Ieri ho fatto cinquantaquattro vasche. 54 per me non è un numero qualsiasi: invariabilmente nel pensiero mi si associa al cavolfiore e al suo torsolo.
Bisogna sapere che in casa mia si è sempre parlato a numeri, quelli della smorfia, o cabala napoletana, giacché nei numeri del lotto era il mestiere di mio padre e di entrambi i suoi genitori. Già ho detto di mio nonno e della sacralità che per me da bambino rivestivano le estrazioni del lotto. Quello che forse non ho mai scritto è che per me e i miei fratelli è sempre stato normale sentirsi chiedere dove fosse il 50 (pane) al momento di mettersi a tavola, chi avesse voglia di preparare il 34 (caffè) o se avessimo abbastanza 46 (soldi) in tasca prima di uscire. Il significato era per tutti quanti talmente ovvio che in caso di corrispondenze con termini sconvenienti, il numero veniva pronunciato a bassa voce o comunque in modo più discreto: era il caso del 18 (gabinetto) o dei vari riferimenti erotici: 6 e 29 (organi genitali femminili e maschili), 16 (il posteriore), 28 (le zizze).
Tornando al 54, mio nonno lo usava nella particolare accezione del "turzo 'e cavoliciore", che denota non troppo sgarbatamente una persona fessacchiotta. In effetti un po' fesso lo sono, però, come il cavolfiore, cotto son buono, assaggiami: ho un cuorcontento grato alla vita, gratinato d'amore è la morte mia.
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Altri numeri smorfiati in questo blog: 12, 21, (42), 47-72-90, 2209.
22 marzo 2011
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