31 gennaio 2017

Ci s'ingentilirà

Gli abbracci che sto piano piano migliorando sono quelli tangueri. Lo faccio continuando a seguire i corsi del mio primo maestro Antonio Iantorno e della sua Anna Parker, lo faccio andando a ballare ogni volta che posso (poco o tanto, dipende dalla prospettiva), lo faccio anche prendendo qualche lezione extra dall'artista Beatriz Mendoza. L'affinamento non finisce mai, un po' come quando si impara a suonare uno strumento musicale o a padroneggiare una lingua straniera: più si progredisce, più si avverte l'enormità degli abissi da colmare. È come una spirale, positiva, e come in una spirale, ad ogni giro si ripassa sullo stesso punto, ma a un diverso livello.

Gli abbracci che non hanno bisogno di essere migliorati, ma solo praticati, invece, sono quelli affettivi. L'affettuosità non manca e non è mai mancata, ma le sue manifestazioni dipendono da diversi fattori. Uno fra tutti, la delicatezza dei cambiamenti evolutivi delle persone, segnatamente quelli dei figli. Però sappilo, tu che magari stai patendo le ritrosie della tua prole adolescenziale: quelle manifestazioni, talora sospese per lasciar posto agli scontri da crescita e da ricerca di autoaffermazione di giovanotti e giovanotte, poi torneranno, più belle che mai, perché nutrite di nuova consapevolezza.

Giorno trentuno: occhio, che imbarbarirsi è un attimo!

30 gennaio 2017

Non solo una canzone

"One of my all time faves", una delle mie preferite in assoluto, ho scritto su blip rilanciandola, ma potrei anche adottare le parole del mio amico Enzo Favoino, che a proposito dei Jefferson Airplane (e dei Jefferson Starship) dichiara: "li adoro. Da sempre e per sempre".
Di come da ragazzino l'ascoltavo di notte con le cuffie ho già scritto.
Wild Tyme, come tanti altri pezzi della West Coast di quell'epoca, per me il tempo lo abbraccia dentro e fuori.

Giorno trenta: provare ad abbracciare il futuro come si sa abbracciare il passato, provare a fare in modo che i tempi migliori siano quelli a venire.

29 gennaio 2017

Cinema da divano

Un po' di tosse e un residuo di saggezza mi hanno indotto a rinunciare alla serata di tango con musica dal vivo che mi ero pregustato in quel di Desio, a Villa Tittoni, con la già apprezzata 3T Tango Orchestra.

Mi sono consolato con un capolavoro di Billy Wilder del 1957, Witness for the Prosecution (Testimone d'accusa), con Tyrone Power, la mitica Marlene Dietrich e l'immenso Charles Laughton, finalmente ascoltato in lingua originale grazie al DVD preso in prestito dalla biblioteca civica di Cinisello Balsamo, il Pertini.

Giorno ventinove: attenersi ai fatti.

28 gennaio 2017

Piccoli esercizi d'impermanenza

Vedendo su facebook il nuovo slogan di Esselunga per la prima colazione, mi è tornata in mente una sciocchezza che avevo scritto in rete.
Immaginavo una scenetta con la moglie di Kronos, che secondo il mito divorò i suoi figli, che parlando di lui diceva: "Al mattino ha loro in bocca".

Oggi di questa sciocchezza non riesco a trovare traccia né sul blog né su twitter.
Vuoi vedere che l'avevo pubblicata su friendfeed, il piccolo ma vivacissimo social network che un paio d'anni fa fu sciolto come un bambino nell'acido dai suoi nuovi padroni?

In compenso, a oggi so di essere stato il primo e l'unico ad aver usato l'espressione "contendendomisi", in un twit del 2009:
Bella passeggiata e giretto a Villa Ghirlanda coi pargoli che ora stavano appiccicati contendendomisi, ora giocavano come noi da piccoli.

Giorno ventotto: esercizi d'impermanenza, per la serie "lacrime nella pioggia".

27 gennaio 2017

Far inciampare le bufale

Per rilanciare una bufala ti basta un clic, così, senza verificare, senza pensare, talvolta senza nemmeno leggere quello che stai pubblicando. Sì, perché rilanciare significa pubblicare, pensaci: è come se controfirmassi quell'affermazione o quell'accostamento arbitrario di immagini e parole buttate lì a caso. A caso per noi, naturalmente, perché chi invece le ha inizialmente approntate lo ha fatto e continua a farlo per un qualche scopo, sia esso dettato dall'avidità di un tot per clic o da un malato calcolo politico-ideologico.

A caso tu rilanci, con un clic, e per quel singolo clic a me ne occorrerano almeno una decina anche solo per segnalarti l'infortunio di aver diffuso una bufala. Dovrò copia-incollare i termini chiave e inserirli nella casella di ricerca di google insieme alla parola "bufala" (oppure hoax, in inglese), trovare il link che la smaschera, copia-incollare suddetto link e piazzartelo a mo' di commento sotto il tuo improvvido intervento pubblico.
Uno sbattimento sproporzionato, se dovesse moltiplicarsi per gli innumerevoli episodi che si moltiplicano in rete, e segnatamente su facebook, grazie a te e alle persone che come te non verificano alcunché e paiono staccare il cervello quando hanno a portata di mano una tastiera e un mouse oppure uno smartphone.

Una sproporzione di sforzi comunque minima rispetto a quella necessaria a smontare personalmente una bufala o un'affermazione assurda che, tentando di promuoversi come verità, ignora qualsiasi ragionamento articolato e i lunghi studi e le ricerche condotte e gli approfondimenti operati da tante persone che prima di te, prima di quel tuo stupido clic, si sono date da fare con serietà e applicazione per chissà quante ore, giorni, mesi, anni.

Ad ogni modo, quel piccolo sforzo di provare a farti riflettere voglio continuare a farlo. Voglio essere la tua pietra d'inciampo, un monito e un ostacolo all'obnubilamento, alla negazione, alla piattezza della pigrizia lobotomizzatrice.

Una pietra d'inciampo voglio esserlo soprattutto oggi, ventisette gennaio.
Gli stolperstein sono lì, non li si può ignorare, si può evitare di leggerli ma si sa bene che ci sono incisi sopra un nome, una data di nascita, una data di morte e un campo di concentramento, perciò inducono all’attribuzione del dolore dell’Olocausto a dei singoli individui e non al numero sei milioni di, che è sempre impressionante ma mai quanto un solo nome e cognome. (dal blog di Totentanz)
Ricordiamoci di essere individui, ricordiamoci di essere umani.

Giorno ventisette: giorno della memoria.

26 gennaio 2017

Arigato gosai mas

Il trailer mi aveva già attratto e sono contento di essere stato amabilmente trascinato a vedere Your Name di Makoto Shinkai.
Lo scambio delle vite, il tema della ricerca, gli sfasamenti sarebbero stati già sufficienti ad affascinarmi, ma ho apprezzato molto anche l'intreccio, le rese grafiche e le soluzioni di regia, spettacolari e aggraziate ad un tempo.
L'incontro e la miscela degli opposti tra modernità e tradizione si ritrova nell'accostamento dell'estetica millenaria che si nutre di elegante attesa al dinamismo audace ed esplosivo della metropoli. La natura stessa riassume in sé entrambi gli aspetti e sa farsi spettacolo nella quiete o nella deflagrazione cosmica.
Anche da un profano come me, non certo appassionato o conoscitore di anime e manga, tutto ciò si lascia gustare. Forse perché è bello e commovente poter essere, come canta la sigla, "tàim furàia", graziosa spronuncia giapponese di time flyer, volatore del tempo.

Giorno ventisei: con la memoria e l'immaginazione si viaggia nello spaziotempo passato, futuro e anche presente.

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P.S.: la nipponista Martina mi segnala che la traslitterazione corretta è "Arigatō gozai masu", mentre io avevo trascritto la pronuncia.
Arigatō gozai masu, dunque. キス

25 gennaio 2017

Ufficio recupero validità

La burocrazia è un mostro mangiatempo peggiore di... di facebook, per dire. Compilare moduli in modalità sia cartacea sia elettronica, archiviare e riarchiviare originali e copie, attestare l'inattestabile, perdersi in mille rivoli inessenziali vie più lontani dal nucleo della questione che conta davvero: tutto ciò lo si sperimenta anche o soprattutto in ambiti importanti, quali ad esempio il sistema educativo e quello sanitario. Per fortuna, se la fortuna la sai guardare, in mezzo alle scartoffie puoi trovare volti comprensivi e non ancora scarichi della loro dose di umanità. Ed è allora che puoi respirare, pensando che riuscire a vivere anche quello che dapprima pare tempo perso è un autentico e necessario successo.

Giorno venticinque: la fortuna occorre volerla guardare, occorre saperla vedere.

24 gennaio 2017

Cantata per la memoria

Venerdì sera a Desio nel giorno della memoria e poi sabato sera a Cesano Maderno in replica, ci sarà uno spettacolo cui avrò in minima parte contribuito anch'io, avendo partecipato alla traduzione dei testi.
Si tratta di Holocaust Cantata, Songs From The Camps, ovvero Canzoni dai campi dell'olocausto alternate a brevi letture che raccontano storie minime e terribili di quei giorni mesi anni di orrore.

Giorno ventiquattro: ventiquattr'ore che in realtà sembrano sempre qualcuna in meno.

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Coro Santuario del Crocifisso di Desio
Holocaust Cantata, Songs From The Camps
Cantata per coro misto (S.A.T.B), pianoforte e violoncello
Testi di canti e letture tratti in gran parte dall’archivio musicale “Aleksander Kulisiewicz” ‎dell’United States Holocaust Memorial Museum (USHMM) di Washington
- venerdì 27 gennaio 2017 ore 21:00 all'Auditorium Scuole Pertini (scuole Blu) in Via Milano 345 a Desio
- sabato 28 gennaio 2017 ore 21:00 all'Auditorium Paolo e Davide Disarò - Antica Chiesa di Santo Stefano in Piazza Mons. Arrigoni a Cesano Maderno

23 gennaio 2017

Latitango

Tornando a casa di notte ripensavo alle tande ballate e per un momento m'è venuta voglia di mettermi a fare la recensione delle milonghe frequentate, menzionandone i dati oggettivi e quelli soggettivi. Poi mi sono reso conto che questi ultimi sono di gran lunga preponderanti in una serata di tango e allora mi limito a giubilare al ricordo dei gradevoli abbracci e delle musiche dipinte dai movimenti corporei di due che si fanno una cosa sola, almeno per un po'.
Finora in questo gennaio sono stato, e stato bene, al San Telmo, alla Mariposa, al Tangoy e al Principe, tutte a Milano. Rispetto alle medie di tante persone appassionate di tango che vanno a ballare quasi tutte le sere, io sono quasi un latitante, ma si fa quel che si può, e poi credo di compensare godendomela davvero molto, nel corpo e nello spirito.

Giorno ventitré: per sapere dove andare a ballare, si può sempre consultare FAItango.

22 gennaio 2017

Autospettinature

Per ironia, il senso di inadeguatezza che tanto spesso e talvolta quasi facilmente riesci a smontare negli altri, ti si ripropone insieme a un participio francese che rende bene l'idea del tuo sentire: tiraillé, tirato, diviso, quasi dilaniato dalle plurisollecitazioni cui risulti sensibile.
L'ubiquità non è data, proroghe temporali nemmeno: la cronologia degli eventi procede più spedita dei tuoi proponimenti e sgattaiola incurante delle tue carenze di determinazione. Pensi a ciò che avresti dovuto e voluto fare ma che non facesti o non facesti ammodo, a quanto sia tardi e inutile pensarci dopo. Pensi a ciò che potresti fare ora e a come si mischi e confonda con quanto vorresti e con quanto dovresti. Fai, infine, un po' qui e un po' lì, un po' tiraillé, per l'appunto, tirato in tutti i sensi e a più riprese, sballottato e forse anche per questo un po' più stanco del dovuto.

Giorno ventidue: tutti i nodi vengono al pettine, anche dopo aver perso i capelli.

21 gennaio 2017

Strump

Ho pubblicato un twit in inglese, poi ho visto che la piattaforma ne propone in automatico una traduzione in italiano: frustrante. D'altronde, è normale constatare la resa insoddisfacente di un gioco di parole da parte di un programma. La transumanza di senso da una lingua all'altra è spesso già difficile di per sé, figuriamoci se i sensi sono doppi.
Avevo scritto:
Trump swore yesterday. We'll keep swearing for a while.
La difficoltà della traduzione nasce dal doppio senso del verbo to swear (swore al passato), che significa "giurare", "prestare giuramento", ma anche "imprecare" o "bestemmiare".
Dunque:
Trump ha giurato ieri. Noi continueremo a imprecare per un bel po'.

Giorno ventuno: si cercano doppi sensi sperando di trovarne almeno uno.

20 gennaio 2017

Domani poi si vedrà

A dar retta alla stanchezza e al daffare non ci si concederebbe mai niente di attivamente bello, ma è bene non lasciarsi sopraffare. Dunque, per esempio, stasera vado a ballare.

Giorno venti: abbracciandosi nella musica talvolta si disegnano nuove note.

19 gennaio 2017

Dar voce al respiro

L'abbassamento di voce continua come su un ottovolante e malgrado il mio solito ottimismo da cuorcontento, non posso negare qualche preoccupazione che riaffiorando punge in gola, tanto da non capire bene se i fastidi e le dolenzie provengano dall'interno o dall'esterno.

Certo l'aria mefitica dell'area metropolitana e dell'hinterland non aiuta: più che mai in questi momenti anelo alla purezza di un respiro montano, soprattutto quello delle amate Dolomiti. Tra quelle valli e qualche vetta pulsa per me sempre un sorriso di felice serenità, e a quanto pare l'intreccio degli eventi mi porterà di nuovo a occuparmene anche per lavoro, come è già successo in precedenti occasioni. Applicare le mie capacità di scrittura e traduzione, editing e copywriting ad ambiti tanto apprezzati è quasi un privileggio per me, ma è anche un vantaggio per i committenti, che di volta in volta ricevono testi rilucenti di autenticità.

Giorno diciannove: va bene sperare in bene, va ancora meglio fare del proprio meglio.

18 gennaio 2017

Note di notte

Fuori tempo massimo, ascoltando Stella nera di Pino Daniele, lasciandomi trascinare giù nelle profondità notturne del testo da contrabbando, cullato malinconicamente dalle onde marine nelle parole e nelle note di questo Musicante che tanti e tanti momenti ha accompagnato, per giornate e notti distanti nel tempo e nello spazio. Frattanto, il cielo a sorpresa orla una nube di luminescenza rossastra. La luna amoreggia con l'umidità atmosferica che la fa bella di raggi altrui.

Giorno diciotto: un bagliore riflesso può ricondurre alla fonte luminosa, ma è anche già bello di per sé.

17 gennaio 2017

Falò

Oggi è sera di falò, modo contadino di punteggiare il calendario di rosso vorticante calore, segno di energia e cambiamento, di esaltante benvenuto a quel che verrà di nuovo di buono.

Un falò di cui ricordo con dolce affetto l'euforia energizzante fu quello che accompagnò un concerto dei Blubaluba in quel di Cogliate, nello spazio esterno del Garibaldi. Di solito era un locale di passaggio, ma mentre suonavamo la gente arrivava e non si schiodava più, e via via aumentava l'entusiasmo nostro e loro.

Giorno diciassette: con l'augurio che le fiamme siano sempre per "segno di festa e d’allegrezza" e non altro, e soprattutto non dolore né dolo.

16 gennaio 2017

Due lune

Ho visto due lune, due lune ho visto: una ieri sera su sfondo blu scuro, bassa a est, l'altra il mattino dopo, alta nell'azzurro, a far da specchio al sole nascente.
Due lune ho assaggiato, di due lune ho assaggiato il sapore: una sapeva di miele, l'altra di malìa. Sfiorate con le ciglia due lune, prima l'una e poi l'altra, con le ciglia bagnate ho sfiorato: una sfavillava di antichi dolori, l'altra di piantoriso brillava.
Luce riflessa e riflesso di luce, le due lune abbracciavano gli ultrasensi orbitando in un'orbita, una. Un'orbita, una, due lune, ma l'una delle due, o l'altra, strizzando l'occhiolino diceva: son qui, son io, son lì dove la luce m'intercetterà.

Giorno sedici: guardando dall'azzurro al blu e dal blu al nuovo chiarore senza staccare lo sguardo, il giorno non si stacca dalla notte, né la notte dal giorno.

15 gennaio 2017

Reti sociali

Oggi prima uscita per la mia mamma dopo la caduta dell'ultimo dell'anno, quando piombò faccia a terra sul marciapiede senza nemmeno la scusa di aver voluto fare il verso a qualche papa.

Si è portata una stampella e l'ho fatta attaccare al mio braccio, alternando il lato di tanto in tanto. Prevedevo cinque-dieci minuti e invece è stata una lunga passeggiata: con un paio di pause lungo il percorso, siamo stati in giro circa tre quarti d'ora.
Per paio di pause intendo quelle sulle panchine, perché in verità il cammino si è interrotto anche altre volte, per due o tre chiacchierate con vari conoscenti.

Con lei è sempre così: impossibile percorrere più di trecento metri senza incontrare qualcuno. Praticamente, è come se avesse Facebook formato real life. Mio padre, come di consueto, in questi casi si defila e approfitta di qualche passo di distanza per mettersi a fumare: non dovrebbe, ma la sigaretta è come fosse il suo Instagram.

Giorno quindici: una tanda estemporanea è pubblicare su twitter, una serata in milonga è scrivere sul blog.

14 gennaio 2017

Dall'arco all'occhio

L'arco prealpino innevato scocca frecce mirabili perfino all'occhio del viandiante automunito in superstrada direzione Meda. Ne ho approfittato, beandomene durante la guida.
Nel contempo, disprezzavo mentalmente l'abuso generalizzato dell'aggettivo "mozzafiato"* per etichettare panorami godibili fino alla letizia interiore: viste del genere, ancor più se ravvicinate, il respiro non lo troncano; semmai lo esaltano, ossigenandoti materia, mente e spirito.

(*) nei miei testi turistici credo di non averlo mai usato: in un sito web che avevo curato lo si trova, ma si tratta di una pagina aggiunta dal cliente anni dopo.

Giorno quattordici: le meraviglie sono le cose di cui stupirsi e sono sempre tante se l'occhio rimane bambino.

13 gennaio 2017

Chiamarsi in causa

Hai mai letto un libro di Pennacchioni?
Lo spunto offerto dal sito L'apprendista libraio alimenta un sorriso, ma anche un po' d'imbarazzo: quello richiamato dalle occasioni in cui ci sentivamo tanto sicuri e solo in seguito abbiamo scoperto di esserci sbagliati di brutto, magari dopo avere insistito con superiorità quasi sprezzante.

Uso la prima persona plurale innanzitutto per diluire il senso d'inadeguatezza, e poi perché al momento non mi viene in mente un episodio esemplare e magari invece a te o a te sì, e allora raccontacelo.
Naturalmente la probabilità di situazioni del genere è massima nella tarda adolescenza e prima giovinezza, mentre dovrebbe attenuarsi e scendere sempre più con l'ampliarsi della prudenza acquisita, ma non voglio porre limiti alle nostre vaste possibilità.

Giorno tredici: anche un dialogo diluito nel tempo, purché goda di nutrimento genuino, potrà mantenere pregnanza e densità piacevolmente gustose.

12 gennaio 2017

Termodinamica

Mi hanno regalato un'altra maglietta termica e così ho detto che non appena mi passerà la tosse, riprenderò a correre (o corricchiare, vedremo). Ripropormelo mentre mi sento in affanno per tutte le incombenze sembra velleitario, ma da qualche parte mi par di capire che sia il dire il primo passo verso il fare.

Giorno dodici: scoprire che non è un disonore mettere una coperta in più.

11 gennaio 2017

Teletrasporto

Stasera in auto stavo per metter su Now's the time di Charlie Parker, recuperato in Bovisa dai miei vecchi CD copiati da quelli della biblioteca, quando è partita la radio con una canzone di David Bowie, Loving the alien, seguita da altri suoi pezzi: Radio Popolare stava ritrasmettendo un bel JackSet e non me lo sono voluto perdere.
Tornato a casa, tra le altre cose ho scartabellato in rete ritrovando il titolo dell'album da cui è tratto. Era il 1984, usciva Tonight e fu così che insieme al Paio intitolammo una delle feste in discoteca che organizzammo in quel periodo, quello della Scuola Interpreti di via Silvio Pellico a Milano.
Un'altra, ispirati da un Bowie annata '76, la chiamammo "Golden Years", anni dorati. Dorati però non furono solo quegli anni, dorati furono sono e saranno anche mille altri momenti, mille altri sorrisi, e un'animadorata cui va stasera un grosso in bocca al lupo.

Giorno undici: anche con il teletrasporto guasto, le parole giungono e talvolta congiungono.

10 gennaio 2017

E dunque

Di certe cose, poche o tante o troppe, ti accorgi solo o soprattutto quando ti vengono a mancare. Vale in diversa misura per le persone, il cibo, gli affetti, il riscaldamento, gli amori, la voce, le connessioni sottili, la connessione telematica, il tempo, la salute, la serenità e qualsiasi altro esempio possa venirti in mente.

Giorno dieci: soffermarsi più su quanto c'è che non su quanto eventualmente sia distante, remoto, mancante o assente.

09 gennaio 2017

Brindo

Idealmente brindo a chi, trovandosi a dover attraversare dolori più profondi e gelidi delle acque più ardue, ha reagito permettendo che la vita di nuovo trionfasse ricominciando a pulsare, dal cuore ai muscoli del sorriso e fino alla condivisione di cose belle, sempre capaci di riaffiorare purché si lasci loro il tempo e la possibilità di farlo. Un brindisi anche musicale, con Roll Another Number di Neil Young.

Giorno nove: gli abbracci funzionano anche a distanza, da vicino però sono meglio.

08 gennaio 2017

Polvere di stelle

I numeri, o meglio le loro sequenze, me li raffiguro nello spazio. Lo stesso mi succede, anzi, ancora di più, con quelli del calendario. Così, gli anni i mesi i giorni si sgranano nel passato o nel futuro in varie e variabili forme davanti agli occhi della mente.

Forse è da lì che viene la voglia di abbracciare il tempo, quello vissuto, intendo, fino al momento presente, e magari di lanciare una carezza a quello di là da venire. So bene che tutto ciò altro non è che suggestione, ma il tentativo di comprensione, come quello di capire, già contengono nei termini utilizzati il desiderio di acchiappare e di contenere.

La verità probabilmente è che si tenta, quasi inutilmente, di fissare ciò che di più sfuggente ci troviamo costantemente ad affrontare dopo averlo immaginato: il tempo. Quasi inutilmente. Quasi, perché qualcosa resta, come polvere di stelle dopo un'esplosione galattica, o come lustrini dopo una festa. Festa che magari, seppure in qualche altra forma, prima o poi si riproporrà.

Giorno otto: provare a conciliare la capacità di vivere un giorno ogni giorno e di lasciare agio a un orizzonte temporale decentemente più vasto.

07 gennaio 2017

Rilucere

Ancora un po' di ore concesse a lucine e luminarie, che ci hanno accompagnato nelle settimane con meno luce diurna. Ora che le giornate si sono visibilmente allungate, possiamo salutarle e piano piano smontare anche le decorazioni.

Giorno sette: rievocare la storiella di Dumbo e della piuma per ricordarsi che la luce vera la si emana dagli occhi e attraverso le affettuosità, anche in assenza di energia elettrica.

06 gennaio 2017

Doni da lontano

Ieri sera, aspettando il penultimo metrò, due senegalesi alti alti mi hanno assolutamente voluto offrire un caffè alla macchinetta presso i binari a Porta Venezia. Mi hanno insegnato un saluto di pace (si porta il dorso dell'altrui mano alla propria fronte) e quando li ho ringraziati (Grazie, Merci, Jërëjëf!), mi hanno risposto che erano loro a dover ringraziare me perché erano loro ad aver regalato.

Questo mi ha immediatamente riportato alla mente una storiella dal già citato libricino 101 storie zen: "Dovrebbe essere grato chi dà" (qui trovi il pdf di tutto il libro), chiudendo così a Oriente il cerchio della serata, che con la mostra di Hokusai, Hiroshige e Utamaro già mi aveva offerto bellezza.

Giorno sei: secondo la tradizione spagnola, a portare i doni ai bambini sono Los Reyes, i Re Magi, gente policroma che viene da lontano.

05 gennaio 2017

Jazz senza ghiaccio

Batti un cinque se anche a te piace Charlie Parker!

Giorno cinque: riconoscere i propri simili grazie alle affinità, e sorridendosi sorriderne.

bonus: Charlie Parker Quintet, Scrapple From The Apple

04 gennaio 2017

Fantasticherie

Tra i supereroi della Marvel che leggevo da ragazzino, i miei preferiti erano i Fantastici Quattro. Sono sempre stato per il gioco di squadra, sarà per via della famiglia numerosa o dei pomeriggi in cortile con tutti gli altri bambini del palazzo.

Inoltre mi attiravano tantissimo le interrelazioni e le collaborazioni di tutti quei colorati personaggi dai superpoteri così specializzati e che spesso risultavano complementari, ma soprattutto gioivo se i personaggi di una testata comparivano nelle storie di un'altra.
Oltre ai Fantastici 4, seguivo regolarmente L'Uomo Ragno e mi piacevano anche i Vendicatori, i Difensori e gli X-Men. Devil di per sé non lo preferivo, ma una delle storie più belle in assoluto di quell'universo fu per me la doppietta "Un cieco li guiderà" (mi pare fossero i numeri 37 e 38 della serie), in cui il super-eroe disabile aiutava i quattro che avevano perso i superpoteri a combattere e sconfiggere ancora una volta il temibile Dottor Destino.

Anche oggi mi piace molto quando si mischiano le carte, quando le persone che conosco e mi sono care si conoscono e incontrano tra loro. Ai primi tempi del blog, bgeorg mi aveva inserito tra i "tessitori" e in effetti ci aveva azzeccato anche andando oltre questi pixel su schermo. Naturalmente, tessendo e cucendo bisogna pur fare attenzione a non pungersi, a non ferirsi e a non ferire.

Giorno quattro: riflettere sui superpoteri che si possiedono e affinarli, anziché impoltronirsi desiderandone altri.

03 gennaio 2017

Tris

Diceva Silvio Ceccato, a una lezione di estetica cui ebbi la fortuna di assistere ai tempi dell'università, che il valzer ci induce a girare in tondo perché è in tre quarti mentre noi abbiamo due piedi. Pare dunque una complicata compatibilità in grado di risolversi alla perfezione, quella tra gli esseri umani e il numero tre.

Di quest'ultimo, spicca il carattere ambiguo che qua e là gli si attribuisce: dalla supposta completezza della trinità all'evocazione di un'assenza nel tavolino a tre gambe; così pure nel triangolo, che passa dal privilegio di circonferenze inscritte e circoscritte alla scomodità di relazioni complicate (non tutti possono avere la rilassatezza di un David Crosby in Triad), oppure dalla falsa modestia dello strumento musicale allo scongiuro che accompagna il segnale mobile di pericolo.

Per tre lo fa chi fa da sé, da tre ricominciava il grande Troisi, tre sono gli elementi in un sacco di contesti diversi, leggendari fiabeschi fatati stregati. Come che sia, dal tressette alle tresche, sta sempre a te tener testa al tre: non tremare, datti tregua o perderai la trebisonda.

Giorno tre: lasciare il valzer a quelli del concerto di Capodanno e puntare invece sul tango vals, fiduciosi e appassionati.

bonus: di Triad, la versione dei Jefferson Airplane

02 gennaio 2017

Piacere terapeutico

Non trascurare il valore terapeutico di fare le cose che davvero ti piace fare.
Lo sai quali sono, e se ci pensi sai anche distinguerle bene da quelle che danno semplicemente dipendenza e, alla lunga, frustrazione. Un buon criterio, non esaustivo né infallibile, ma semplicemente utile per distinguerle, può essere di considerare se sono condivisibili, nella fruizione o nel racconto.
La scusa del tempo che manca è solo una scusa, soprattutto rammentando le dritte di Pennac, secondo cui pochi istanti sono meglio di niente.

Giorno due: ricordarsi che, in mancanza di lunghe camminate o escursioni, due passi sono sempre meglio di niente.

01 gennaio 2017

L'uomo propone, la nonna dispone

Capodanno senza tango, ma stavolta non per scelta.
La notte tra l'ultimo e il primo l'ho passata prevalentemente al pronto soccorso, dove era stata ricoverata mia mamma che aveva sbattuto la faccia a terra cadendo sul marciapiede sotto casa. Ora è stata dimessa e considerando la situazione sta abbastanza bene, anche se ha l'aspetto di una che si sia scontrata con Mike Tyson incazzato.
Niente brindisi di mezzanotte, dunque, ma complimenti e ringraziamenti a medici e personale infermieristico per la loro opera che continua anche quando noi normalmente ci divertiamo.

E pensare che un momento prima di ricevere la chiamata d'emergenza, stavo per scrivere di come, appropinquandomi a momenti d'abbracci in musica, sognassi di poterli estendere chilometricamente per avvolgervi, almeno per un istante, le persone care distanti, e in particolare i miei due tesori di figli.

Giorno uno: aprire le ali e lasciarsi planare sulle priorità, confidando che per tutto il resto si possa dare tempo al tempo.


a cura di Giulio Pianese

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