Quarantadue è un numero particolare, specialmente per chi ha letto, ma anche per chi come me non ha ancora mai letto quel testo fondamentale. Inoltre è il doppio di ventuno, numero magico di suo. Insomma: 42 suona bene, è divisibile anche per tre e per sette, si può dire sia un bel numero, ma se lo tiro in ballo è perché corrisponde alle vasche nuotate oggi pomeriggio, a una settimana da quando con indosso un camice bianco e accanto a un'infermiera dolcemente nostalgica di Margine Rosso e dei papassini, con l'ultima immagine sorridente del paio d'occhi scuri di un'anestesista dal nome in apparenza cecoslovacco, ma brasiliana d'origine libanese, m'han messo a dormire prima di ravanarmi in gola.
Ora, so bene che una quarantina di vasche sono una bazzecola se non una ridicolaggine per chi nuota sul serio (tipo Enzo coi suoi cimenti o Raffa coi master, e non voglio nemmeno pensare alla Tengi e ai suoi severi criteri), però per me che non son nessuno e che semplicemente approfitto una volta alla settimana dei 50 minuti in cui il mio Lorenzo segue il corso medio-avanzato (il patatino sta già imparando la virata e i rudimenti del delfino), per me, dico, quarantadue vasche sono una bella soddisfazione, nonché una di quelle cose che si fanno solo da vivi. E me ne compiaccio, giacché compiacersi tra un sorriso un bel pensiero e uno zuccherino è cosa buona e giusta, oh.
22 marzo 2010
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Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.