29 marzo 2011

Bestiaccia

Quelle d'idee sono associazioni a delinquere.
Cala la palpebra, vado a sciacquar la faccia, poi esco sul balcone dove mi trovo sempre a metà del cielo, di qua l'azzurro di là le nubi, che oggi sembrano voler seguire l'arco del sole per fargli da alabastro.
Ma cos'è 'sta sonnolenza, cos'è questo languore, sarà l'età o la primavera, sto per chiedermi, quando mi ricordo della maledetta zanzara che alle 4.55 m'ha svegliato per sempre, riaddormicchiarmi non vale come vero riposo, specialmente se il naso chiuso da presumibile allergia al cloro impedisce una soave respirazione. E va be', insomma, cosa vuoi che sia una zanzara, dove può portarti una luce accesa nel cuor del buio per darle la caccia... è che le associazioni d'idee son malandrine e insinuano lo struggimento dove la stanchezza lascia varchi.
Dunque non resta che scoprire un pezzo da ascoltare e lasciare che il pensiero vaghi attorno a formule di desiderio, tipo questa, magari: "Fammi fermare il tempo, fammi andare avanti e indietro nel tempo, a piacimento. Fammi fermare dove mi è piaciuto stare. Fammi restare lì per sempre. Per sempre."
Che poi so già che non accetterei, che vivere voglio vivere davvero, voglio, e per vivere davvero si va avanti e fino in fondo, si va, però... ma è tutta colpa delle associazioni d'idee, maledetta zanzara, e di un letto semivuoto.

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Ribadisco anche qui l'attribuzione precisando che la formula presa a prestito è di Flounder.

25 marzo 2011

Bi-sogno

La voce deve riposare, l'orecchio no. Voglio musica, quella delle note e quella delle voci, quella dei sorrisi e delle domande, dei racconti e dei respiri. Ubriaco di sonno per le ore mancate, ebbro di acquazzoni salati per le vite svaporate, cerco carezze nell'aria e sono fatte di parole. O di ricordi. Parole e silenzi, lontananze e assenze. Scambi che colmano gli istanti e scolorano poi nello straniamento. Strani intrecci e pulsanti emozioni. Numeri e dadi. Lanci condivisi, slanci frustrati. Inchiostri di condizionali e di futuri negati, mancanze liquide capaci di riempirti fino all'implosione, tracciati geroglifici sul palmo di una mano. Il sentire passa dai polpastrelli, l'elettricità si avrà al contatto e solo allora la malinconia saprà farsi accarezzare via, almeno per un po', almeno per un po'. Devo appassionarmi di me. Universo, fammi le fusa, non sarà uno spreco.

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Bonus: Carlos Gardel, El día que me quieras

23 marzo 2011

Di lei ci vivrei

Ieri era la giornata dell'acqua, ma voglio parlare dell'aria.
Di nuovo è il tempo in cui stendere il bucato fuori è non solo efficace, ma gradevole: affidi i panni all'aria e l'apertura sua te li profuma. La brezza soffia lieve, ma scompiglia e pare ebbrezza, strafatta di cromie che adescano la pelle. Seppure spalancato, l'occhio coglie l'invisibile e con respiro grato dice "vivo", ché è bene ricordarselo di quando in quando.
Di quando in quando è bene ricordarsi di quel che c'è e si dà per scontato. L'aria te lo insegna: magari non la calcoli, poi annaspi alla prima apnea. In verità, da queste parti, geopoliticamente parlando, s'annaspa tutto l'anno: la città e il suo hinterland sono fatti per la venerazione delle automobili, mai messe in discussione a favore dei portatori di polmoni.
Polmoni cercansi: polmoni rosa per scambi aerei senza bombardamenti, polmoni verdi per cittadini verdi di bile al semaforo rosso, polmoni d'acciaio per spasimanti dispnoici, polmoni pulsanti d'alacrità, polmoni allargati per chi agli spasmi caotici del quotidiano andirivieni fa ciao con la manina, almeno ogni tanto, per abbracciare il vento fino a scarmigliarsi il vivere.

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Bonus musicale: Strade parallele (Aria siciliana) - Giuni Russo e Franco Battiato

P.S.: dell'acqua ha parlato ieri in tutti i sensi Mitì, cui oggi vanno gli auguri di buon compleblog.

22 marzo 2011

Turzo

Ieri ho fatto cinquantaquattro vasche. 54 per me non è un numero qualsiasi: invariabilmente nel pensiero mi si associa al cavolfiore e al suo torsolo.
Bisogna sapere che in casa mia si è sempre parlato a numeri, quelli della smorfia, o cabala napoletana, giacché nei numeri del lotto era il mestiere di mio padre e di entrambi i suoi genitori. Già ho detto di mio nonno e della sacralità che per me da bambino rivestivano le estrazioni del lotto. Quello che forse non ho mai scritto è che per me e i miei fratelli è sempre stato normale sentirsi chiedere dove fosse il 50 (pane) al momento di mettersi a tavola, chi avesse voglia di preparare il 34 (caffè) o se avessimo abbastanza 46 (soldi) in tasca prima di uscire. Il significato era per tutti quanti talmente ovvio che in caso di corrispondenze con termini sconvenienti, il numero veniva pronunciato a bassa voce o comunque in modo più discreto: era il caso del 18 (gabinetto) o dei vari riferimenti erotici: 6 e 29 (organi genitali femminili e maschili), 16 (il posteriore), 28 (le zizze).
Tornando al 54, mio nonno lo usava nella particolare accezione del "turzo 'e cavoliciore", che denota non troppo sgarbatamente una persona fessacchiotta. In effetti un po' fesso lo sono, però, come il cavolfiore, cotto son buono, assaggiami: ho un cuorcontento grato alla vita, gratinato d'amore è la morte mia.

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Altri numeri smorfiati in questo blog: 12, 21, (42), 47-72-90, 2209.

21 marzo 2011

Che ci giunga

Da giorni cielo e sole ne proclamavano l'imminente rifiorire.
Primavera, stagione caricata a molla, pazza come marzo, incoraggiante come aprile, dolce come maggio. Scaturisce all'essere e sboccia, carica di novità inquietanti o spiazzanti, pregna di frizzanti meraviglie strane o incredibili, traccia fili in aria e si dipinge in acquerelli dalle imprevedibili cromie, straniandoti risboccia in densità colorate di magie.
Mentre il mondo incongruente rimbomba di orrori e pianti sfiguranti, la natura riesplode impetuosa ed è un carrarmato è un tornado è un'onda è una forza raggiante e mortale con la fretta di rivivere. Tu guardi al mondo e t'ingiostri, il globo puntino rotante che pulsa di affanni, il cosmico ritmo atrioventricolare che pompa ricordi dal futuro, negli occhi una nube di mistero toglie il tempo dal respiro e ti perdi girando nel vuoto del blu.
Eppure. Fai l'occhiolino a una luna bucaniera che immette argento squarcianubi con potente ardire. Quel mondo, lo stesso mondo si lascia guardare fin dietro i colori rivelavita e la scena si fa ricca di doni, lo sguardo vi ambisce e s'incanta, a lungo. Molti sono gli scrigni di bellezza e preziosità, qualcuno irresistibile. Bello che esistano, sebbene talvolta sia assai arduo imparare ad accontentarsi di ammirarli da lontano, come si fa con l'arcobaleno, creatura di luce capace di unire in un bacio il cielo e la terra.
Buona iridescente giornata.


a cura di Giulio Pianese

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