a tacitare il sintomo.
Piccolo esempio personale: la settimana scorsa mi era venuto un dolore più acuto del solito a un piede, tormentandomi fino a rovinarmi l'umore e assottigliarmi le speranze per il giorno dopo, in cui prevedevo di andare a correre e anche a ballare. Ci ho dormito su e poi, anziché ricorrere a un analgesico, mi sono preso il quarto d'ora scarso necessario a seguire gli esercizi per i piedi già sperimentati in precedenza grazie alle segnalazioni dalle mie amiche tanguere altoatesine. Oh, ha funzionato!
Piccolo esempio personale: la settimana scorsa mi era venuto un dolore più acuto del solito a un piede, tormentandomi fino a rovinarmi l'umore e assottigliarmi le speranze per il giorno dopo, in cui prevedevo di andare a correre e anche a ballare. Ci ho dormito su e poi, anziché ricorrere a un analgesico, mi sono preso il quarto d'ora scarso necessario a seguire gli esercizi per i piedi già sperimentati in precedenza grazie alle segnalazioni dalle mie amiche tanguere altoatesine. Oh, ha funzionato!
30 novembre 2014
Aria!
Esci di corsa da un parco, per esempio quello di Villa Ghirlanda, e alla prima inspirazione da marciapiede ti rendi conto della pessima qualità dell'aria che tocca respirare "normalmente". Vien quasi voglia di andare via in cerca di ossigeno, vitalità e maggior bellezza... Per esempio dalle parti delle Dolomiti, magari in Val di Fassa, stavolta.
Fare e rifare
Mancano solo due settimane a concludere il piccolo programma di allenamento e stavo per chiedere a Luigi Piazzi un consiglio su come continuare dopo, ma ho già deciso che rifarò la seconda tabella, perché voglio vedere se stavolta riuscirò a completare le corse con variazioni senza sentirmi disperato come un vitello al macello. Oggi sono uscito bardato: k-way e berretto con visiera, che proteggendo gli occhiali dalle gocce di pioggia mi ha permesso di vedere fino agli ultimissimi minuti, quando le lenti si sono del tutto appannate.
Tempo di riletture
Tempo di riletture: ho riattraversato Belleville nelle pagine di Monsieur Malaussène, che ho riletto in francese (le precedenti passeggiate risalgono al '97 e al 2001). Un libro è di certo un buon libro se alla rilettura sa farsi riscoprire e con questo è successo anche stavolta, ma per gustarlo appieno consiglio di affrontarlo solo dopo aver letto le fasi precedenti della rocambolesca saga firmata Daniel Pennac (Au bonheur des ogres, La fée carabine, La petite marchande de prose).
Tempo di riletture: nel frattempo, sto riattraversando anche i singulti spaziotemporali di Billy Pilgrim, stralunato protagonista di Slaughterhouse-5, or the Children's Crusade di Kurt Vonnegut. Se non lo conosci, ti dico solo che era un geniaccio e che i suoi libri sono spiazzanti, grotteschi, divertenti e sempre validi quanto a ispirazione. Di questo, in particolare, confermo quanto avevo già detto in Letture e riletture.
Se pensi che sia un peccato rileggere quando c'è tanto da leggere (tanto di nuovo o tanti buchi da colmare), ti ho già risposto qui.
Tempo di riletture: nel frattempo, sto riattraversando anche i singulti spaziotemporali di Billy Pilgrim, stralunato protagonista di Slaughterhouse-5, or the Children's Crusade di Kurt Vonnegut. Se non lo conosci, ti dico solo che era un geniaccio e che i suoi libri sono spiazzanti, grotteschi, divertenti e sempre validi quanto a ispirazione. Di questo, in particolare, confermo quanto avevo già detto in Letture e riletture.
Se pensi che sia un peccato rileggere quando c'è tanto da leggere (tanto di nuovo o tanti buchi da colmare), ti ho già risposto qui.
28 novembre 2014
Leaving significa partire o lasciare
Dal barbiere ieri si ascoltava John Denver. Mentre Daniele mi accorciava la scarna capigliatura, ho chiuso gli occhi nel sorriso sulle note di Leaving On A Jet Plane. A brano terminato, gli ho detto che ne apprezzo molto la versione di Peter, Paul & Mary, ma che la prima volta la sentii eseguita benissimo e con il giusto trasporto da Janice Hunter, una scozzese che faceva pratica come giovanissima insegnante a Hastings nel 1981 (la conobbi frequentando le free lessons della International House e le serate che organizzavano per noi studentelli, but I still remember when we bumped into each other at Victoria Bus Station that morning). Sappiamo quanto sia potente la musica nel far tracimare i ricordi e come sappia addolcire di graziosità e bellezza le lievi e innocue malinconie. Questo brano riassume il senso del distacco nel testo, ma lo sa anche accarezzare, specialmente con l'ingenua ondeggiante purezza di miscelazioni vocali come queste.
27 novembre 2014
Per rendere grazie
Poiché siamo in zona Thanksgiving Day, ecco una ricetta particolare che mi fece ridere per la prima volta a inizio secolo: il tacchino al whisky. La dedico soprattutto ai ragazzi e alle ragazze dei settori Ristorazione e Sala/Bar della scuola ASP Mazzini, che stasera a Villa Ghirlanda ci hanno deliziati con manicaretti salati e dolci e libagioni varie, regalandoci una preserata festosa, tra sorrisi e chiacchiere e molti brindisi.
Ricetta del tacchino al whisky
Ingredienti: un tacchino di circa 5 chili per 6 persone e una bottiglia di whisky; sale, pepe, olio d'oliva e lardo.
Lardellare il tacchino, cucirlo, aggiungere sale e pepe e un filo d'olio. Scaldare il forno a 250 gradi per circa 10 minuti. Nell'attesa, versarsi un bicchiere di whisky.
Mettere in forno il tacchino su un piatto di cottura. Versarsi due bicchieri di whisky.
Bettere il dermosdado a 300 gradi ber 20 minuti. Versciarsci dre bicchieri di whisky.
Dopo una messci'ora, aprire il forno della porta e sciorvegliare la bollitura del tacchetto. Brendere la vottiglia di vishschi e infilarscene una bella golata nel gargarozzo.
Dopo un'altra bezz'ola, trascinarsci verscio il forno, spalancare quella ssstupida porta e ributtare, no, rimirare... Oh, insomma, mettere la gallina nell'altro verscio.
Uscitionarsci la mano con la caxxo di porta e chiuderla, porca zozza.
Cercare di scedersci su una cavolo di scedia e verssarsci un uissski di bikkiere... o il co-contrario, non scio' più.
Nuocere... no, suocere... no cuocere no, ah sì, cuocere l'animale be due ore. Eh hop! Un bicchierino! Sciempre gradito.
Levare il forno dal dacchino. Rimboccarsi un po' di wisdky.
Cercare di nuovo di estrarre il taachiino, perché la prima volta no ci sciamo riusciti.
Raccogliere il facchino caduto sul pavimento. Pulirlo con uno schifo di straccio e sbatterlo su un gatto, un matto, un piatto. Ma chissenefrega.
Spaccarsi la faccia per via del grasso rimasto sul soffitto, sul pavimento della cugina e cercare di rialsarsi.
Decidere che si sta meglio tutti giù per terra, ridere di pancia e finire la bottiglia di vhiskyo.
Arrambicarsi sul letto e dorbire dudda la notche.
Mangiare il tacchino freddo con la maionese l'indomani mattina e per il resto della giornata ripulire il bordello fatto in cucina.
26 novembre 2014
Un imperscrutabile miscuglio
Allacciarsi a vicenda, intrecciarsi, connettersi, collegarsi, stabilire contatti, tirare fili sottili, stendere nastri bianchi da un'individualità all'altra sono tutte azioni che per funzionare devono poter contare su due parti di volontà, una di casualità e tre o quattro di un imperscrutabile miscuglio comprendente dosi variabili di compatibilità, diversità, affinità, mutua e muta comprensione e capacità di reciproca lettura. Quest'ultimo ingrediente consiste nell'esposizione codificata di proprie sfaccettature allo sguardo altrui, inopinatamente in grado di capire e farci capire più di quanto non sapessimo già. Da lì, credo, anche da lì, scaturisce il nutrimento per l'evoluzione personale. Chiamala empatia, se vuoi, però speziata d'amore. Un sapore che lascerà assetati, ma di una sete che saprà dove e come ritrovare l'abbeveratoio.
25 novembre 2014
Tempo contato
Per una serie di circostanze ero rimasto un'intera settimana senza tango. Senza ci si può stare, certo, però è molto meglio non doverne fare a meno. Stasera sono tornato a lezione, prestandomi volentieri per una tanguera del quarto corso, e ne sono lieto. Ne sono lieto anche le volte in cui so di sottrarre ore al sonno necessario, ma si sa che quasi sempre è proprio lui la prima vittima delle cose più divertenti, quelle che magari si relegano in orari improbabili pur di non tralasciarle.
Com'è difficile prendersi il tempo per fare tutto, com'è arduo rispettare i propri limiti per non mettere a repentaglio la lucidità il mattino dopo, com'è complicato trasmettere un pizzico di saggezza nelle istruzioni per l'uso del quotidiano vivere che si vorrebbero consegnare ai figli o più in generale alle generazioni successive. Tutto si gioca sull'equilibrio, come nel tango, ed è tutt'altro che facile.
Com'è difficile prendersi il tempo per fare tutto, com'è arduo rispettare i propri limiti per non mettere a repentaglio la lucidità il mattino dopo, com'è complicato trasmettere un pizzico di saggezza nelle istruzioni per l'uso del quotidiano vivere che si vorrebbero consegnare ai figli o più in generale alle generazioni successive. Tutto si gioca sull'equilibrio, come nel tango, ed è tutt'altro che facile.
13 novembre 2014
Dieci più dieci più dieci come da tabella
Dieci minuti di corsa lenta e lo sguardo si posa intorno pacifico sul paesaggio e sui bei colori, oh che belli i colori di novembre, aveva proprio ragione Sphera; colori ancor più belli dopo la tempesta, goduti a cuore grato per l'insperata tenuta meteorologica.
Dieci minuti scanditi dall'affanno, lunghi come una tortura, dieci minuti di corsa in progressione che fanno regredire qualsiasi desiderio diverso da quello di fermarsi; come ricordava Beggi, però, chi corre non molla e allora si procede, si resiste, ci si ricorda che è questione di rompere il fiato prima di rompersi i coglioni e con fatica si giunge al minitraguardo cronologico.
Dieci minuti di corsa lenta ed è come resuscitare, ma dolorosamente e piano piano, senza la bacchetta magica, la magic wand che si pronuncia /wɒnd/, mannaggia a me che l'altra settimana ho sbagliato a pronunciarla davanti a una discente; poi alla fine arriva la bellezza vera, quella condita da soddisfazione mentre parecchi decilitri di sudore esondano durante lo stretching conclusivo.
Dieci minuti scanditi dall'affanno, lunghi come una tortura, dieci minuti di corsa in progressione che fanno regredire qualsiasi desiderio diverso da quello di fermarsi; come ricordava Beggi, però, chi corre non molla e allora si procede, si resiste, ci si ricorda che è questione di rompere il fiato prima di rompersi i coglioni e con fatica si giunge al minitraguardo cronologico.
Dieci minuti di corsa lenta ed è come resuscitare, ma dolorosamente e piano piano, senza la bacchetta magica, la magic wand che si pronuncia /wɒnd/, mannaggia a me che l'altra settimana ho sbagliato a pronunciarla davanti a una discente; poi alla fine arriva la bellezza vera, quella condita da soddisfazione mentre parecchi decilitri di sudore esondano durante lo stretching conclusivo.
08 novembre 2014
Relatività globale
Che tu stia correndo verso il tramonto o verso l'alba dipende dalla lunghezza e dalla circolarità del tuo sguardo.
01 novembre 2014
Cala novembre ma come un asso
Ho iniziato il mese concludendo la decima settimana del piccolo programma di allenamento. Mi trovavo a Seregno per dare lezioni di matematica a un discalculico (dicono mi riescano queste cose perché sono empatico, anche se mai lo sarò a livello di certe peggissime-meglissime di mia conoscenza) e sono andato a correre dietro casa dei miei genitori. Avendo dimenticato il cronometro meidinciàina acquistato da decathlon a meno di otto euro, mi sono fatto prestare l'orologio da polso da mio padre per regolarmi sui trenta minuti richiesti. In suddetto tempo, una volta oltrepassato il muro d'aria friccicante sotto i piloni dell'elettricità, mi sono goduto le stradine di campagna del Parco Brianza Centrale, con la presenza di un cospicuo gregge di pecore, un paio di pescatori che inspiegabilmente uscivano da un campo di granturco già trebbiato, alcuni appassionati di aeromodellismo che inizialmente m'avevano fatto illudere sulla presenza di un grosso volatile a poche decine di metri dal suolo, sole, luna, scie di condensazione a decorare di bianco l'azzurro celeste, quasi come la bandiera della Scozia. Poi, dopo un'indispensabile doccia, ho portato mia madre in gelateria e quindi mi sono dovuto sacrificare, optando nell'occasione per un nuovo abbinamento, caco bio e cannella di Ceylon, che m'ha soddisfatto anche stavolta. Un gelato colto dall'albero giusto in tempo, prima della chiusura stagionale che durerà per ben un mese.
31 ottobre 2014
Inghirlandandosi
A Villa Ghirlanda ci andai la prima volta per il matrimonio di mia sorella. In seguito, ci portai mia figlia piccolina a vedere uno spettacolo di burattini. Non immaginavo che, parecchi anni dopo, a Cinisello Balsamo ci sarei venuto a vivere.
Nel parco di Villa Ghirlanda, in questi anni, ho fatto tante passeggiate: familiari, romantiche, meditative... e negli ultimi mesi, più di qualche corsetta. All'interno della Villa non avevo messo più piede da quando la biblioteca comunale si traferì al Pertini. Stasera invece ci tornerò, a ballare tango, yuhu!
Nel parco di Villa Ghirlanda, in questi anni, ho fatto tante passeggiate: familiari, romantiche, meditative... e negli ultimi mesi, più di qualche corsetta. All'interno della Villa non avevo messo più piede da quando la biblioteca comunale si traferì al Pertini. Stasera invece ci tornerò, a ballare tango, yuhu!
Só tozèro
Purdi nonpa tir efrédo
iomamman terodi te
Gambebra cinùnin trecio
che piustre tonon cenè
Nomipia cima cigodo
notipia ciopur seiqui
Purdi nonpa tir efrédo
noicia brace remco sì!
iomamman terodi te
Gambebra cinùnin trecio
che piustre tonon cenè
Nomipia cima cigodo
notipia ciopur seiqui
Purdi nonpa tir efrédo
noicia brace remco sì!
30 ottobre 2014
Sumo
Ciccioni e mostri sacri, mangiano quattordici volte più di te. Lottano grossi e forti: in meno di un minuto staranno in cielo o in terra.
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Scritto su sollecitazione di Simone Righini. Ho usato twitter per limitare in automatico il numero di battute.
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Scritto su sollecitazione di Simone Righini. Ho usato twitter per limitare in automatico il numero di battute.
Apri grande!
Per quanto grande sia il tuo abbraccio, qualcuno ne resterà escluso*. Tienilo a mente onde evitare la frustrazione di non poter essere dappertutto e dotato d'un'ubiquità sentimentale trasmissibile in contemporanea a reti diversificate. Scelte, scelte, scelte: microscelte, quelle di ciascun singolo istante durante una festa, per esempio, o quelle delle piccole decisioni sui programmi quotidiani o settimanali; grandi scelte, quelle di ogni piccola o grande svolta nel percorso della vita, lineare o arzigogolato che sia; scelte che potranno essere definitive o revocabili, ma non senza lasciare in ogni caso segni e conseguenze. Tienilo a mente, dunque, ma non tenere il tuo abbraccio per te: continua ad aprirlo e aprilo grande. Come diceva una dentista chissà quanto tempo fa: Apri grande!
* autocit. da twitter
* autocit. da twitter
Cornacchie
Tra una pennellata e l'altra, l'imbianchino appassionato di ornitologia mi disse che da queste parti le cornacchie stanno distruggendo le altre specie di uccelli, perché spadroneggiano e si mangiano le uova dai nidi altrui. A quanto vedo girando per il parco Nord, direi che potrebbe aver ragione: sono davvero tante, numerose e grosse, mentre altri uccellini non si vedono che raramente.
Più che un piumaggio pare una livrea la loro, severa fino quasi alla minaccia. Finora però al mio passaggio s'allontanano e non cercano di mangiarmi le scarpe, sebbene a parer mio percepiscano in qualche modo i miei pregiudizi nei loro confronti.
Più che un piumaggio pare una livrea la loro, severa fino quasi alla minaccia. Finora però al mio passaggio s'allontanano e non cercano di mangiarmi le scarpe, sebbene a parer mio percepiscano in qualche modo i miei pregiudizi nei loro confronti.
21 ottobre 2014
Un sentire elevato a potenza
Ci sono momenti in cui ti godi tutto quanto, momenti in cui la densità del vivere pesa d'una pienezza profumata di colori e musica, momenti in cui la gioia si fa euforica fino a traboccare da un sorriso che prende tutta la faccia e ti espande il torace.
Ci pensavo l'altro giorno in auto, a uno di quei momenti. Anzi: ci pensavo ancor prima di salirci, mentre ipotizzavo di metter su il CD di Paolo Conte, ovvero una raccolta contenente Bartali. Più che pensarci, in verità, m'era esplosa tra le note giocosa l'associazione d'idee capace di riportarmi di botto al giorno del mio cinquantunesimo compleanno, quando, a conclusione della splendida gita montana, riscendevo in auto, a equipaggio completo, i venti e passa tornanti del Pordoi, con l'accompagnamento del garbato e sguaiato artista astigiano.
Quella volta, il godimento si moltiplicò grazie alla compagnia, non solo perché in generale la condivisione raddoppia il piacere (vedi l'intestazione qui sopra), ma perché, in effetti, quando capita di goderti qualcosa al cospetto di qualcuno che ti conosce veramente, quando sai che la tua euforia verrà compresa appieno, è come se il sentire si elevasse a potenza, rimbalzando e balzando contento di essere riconosciuto.
È questo che, una volta verbalizzato, l'altro giorno ho comunicato telefonicamente al mio amico Alberto, che faceva parte del suddetto equipaggio. Per farlo, ho rinunciato a riascoltare il CD, ma ne è valsa la pena, giacché ancora una volta la condivisione era stata prodiga di piacere e di mutua contentezza. Tanto più che per un riascolto basta un clic su un link di poche righe fa.
Ci pensavo l'altro giorno in auto, a uno di quei momenti. Anzi: ci pensavo ancor prima di salirci, mentre ipotizzavo di metter su il CD di Paolo Conte, ovvero una raccolta contenente Bartali. Più che pensarci, in verità, m'era esplosa tra le note giocosa l'associazione d'idee capace di riportarmi di botto al giorno del mio cinquantunesimo compleanno, quando, a conclusione della splendida gita montana, riscendevo in auto, a equipaggio completo, i venti e passa tornanti del Pordoi, con l'accompagnamento del garbato e sguaiato artista astigiano.
Quella volta, il godimento si moltiplicò grazie alla compagnia, non solo perché in generale la condivisione raddoppia il piacere (vedi l'intestazione qui sopra), ma perché, in effetti, quando capita di goderti qualcosa al cospetto di qualcuno che ti conosce veramente, quando sai che la tua euforia verrà compresa appieno, è come se il sentire si elevasse a potenza, rimbalzando e balzando contento di essere riconosciuto.
È questo che, una volta verbalizzato, l'altro giorno ho comunicato telefonicamente al mio amico Alberto, che faceva parte del suddetto equipaggio. Per farlo, ho rinunciato a riascoltare il CD, ma ne è valsa la pena, giacché ancora una volta la condivisione era stata prodiga di piacere e di mutua contentezza. Tanto più che per un riascolto basta un clic su un link di poche righe fa.
15 ottobre 2014
Uno e un solo gelato
Ho mangiato un gelato, domenica. Non so da quanto tempo non lo facevo, anzi, lo so benissimo: da oltre due mesi, perché l'ultimo l'avevo mangiato a Galeata verso la fine di luglio e poi, al termine di quella vacanza itinerante, mi ero imposto uno stop ai dolci, stop rispettato per due mesi pieni, fatte salve un paio di eccezioni per eccezionali tagli di torta da occasione speciale.
Ho mangiato un gelato, dicevo, ma in verità me lo sono proprio goduto, anzi: l'ho pregustato, fin dal momento in cui ho deciso di appropinquarmi a una delle mie gelaterie preferite in assoluto. Una gelateria da poesia pura: sta L'albero dei gelati in quel di Seregno, zona Santa Valeria, e fa frutti freddi e buoni.
Sapevo prima di entrare che avrei preso uno e un solo gelato, e che il gesto non avrebbe dato la stura a un'insaziabile valanga dominata dalla gola, giacché mi sarei contenuto, limitandomi a una saggia sporadicità. Così, consapevole della rarità che rivaluta l'indulgere, ho occhieggiato i gusti disponibili, ho scelto il fico d'India, ho soppesato le varie possibilità di abbinamento e, orfano del gusto mirto che m'avrebbe riportato dritto dritto a Su Nuraghe, ho optato per un cioccolato con rum e amarene, giudicato previo assaggio partner ideale da accostare alla dolcezza straripante del ficodindia, in quanto dotato della giusta forza da opporre a contrasto gustativo.
Uscito sul piazzale, l'ho degustato in silenzio estatico, con tale trasporto e piacere esplicito che avrebbero dovuto pagarmi come propagandista. Non faccio per dire: un astante a me ignoto, dopo la mia esibizione, ha commentato complice: "Va giù bene, eh?"
Ho mangiato un gelato, dicevo, ma in verità me lo sono proprio goduto, anzi: l'ho pregustato, fin dal momento in cui ho deciso di appropinquarmi a una delle mie gelaterie preferite in assoluto. Una gelateria da poesia pura: sta L'albero dei gelati in quel di Seregno, zona Santa Valeria, e fa frutti freddi e buoni.
Sapevo prima di entrare che avrei preso uno e un solo gelato, e che il gesto non avrebbe dato la stura a un'insaziabile valanga dominata dalla gola, giacché mi sarei contenuto, limitandomi a una saggia sporadicità. Così, consapevole della rarità che rivaluta l'indulgere, ho occhieggiato i gusti disponibili, ho scelto il fico d'India, ho soppesato le varie possibilità di abbinamento e, orfano del gusto mirto che m'avrebbe riportato dritto dritto a Su Nuraghe, ho optato per un cioccolato con rum e amarene, giudicato previo assaggio partner ideale da accostare alla dolcezza straripante del ficodindia, in quanto dotato della giusta forza da opporre a contrasto gustativo.
Uscito sul piazzale, l'ho degustato in silenzio estatico, con tale trasporto e piacere esplicito che avrebbero dovuto pagarmi come propagandista. Non faccio per dire: un astante a me ignoto, dopo la mia esibizione, ha commentato complice: "Va giù bene, eh?"
09 ottobre 2014
Corsa bagnata
L'altro giorno sono andato per la prima volta a correre sotto la pioggia. Pioggia... via: pioggerellina. Una pioggia sottile, quasi trascurabile inizialmente - anche perché diversa da quella sottilissima dei Paesi Baschi, capace di intriderti completamente prima che tu te ne accorga - poi però, una volta dentro i vialetti alberati, la sento prendere corpo. È il rumore sulle foglie che la amplifica, mentre nei tratti a cielo aperto le gocce non hanno mutato numero né dimensione. Poco dopo, è indistinguibile dai rivoli di sudore sulla pelle e alla fine l'unico segno lasciato è qualche schizzo di fango sui calzini di spugna. Il segno interiore, invece, è la piccola soddisfazione di non aver saltato l'appuntamento con il modesto ma costante programma di allenamento.
06 ottobre 2014
Giù il cappello
Dopo la cena, l'uomo si tolse il cappello, segno distintivo di quell'estemporaneo ritrovo conviviale per le vie della città, lo posò sul tavolinetto e cominciò a raccontare:
Anni fa biasimavo e disprezzavo il marito di una mia amante, che la trascurava sessualmente e se ne andava a correre. Lei era più che avvenente e molto desiderosa, una femmina decisamente irresistibile, eppure lui non rispondeva quasi mai ai suoi richiami. Tuttora lo biasimo, intendiamoci, per avere sprecato tutto quel ben di dio e le decine di orgasmi che lei non poteva impedirsi di regalare una volta che si sentiva carnalmente bramata, però su una cosa lo capisco: non si può rispondere a quei richiami prima di andare a correre, perché poi non se ne troverebbe più la forza di volontà necessaria. Dopo, però, bisogna rimediare, a lungo e con tutta la passione.Ciò detto, si rimise in testa il cappello, si alzò e, presa sotto il braccio la sua sedia pieghevole, se ne andò a lunghi passi. Lo seguii con lo sguardo fino a quando si fece ingoiare dall'entrata del metrò, linea verde, insieme a tanti altri sconosciuti commensali. Rimasi per un bel po' a fissare il nulla, perso nei pensieri, perché le sue parole mi avevano rammentato che anni fa biasimavo e disprezzavo il marito di una mia amante, che la trascurava sessualmente, al contrario di quanto le accadeva con me. Poi mi riscossi, e me ne andai a ballare.
30 settembre 2014
Imperlarsi
Ho sudato correndo e ho sudato ancora di più quando ho finito di correre. Poi ho sudato ballando e ho sudato ancora di più quando ho finito di ballare. Dimostrano che il sudore non è solo simbolo di fatica, questi due bei modi di sudare; quasi quanto i casi in cui sudore potrebbe far rima con cuore e amore, mescolandosi gaudente ai versi d'una canzone antica.
Dell'eccessiva sbrigatività
Ci sono dei tempi per ogni cosa, dei tempi da rispettare con pazienza anche quando viene da mordere il freno. In certi casi si prende una scorciatoia credendo di fare prima, ma il risultato è di rendere la via più aspra, un po' come quando in montagna viene la tentazione di tagliare anziché seguire il sentiero a zig zag in una salita erta o su un ghiaione: i pochi metri guadagnati appesantiscono le gambe e finiscono col rallentare i passi successivi, per cui aumenta la fatica senza che si riduca il tempo del percorso.
29 settembre 2014
Un numero finito
Quante albe, quanti tramonti si vedranno ancora? Sapere che, comunque sia, si tratta di un numero finito, che effetto fa?
E lo stesso può dirsi, che so, dei baci o dei tuffi, dei pranzetti succulenti o delle buone letture, delle chiacchierate in pienezza e delle sane e sonore risate, dei sospiri e dei sorrisi, dei balli più appassionanti e dei migliori ascolti musicali.
Il fatto che in ogni caso si tratti di un numero finito non dovrà portare malinconie o rammarichi, bensì l'intensificarsi del gusto, perché la coscienza della fuggevolezza del vivere ne sappia incrementare la preziosità. Scheggia di tempo grande gemma.
E lo stesso può dirsi, che so, dei baci o dei tuffi, dei pranzetti succulenti o delle buone letture, delle chiacchierate in pienezza e delle sane e sonore risate, dei sospiri e dei sorrisi, dei balli più appassionanti e dei migliori ascolti musicali.
Il fatto che in ogni caso si tratti di un numero finito non dovrà portare malinconie o rammarichi, bensì l'intensificarsi del gusto, perché la coscienza della fuggevolezza del vivere ne sappia incrementare la preziosità. Scheggia di tempo grande gemma.
Cambio di stagione
Il cambio di stagione per me si è concretizzato nella necessità avvertita di indossare una maglietta tecnica per andare a corricchiare dopo il tramonto. L'avevo comprata quest'estate su una bancarella a Castello di Fiemme e in effetti, oltre a fare le veci del "gipunin" grazie alla sua capacità termica, ha la proprietà di far fuoriuscire il sudore, lasciando la pelle pressoché asciutta. L'ho indossata sotto la polo perché, essendo aderentissima, al momento sarebbe un poco imbarazzante esibirla, visto che la tartaruga non si è ancora ripresa del tutto dal rovesciamento.
28 settembre 2014
Aghi di lago
Fredda, fredda, fredda fredda l'acqua, ma più che il suo rigore, a dar freddo era la consapevolezza che una volta uscito, il sole non sarebbe stato quello in grado di scaldare davvero. La circolazione però si riattiva, l'energia scorre ovunque sull'epidermide e più addentro, accompagnandosi al compiacimento di non aver rinunciato nemmeno in principio d'autunno all'ennesimo bagno lacustre di questi ultimi mesi. Orta, Garda, Lecco sono i nomi delle acque di lago da cui mi sono lasciato battezzare quest'anno. Nascere e rinascere così non è poi tanto faticoso, nascere e rinascere per modo di dire, ché siamo ben lontani dalla combinazione ctrl-alt-canc (come, peraltro, lontana assai è la capacità di nutrirsi di luce, sebbene tutte quelle piante siano lì a dare l'esempio).
25 settembre 2014
Un magnifico pomeriggio
Che il tempo, nel senso del meteo, quest'estate sia stato così così non occorre sottolinearlo.
In Val di Fiemme, bella e cara, nel senso dell'affetto, persino a Ferragosto la giornata iniziò con una robusta precipitazione. I posti all'agriturismo però li avevamo già prenotati, non certo per l'insana voglia di uscire a pranzo proprio a Ferragosto, ma per festeggiare tutti insieme i diciott'anni di Chiara, nipote nata sei giorni dopo la mia primogenita. Posti in veranda, per fortuna veranda coperta, e pranzo tipico della tradizione culinaria trentina, come sempre lì a Salanzada. In otto a tavola, sapevamo bene come riempire i tempi di attesa: due mazzi di carte napoletane e via con sfide a tressette, scopone e briscola.
Poi, dopo il caffè e varie amenità (non per me, che continuo ad astenermi dai dolci), si sente spiovere e propongo di andare a sgranchirci le gambe. Raccoglie l'invito metà dei convitati e, tra questi, solo mia sorella Teresa e mio figlio Lorenzo mi imitano indossando gli scarponi. Ottimisti, visto il tempo, o semplicemente per evitare di sporcare le scarpe di fango.
Prendiamo, noi tre, la stradina verso Tabià, con una cautela quasi rassegnata che però si trasforma in apprezzamento via via più acceso, fino a sfiorare un'euforia stupefatta per come il cielo decide di premiarci, cromaticamente e climaticamente, accompagnandoci con meravigliosa radiosità. Meravigliati proseguiamo oltre e tocchiamo la magia quando attraversando un bosco e il suo ruscelletto cogliamo mille gioielli tra i rami e le cime delle altissime conifere d'intorno, grazie ai riflessi dei raggi solari.
Inoltre, arrivati al ponte delle Brustolaie, consultiamo la cartina esposta e notiamo che quella parte della valle, che abbiamo sempre un po' trascurato, saltandola a piè pari grazie alla funivia del Cermis, è molto più ricca e complessa (in effetti, è un insieme di altre valli) di quanto potessimo immaginare e ci ripromettiamo di esplorarla meglio in una prossima occasione.
Da entusiasta ribadisco che il mondo è bello, a parte le zanzare, come la maledetta che, porco qui e porco lì, mi ha martoriato piedi e caviglie mentre scrivevo questo post.
In Val di Fiemme, bella e cara, nel senso dell'affetto, persino a Ferragosto la giornata iniziò con una robusta precipitazione. I posti all'agriturismo però li avevamo già prenotati, non certo per l'insana voglia di uscire a pranzo proprio a Ferragosto, ma per festeggiare tutti insieme i diciott'anni di Chiara, nipote nata sei giorni dopo la mia primogenita. Posti in veranda, per fortuna veranda coperta, e pranzo tipico della tradizione culinaria trentina, come sempre lì a Salanzada. In otto a tavola, sapevamo bene come riempire i tempi di attesa: due mazzi di carte napoletane e via con sfide a tressette, scopone e briscola.
Poi, dopo il caffè e varie amenità (non per me, che continuo ad astenermi dai dolci), si sente spiovere e propongo di andare a sgranchirci le gambe. Raccoglie l'invito metà dei convitati e, tra questi, solo mia sorella Teresa e mio figlio Lorenzo mi imitano indossando gli scarponi. Ottimisti, visto il tempo, o semplicemente per evitare di sporcare le scarpe di fango.
Prendiamo, noi tre, la stradina verso Tabià, con una cautela quasi rassegnata che però si trasforma in apprezzamento via via più acceso, fino a sfiorare un'euforia stupefatta per come il cielo decide di premiarci, cromaticamente e climaticamente, accompagnandoci con meravigliosa radiosità. Meravigliati proseguiamo oltre e tocchiamo la magia quando attraversando un bosco e il suo ruscelletto cogliamo mille gioielli tra i rami e le cime delle altissime conifere d'intorno, grazie ai riflessi dei raggi solari.
Inoltre, arrivati al ponte delle Brustolaie, consultiamo la cartina esposta e notiamo che quella parte della valle, che abbiamo sempre un po' trascurato, saltandola a piè pari grazie alla funivia del Cermis, è molto più ricca e complessa (in effetti, è un insieme di altre valli) di quanto potessimo immaginare e ci ripromettiamo di esplorarla meglio in una prossima occasione.
Da entusiasta ribadisco che il mondo è bello, a parte le zanzare, come la maledetta che, porco qui e porco lì, mi ha martoriato piedi e caviglie mentre scrivevo questo post.
24 settembre 2014
Perle
Leggendo in metrò il libro di Alessandro Robecchi incappo in una considerazione sugli obitori e mi viene in mente che una volta ci sono stato davvero in un obitorio.
L'avevo dimenticato, ma in un lampo me lo sono rivisto: entrai per un saluto e la mia amica era là, biancaneve bionda sotto vetro, bella sempre e comunque, con gli occhi azzurri che indovinavo dietro le palpebre chiuse. Eravamo a fine secolo, nella prima metà di dicembre. Pochi giorni prima avevo fatto in tempo a salutarla dal vivo, beccando per caso il momento nelle poche ore del suo risveglio dal coma epatico nel quale poi risprofondò per pochi ultimi giorni.
Quando la cronologia delle memorie può sovrapporsi liberamente, svincolata da qualsiasi consecutio, ogni istante diventa perla unica e fluttuante, tempo fuori dal tempo. Proprio come succede ai momenti belli che ci prendiamo il lusso di vivere e di custodire, stampigliati nel sorriso ossigenante dell'essere intero.
L'avevo dimenticato, ma in un lampo me lo sono rivisto: entrai per un saluto e la mia amica era là, biancaneve bionda sotto vetro, bella sempre e comunque, con gli occhi azzurri che indovinavo dietro le palpebre chiuse. Eravamo a fine secolo, nella prima metà di dicembre. Pochi giorni prima avevo fatto in tempo a salutarla dal vivo, beccando per caso il momento nelle poche ore del suo risveglio dal coma epatico nel quale poi risprofondò per pochi ultimi giorni.
Quando la cronologia delle memorie può sovrapporsi liberamente, svincolata da qualsiasi consecutio, ogni istante diventa perla unica e fluttuante, tempo fuori dal tempo. Proprio come succede ai momenti belli che ci prendiamo il lusso di vivere e di custodire, stampigliati nel sorriso ossigenante dell'essere intero.
22 settembre 2014
Mosaici
A ogni tocco e a ogni abbraccio, a ogni sguardo corrisposto, a ogni parola scambiata, sospiro condiviso, risata moltiplicata, hai dato e ricevuto, dato e ricevuto un pezzettino di te agli altri e un pezzettino degli altri a te, sì, e a ogni passo e a ogni salto, a ogni dettaglio da incanto, a ogni ruscello ascoltato, respiro rapito, paesaggio sconfinato, hai dato e ricevuto, dato e ricevuto un pezzettino di te al mondo e un pezzettino di mondo a te. Questo sei, anche questo, tra l'altro.
21 settembre 2014
Ombre e luci
Avendo notato che ogni volta mi facevano male i piedi la mattina dopo aver corso senza plantari correttivi, stamane per la prima volta li ho usati. All'inizio, i piedi mi facevano male mentre correvo, poi il fastidio è sparito ed è andato tutto bene, tranne il fatto che al sesto minuto ho preso una storta. Assorbendo il dolore ho ricominciato piano piano e mi sono ripreso, traendo profitto dall'andatura ridotta per guardarmi meglio intorno: dagli squarci di luce tra le fronde e le frasche di Villa Ghirlanda filtravano raggi che coloravano le ombre d'un brillare tale da far rilucere le foglie, dando nuove profondità al sottobosco. Una gioielleria naturale in quattro dimensioni: quella del tempo mi ha riportato addirittura a un magnifico pomeriggio trentino, quello di Ferragosto, che però va raccontato a parte. Buonanotte.
20 settembre 2014
È un tempo selvaggio
Inverti le due cifre dell'età e ti ritrovi di nuovo ad ascoltare i Jefferson Airplane in cuffia al buio. Non sarà necessario alzarsi a girare il vinile giacché si attinge alla rete là fuori e questa è una prima differenza. Un'altra è la leggerezza delle cuffie. Quella fondamentale, però, è il fatto di non essere sdraiato sul letto e che il buio non sia totale, per colpa del biancore dello schermo. Sull'aeroplano della West Coast, carico fin dall'esordio ma capace di cullare, il tempo è scritto con la ipsilon. Inverti le due cifre dell'età, e la cautela sarà di non disturbare il sonno della prole anziché dei genitori, ritrovandoti ad ascoltare musica in cuffia al buio.
31 agosto 2014
Insegnanti
Domani il primo collegio docenti della prossima stagione scolastica. Per l'occasione, parafrasando un mio vecchio asterisco, dedico una frase-monito a me stesso e ai colleghi:
Il nostro valore non è nelle cose che sappiamo, ma in quelle che riusciremo a trasmettere.
Extra
30 agosto 2014
Antivigilia
Siamo all'antivigilia di quello che in parecchi considerano il vero capodanno e il tempo sembra andare in discesa, scorrendo ancor più velocemente di quando già non faccia. Scampo non c'è dalle mille e mille cosucce rimandate e non ancora fatte, a meno di non estraniarsi un momento, ampliando l'istante presente e attingendovi le energie necessarie a velocizzarsi poi, per anticipare lo scorrere ma senza correre, con il respiro ampio e beato di chi ha dintorno tutte le note del cosmo.
29 agosto 2014
Corsa e ricorsa
Se stai pensando di andare a correre e nutri dubbi sull'opportunità di farlo, leggiti il post, lungo, ma bello e interessante, di Andrea Beggi, esperto informatico e da anni presenza assidua in rete. Vi troverai perle di saggezza e motivazione che, chissà, potrebbero servirti anche qualora decidessi di non andare a correre.
Se come me vai di quando in quando a corricchiare, potrebbe interessarti un programma semplice e assolutamente abbordabile per trasformare le tue corsettine in allenamento utile. Ho appena cominciato a seguirlo e sono fiducioso, anche perché ho deciso di ottimizzare i tempi, eliminando il trasferimento in auto al parco Nord e mettendomi a camminare e correre subito fuori dal portone di casa, per le vie secondarie fino a Villa Ghirlanda.
Qui scaricabili in formato pdf trovi l'articolo esplicativo e due tabelle, che mi sono state gentilmente trasmesse da Luigi Piazzi, esperto web che tra le sue passioni non trascura il fisico atletico e la fotografia.
Se come me vai di quando in quando a corricchiare, potrebbe interessarti un programma semplice e assolutamente abbordabile per trasformare le tue corsettine in allenamento utile. Ho appena cominciato a seguirlo e sono fiducioso, anche perché ho deciso di ottimizzare i tempi, eliminando il trasferimento in auto al parco Nord e mettendomi a camminare e correre subito fuori dal portone di casa, per le vie secondarie fino a Villa Ghirlanda.
Qui scaricabili in formato pdf trovi l'articolo esplicativo e due tabelle, che mi sono state gentilmente trasmesse da Luigi Piazzi, esperto web che tra le sue passioni non trascura il fisico atletico e la fotografia.
28 agosto 2014
Un po' di cibo per l'anima
Tra le cose che mi piacciono del Trentino-Alto Adige, ora posso inserire anche l'Orchestra Haydn, che ho ascoltato dal vivo nella chiesetta di una frazione di un paese sul lago di Garda, apprezzandone molto l'amalgama su brani meravigliosi di Bach e Mozart e ammirando inoltre l'apporto della talentuosa solista Anna Tifu.
Carezze spirituali degne del cielo stellato sono quelle che promanano dalla musica di sublime livello: sono grato per aver potuto e voluto riceverle.
Carezze spirituali degne del cielo stellato sono quelle che promanano dalla musica di sublime livello: sono grato per aver potuto e voluto riceverle.
26 agosto 2014
Roba da sfogliare
Il blog Letture e riletture ha una storia e dei suoi perché. È vero che negli ultimi anni l'ho trascurato un po', ma di recente almeno un paio di bei suggerimenti li ho inseriti. Buona lettura.
25 agosto 2014
09 agosto 2014
Un'eccezione
Ammetto di aver fatto eccezione.
L'antefatto è che dopo anni ero di nuovo arrivato a toccare quota ottanta. E quindi, dopo essere riandato con la mente all'ultima volta in cui ero dimagrito sostanzialmente, ho adottato per analogia mimetica qualche piccolo provvedimento. Niente di impossibile, ma come allora, da lunedì, ho eliminato dalla mia dieta giornaliera i dolci e l'alcool. Salvo a colazione, riguardo ai dolci, ma comunque con moderazione, limitandomi a un cucchiaino di miele nella bevanda, che sia tè, malva o rooibos, e a qualche biscotto o a un po' di marmellata spalmata su fette biscottate o pane.
Troppo poco drastico, dici? Beh, io tendo spesso ad autocompiacermi per i piccoli risultati e a sfruttarne l'effetto come molla per ottenere di più e di meglio. E poi, c'è da spiegare una cosa: da piccolo ero magro, magrissimo; quando mi ritrovo sovrappeso, per me la sensazione è tuttora quella di essere "temporaneamente ingrassato", perfino laddove tale temporaneità si prolunghi per degli anni (alla descrizione di questo fenomeno, il mio amico Alberto di BZ si sbellicò fragorosamente di risa telefoniche tra la perplessità dei colleghi d'ufficio).
Poi, comunque, cerco di muovermi, andando a corricchiare quando riesco, camminando dove posso (mi dicono siano necessari ottomila passi al giorno tutti i giorni, vedremo come fare per tenere il conto). Secondo me un po' di chili se ne andranno (non oso dire che abbiano già iniziato l'esodo, per scaramanzia) e poi si tratterà di far durare la forma (uh, dire "la forma" mi ricorda il tai chi, ma tanto già so che se non è saggio assaggiare tutto, tantomeno lo è saggiarsi su troppi aspetti, meglio accontentarsi di spizzicare qua e là e su e giù).
Oggi, dicevo, ho fatto eccezione. Dopo pochi giorni non si dovrebbe, non è serio, ma suvvia: non capita tutte le settimane che la figlia compia diciott'anni e così ho brindato e mangiato anch'io la torta, in mezzo a un sacco di festeggiamenti iniziati con il sublime ramen del Fukurou, inframmezzati da graditissime visite a sorpresa e conclusi (per noi, giacché la neomaggiorenne poi è uscita coi suoi amici) con le sarde alla beccafico della rosticceria Golfo di Mondello.
Anzi, in verità, prima di salutarci abbiamo vissuto un momento particolare, in bilico tra risate emozionanti ed emozioni commoventi: da "bravo affabulatore", come sono stato gioiosamente o giocosamente definito in un commento, ho rievocato insieme alla famigliola riunita la nascita di Francesca, istante per istante, da quando la vidi uscire a tutte le fasi successive del più bel miracolo terrestre.
L'antefatto è che dopo anni ero di nuovo arrivato a toccare quota ottanta. E quindi, dopo essere riandato con la mente all'ultima volta in cui ero dimagrito sostanzialmente, ho adottato per analogia mimetica qualche piccolo provvedimento. Niente di impossibile, ma come allora, da lunedì, ho eliminato dalla mia dieta giornaliera i dolci e l'alcool. Salvo a colazione, riguardo ai dolci, ma comunque con moderazione, limitandomi a un cucchiaino di miele nella bevanda, che sia tè, malva o rooibos, e a qualche biscotto o a un po' di marmellata spalmata su fette biscottate o pane.
Troppo poco drastico, dici? Beh, io tendo spesso ad autocompiacermi per i piccoli risultati e a sfruttarne l'effetto come molla per ottenere di più e di meglio. E poi, c'è da spiegare una cosa: da piccolo ero magro, magrissimo; quando mi ritrovo sovrappeso, per me la sensazione è tuttora quella di essere "temporaneamente ingrassato", perfino laddove tale temporaneità si prolunghi per degli anni (alla descrizione di questo fenomeno, il mio amico Alberto di BZ si sbellicò fragorosamente di risa telefoniche tra la perplessità dei colleghi d'ufficio).
Poi, comunque, cerco di muovermi, andando a corricchiare quando riesco, camminando dove posso (mi dicono siano necessari ottomila passi al giorno tutti i giorni, vedremo come fare per tenere il conto). Secondo me un po' di chili se ne andranno (non oso dire che abbiano già iniziato l'esodo, per scaramanzia) e poi si tratterà di far durare la forma (uh, dire "la forma" mi ricorda il tai chi, ma tanto già so che se non è saggio assaggiare tutto, tantomeno lo è saggiarsi su troppi aspetti, meglio accontentarsi di spizzicare qua e là e su e giù).
Oggi, dicevo, ho fatto eccezione. Dopo pochi giorni non si dovrebbe, non è serio, ma suvvia: non capita tutte le settimane che la figlia compia diciott'anni e così ho brindato e mangiato anch'io la torta, in mezzo a un sacco di festeggiamenti iniziati con il sublime ramen del Fukurou, inframmezzati da graditissime visite a sorpresa e conclusi (per noi, giacché la neomaggiorenne poi è uscita coi suoi amici) con le sarde alla beccafico della rosticceria Golfo di Mondello.
Anzi, in verità, prima di salutarci abbiamo vissuto un momento particolare, in bilico tra risate emozionanti ed emozioni commoventi: da "bravo affabulatore", come sono stato gioiosamente o giocosamente definito in un commento, ho rievocato insieme alla famigliola riunita la nascita di Francesca, istante per istante, da quando la vidi uscire a tutte le fasi successive del più bel miracolo terrestre.
08 agosto 2014
Traduzione dal francese
Chiara Tizian ha poetato in francese e mi è venuta voglia di tradurre in italiano i suoi versi:
Riporto anche qui l'originale:
Tra sale e cielo
Sa di saline
mentre si vede sparire il Gois,
passo passo fino al termine di un ricordo.
Oceano, sciogli i miei nodi.
Aspettami là dove m'hai cullata,
ebbra di desideri da seguire.
Riporto anche qui l'originale:
entre sel et ciel
Ça sent les marais salants
pendant qu’on voit disparaître le Gois,
pas à pas jusqu’au bout d’un souvenir.
Océan, débrouille mes noeuds.
Attends-moi là où tu m’as bercée,
ivre de désirs à suivre.
Puglie
A guardarmi nudo nello specchio, sembra che sulla coscia sinistra abbia un'autoreggente. È il residuo colorato di una lieve scottatura, l'abbronzatura parziale e non cercata di un pezzetto di corpo rimasto esposto durante la guida sabato scorso, quando risalendo le Puglie in una tarda mattinata soleggiata indossavo un pantaloncino-costume e dal finestrino aperto il sole batteva sulla mia pelle con la complicità del vento autostradale, quello che soffia sempre in direzione C-B, cofano-baule, intrufolandosi nell'abitacolo laddove si decida di non ricorrere all'artifizio dell'aria condizionata.
Dire le Puglie, al plurale, come ci insegnavano un tempo alle elementari, è molto più rispondente alle molteplici realtà di questa regione e al di là dei fatti storici è una cosa che s'intuisce già a un fugace passaggio. Le Puglie, dicevo, me le sono godute, seppur per pochi giorni, anche quest'anno, spizzicando piaceri dalle acque e dalle terre e dai loro sapori.
Come già detto altrove, tra i segni visibili e invisibili, sono questi ultimi a rimanere più a lungo impressi e così sarà per le acquatiche accoglienze dello Ionio e dell'Adriatico; per le accoglienze conviviali sui terrazzi salentini (rigrazie, Viviana); per le golosità ammannite da una cucina ricca dal mattino (prova i pasticciotti di Chéri, dove trovi anche quelli tradizionali con crema e amarena) fino a notte inoltrata (vai a Novoli al baracchino di Simona se vuoi mangiare una deliziosa e freschissima frittura di mare anche all'una di notte dopo il tango).
Una minivacanza salentina breve ma intensa, felice nell'incontro con le sabbie di Torre Rinalda, scarsamente frequentate in quei giorni e perciò ancor più godibili; nel piacere di ritrovare quelle di Pescoluse a nord di Torre Vado e in quello ancor più grande di rituffarsi presso le grotte (e di nuotarci dentro) a sud di Torre Vado; una minivacanza curiosa di girare in bici per le campagne nei dintorni di Campi Salentina e a piedi nei centri storici di Lecce e Gallipoli, qui con il bonus di un bagno alla Purità, dove ti immagini con un sospiro cosa potrebbero essere le pause pranzo lavorando in quella cittadina.
Qualche malinconia, anche, ritrovando luoghi e persone e momenti che l'anno scorso avevo condiviso coi miei figli, stavolta impegnati piacevolmente altrove, ma confido che ci rifaremo.
Soprattutto Salento dunque, ma il resto, di passaggio, è stato ugualmente gradito da me e dalla mia compagna di viaggio: la sosta pranzo con giretto a Trani dell'andata ha confermato le impressioni positive di un decennio fa riguardo al centro storico con le sue architetture di merletto (curiosamente, il nome della città è anagramma di trina). Al ritorno, il trauma da distacco è stato addolcito con una pausa gastronomica e balneare a Marina di Lesina, proprio di fronte alle isole Tremiti, che non tocco dal 1987.
Dire le Puglie, al plurale, come ci insegnavano un tempo alle elementari, è molto più rispondente alle molteplici realtà di questa regione e al di là dei fatti storici è una cosa che s'intuisce già a un fugace passaggio. Le Puglie, dicevo, me le sono godute, seppur per pochi giorni, anche quest'anno, spizzicando piaceri dalle acque e dalle terre e dai loro sapori.
Come già detto altrove, tra i segni visibili e invisibili, sono questi ultimi a rimanere più a lungo impressi e così sarà per le acquatiche accoglienze dello Ionio e dell'Adriatico; per le accoglienze conviviali sui terrazzi salentini (rigrazie, Viviana); per le golosità ammannite da una cucina ricca dal mattino (prova i pasticciotti di Chéri, dove trovi anche quelli tradizionali con crema e amarena) fino a notte inoltrata (vai a Novoli al baracchino di Simona se vuoi mangiare una deliziosa e freschissima frittura di mare anche all'una di notte dopo il tango).
Una minivacanza salentina breve ma intensa, felice nell'incontro con le sabbie di Torre Rinalda, scarsamente frequentate in quei giorni e perciò ancor più godibili; nel piacere di ritrovare quelle di Pescoluse a nord di Torre Vado e in quello ancor più grande di rituffarsi presso le grotte (e di nuotarci dentro) a sud di Torre Vado; una minivacanza curiosa di girare in bici per le campagne nei dintorni di Campi Salentina e a piedi nei centri storici di Lecce e Gallipoli, qui con il bonus di un bagno alla Purità, dove ti immagini con un sospiro cosa potrebbero essere le pause pranzo lavorando in quella cittadina.
Qualche malinconia, anche, ritrovando luoghi e persone e momenti che l'anno scorso avevo condiviso coi miei figli, stavolta impegnati piacevolmente altrove, ma confido che ci rifaremo.
Soprattutto Salento dunque, ma il resto, di passaggio, è stato ugualmente gradito da me e dalla mia compagna di viaggio: la sosta pranzo con giretto a Trani dell'andata ha confermato le impressioni positive di un decennio fa riguardo al centro storico con le sue architetture di merletto (curiosamente, il nome della città è anagramma di trina). Al ritorno, il trauma da distacco è stato addolcito con una pausa gastronomica e balneare a Marina di Lesina, proprio di fronte alle isole Tremiti, che non tocco dal 1987.
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