31 marzo 2004

Archivio = voce del verbo bloggare

Archivio = voce del verbo bloggare, tempo passato, forma indeclinabile, modo personalizzabile.
Sull'uso dell'archivio come possibile fonte di spunti concordo con Massimo (Salto del Canale), ma non vorrei mai cancellare dalla pubblica visione quel che mi sono trovato a scrivere.
Uno dei motivi per cui metto in rete le mie parole è la volontà di lasciare traccia e non mi preoccupa la legge di murphlog secondo cui nessuno legge gli archivi, perché sono sempre più convinto che le parole trovino da sole i destinatari, anche a distanze temporali impreviste.
Nell'atteggiamento da tenere nei confronti della propria scrittura è auspicabile lo stesso magico equilibrio che permetterebbe di attraversare la vita con serena intensità dinamica:
Guardare avanti vivendo il presente senza dimenticare

[vedi, per l'appunto, l'archivio]

28 marzo 2004

Catalogo di lemmi d'amore

Che cosa significa amore senza confini? Com'è fatto l'uomo ideale? Conta di più il karma o la chimica? Tra risposte e ulteriori quesiti si dipanano parole che vanno a sfiorare i sensi e la sensibilità, lapilli eruttivi di chi si cerca, scintille affettive di chi s'incontra, minuscoli tasselli sensuali di un mosaico ineffabile cui vorrebbero donare senso. Questo è Lessico da amare, una raccolta di lessico amoroso, lessico amorevole, parole d'amanti, diamanti espressivi, coccole verbali e verbalizzazioni dell'indicibile.

25 marzo 2004

Come si dice Black Sound Machine in patois?

Se lo impariamo abbastanza in fretta è meglio, perché domani saremo dalle parti di Aosta a esibirci nella notte della Vallée...
Per chi fosse in vena di un giretto fuori porta, ci troverete a suonare, cantare, ballare e guardarvi da questo palco:

venerdì 26 marzo 2004
Tatou
Loc. Amerique, 51
Quart (Aosta)
tel. 0165-775131
01:00 inizio concerto

Volendo puoi dare un'occhiata alle nuove pagine della Black Sound Machine.

24 marzo 2004

Qua e là

Sono quasi sempre tardivo nel rispondere ai commenti, ma oggi l'ho fatto. Sia qui sia alla tavolata, dove nuovi arrivi aggiungono lustro e gradevolezza al consesso.
Dovrei anche scrivere un po' di altro: una recensione da partorire o piuttosto da snellire per Letture e riletture prima che la biblioteca reclami il libro, tre risposte da dare per un salto in divenire prima che si spazientisca, qualcosa per un webgol tematico prima che cambi tema... solo che mi tocca anche lavorare e non posso bloggare a tempo pieno, uffa.
Intanto ho risposto all'appello di Babsi inoltrando a un paio di mailing list l'SOS Kosovo (anche su CuT'n'PaStE).

23 marzo 2004

Ti farà vedere lei

Sono contento perché ieri finalmente sono andato dall'oculista per un controllo. Erano 11 anni (undici anni!) che non mi facevo visitare accuratamente e per fortuna non sono peggiorato (solo un piccolo aggiustamento di 0,25 di astigmatismo all'occhio destro e di miopia all'occhio sinistro - o viceversa, ora non ricordo). Mi sono anche lasciato mettere gocce e coloranti negli occhi per misurarne la pressione e per la verifica del fondo.
Tutto a posto, mi ha detto Cinthia, persona speciale e più che piacevole, capace di continuare a svolgere con amore il suo lavoro abbinando grande competenza e ridente giovialità, battuta pronta e sensibilità profonda.
Come vedi, ho ragione a ritenermi fortunato. Lo sono anche nell'incontrare o ritrovare chi contribuisce a rendere la vita degna di essere attraversata in compagnia.

22 marzo 2004

Tun-cià tùncia tutùn

Pur alle prese con un carico di lavoro urgente e pressante, o forse proprio per questo, l'altro ieri non ho potuto fare a meno di buttar giù al volo una potenziale canzone rappeggiante. E qual è il gusto di fare qualcosa se non la si condivide?

20 marzo 2004

Forse siamo in tempo

Dicevo: Fugge, corre, svanisce, oppure
Concentriamoci su quell'oppure, con l'ausilio di due brani che riporto di seguito.

Il primo è tratto dall'Hagakure e l'ho trovato sulla pagina di Gaspare:
Di certo esiste solo il particolare scopo del momento presente. Tutta la vita è fatta di attimi che si susseguono. Una volta compresa questa regola fondamentale, il samurai non deve più manifestare impazienza né porsi altri scopi. L'esistenza scorre semplicemente.
Tuttavia le persone tendono a dimenticare tale precetto, pensando che esista sempre qualcosa di più importante. Pochi capiscono il valore di questo principio. Non si può imparare a conformarsi alle proprie decisioni senza perdere la Via, se non dopo una certa età, ma, una volta raggiunta l'illuminazione, anche se non se ne ha chiaramente coscienza, la determinazione è sempre presente. Se ci fissiamo in questo stato di attenzione continua, raramente ci sentiremo confusi, poiché così restiamo fedeli ai nostri principi.

L'altro è stato seminato da Gilgamesh tra i commenti di Herzog:
Una volta un uomo, pensando che la vita fosse troppo breve per tutte le cose che ci sono da vedere, da fare e da provare, si mise alla ricerca della vita eterna.
Arrivò fin quasi ai confini del mondo conosciuto; antiche leggende del suo popolo dicevano che ad Oriente vi era un giardino, e là avrebbe trovato qualcuno che conosceva il segreto dell'immortalità. Era un tipo ostinato, e non si arrese di fronte alle difficoltà: attraversò deserti, guadò fiumi in piena, scalò montagne e navigò per mare.
Durante il suo viaggio incontrò, in una città di mare, una persona che faceva la sua stessa ricerca. Conversando, convennero che sarebbe stato bene unire gli sforzi, e si misero in cammino. Di fronte al fuoco del bivacco, una sera, il nostro eroe chiese al suo compagno di viaggio da quanto tempo fosse alla ricerca della vita eterna, e questi senza scomporsi gli rispose che erano ormai quasi novecento anni: era un potente stregone, e conosceva sistemi per prolungare la vita, ma non per renderla eterna.
Trasecolando, domandò come avesse impiegato tutto questo tempo e lo stregone scrollando le spalle rispose che non aveva fatto altro che cercare il segreto dell'immortalità, vagando da un continente all'altro. L'eroe comprese allora, in un lampo d'illuminazione, che non è la quantità di tempo a disposizione che cambia le cose, ma come s'impiega la quantità limitata di tempo che abbiamo a disposizione: mille anni, diecimila, possono non essere abbastanza se non si vive una vita degna d'essere vissuta.
Abbandonò la ricerca, tornò alla sua città e ricercò la felicità nelle piccole cose: la lealtà di un amico, l'amore di una compagna, la gioia di crescere un figlio. E curiosamente, l'immortalità che aveva cercato e che gli era sempre sfuggita trovò lui.

Entrambi preziosi per aiutarci nel difficile compito di provare a percorrere la via più semplice.

18 marzo 2004

Indegno di nota

il fatto di avere passato la serata all'assemblea condominiale. Però a non esser pigri ci sarebbe da imparare anche da quel tragicomico microcosmo, i cui meccanismi si replicano magnificandosi nella rete dei rapporti sociopolitici senza perdere il carattere grottesco.

17 marzo 2004

Fugge, corre, svanisce, oppure

Fin dall'età di dodici anni mi angustiavo per l'eccessiva velocità alla quale sentivo scorrere il tempo.
Trovandomi negli anni successivi a leggere i romantici francesi o i testi di Neil Young non scoprii novità, ma rinfrancai quella sensazione.
Poi, di recente (relativamente parlando) ci fu un periodo in cui il tempo sembrò fermarsi. Più che un arresto, in verità era una sorta di paradosso di Achille e la tartaruga trasposto dal piano spaziale e quello cronologico. Come nella recherche proustiana, ciascun istante assumeva la facoltà di dilatarsi quasi indefinitamente. Una rosa dagli infiniti petali a schiudersi incessantemente per lo stupore benefico di occhi golosi di cuore.
Ora, purtroppo, avverto nuovamente la furia della vertigine, con il rincorrersi delle settimane che a folate fanno scattare il contagiri dei mesi, a loro volta squieti e scalpitanti, pronti a travolgere ogni evento, a trascinare ogni cosa, a macinare il reale senza nemmeno concedere alla memoria il tempo di fissare i momenti.
Colgo il segnale, l'avvertimento, il monito a ricentrarmi sull'essere, qui e ora. E a vibrarne col sorriso interiore.

16 marzo 2004

Parentesi

Per me è un valore portare avanti quello che si è iniziato. Non apprezzo chi molla il colpo per sfiducia o per impazienza.
Certo nessuno deve continuare a fare ciò in cui non crede, però se un progetto coinvolge altre persone, mi sento responsabile anche di fronte a loro. Fine della parentesi.

Aggiornamento

Ho finalmente inserito i contributi arrivati negli ultimi tempi per la pagina Lessico dislessico.

Se te li fossi persi, puoi dare un'occhiata agli esordi delle rubriche Le traduzioni inutili e Coniati da vomito.

15 marzo 2004

Occhio

Di quel circo scalcagnato in cui ho sofferto il freddo ma ancor più il pensiero di come dovesse patirlo la giocoliera acrobata semisvestita, attempata madre dal corpo giovane. Di quel circo in cui ho passato una serata compassionevole, con buona disposizione d'animo, prontezza nel giustificare la sospensione dell'energia elettrica, serenità nell'affrontare l'imprevista pausa respirando torce al petrolio animate da clown ragazzini. Di quel circo in cui il presentatore ambiva alla dignità di un grande impresario con le fattezze di un imbonitore da mercatino rionale. Di quel circo in cui gli animali, a parte le colombe ammaestrate, si facevano quasi i fatti loro trottando in circolo a mostrarsi allo sparuto pubblico, a parte il rincoglionitissimo serpente boa estratto e riposto in cassa lignea, con il cavallo entrato a sorpresa e uscito prima che potessimo dire bah, a parte Lorenzo che entusiasta di gridolini ha riconosciuto l'incarnazione perfetta del suo peluche; animali aromatizzati alla segatura, animali un po' frusti anche quando fingevano di obbedire al domatore, come il dromedario acconsentendo ad accovacciarsi; animali vecchiotti, a parte l'asinello nero di 20 giorni che sembrava davvero un peluche, lui; animali così così dunque, a parte l'elefante. Un elefante indiano dal vivo e da vicino, pronto a ballare il valzer, poverino. Un'elefantessa, anzi. Di quel circo, dicevo, mi è rimasto impresso l'occhio di quell'elefante: un occhio che mi guardava come da dentro un'armatura, come da dietro una maschera. Un occhio venato di rosso e patinato di stanchezza, un occhio in bilico tra l'orrore di un errore karmico e l'accettazione del proprio destino evolutivo, in una catena di reincarnazioni non perfettamente a fuoco. L'elefante, anzi l'elefantessa, ha incassato le coccole di Lorenzo, che ha chiesto e ottenuto di poter accarezzare anche la proboscide, ma in quei momenti come in quello della foto ricordo non ho voluto incrociarne lo sguardo. Mi aveva già parlato, l'occhio di un'elefantessa di un circo scalcagnato.

11 marzo 2004

Bloggare da dio

Alcuni sono appena a un passo da quel livello, ne sono sicuro. Un esempio? Da Ezekiel il papa in persona si è prestato a un po' di rap!
Lezioncina per chi di dovere: la musica fa bene alla salute, i livori no.

Come il vento femmina

Lei e il suo innamorato si chiamano per nick. Non ha un blog, ma li frequenta. Sto parlando di Mistral, che ha raggiunto Gilga tra il novero dei convitati alla tavolata. Le ho fatto i complimenti per l'esordio, nel quale ci regala il racconto di un suo sogno lucido.

10 marzo 2004

Essere di versi

L'ho mai detto che sono fortunato? Credo di sì. L'altra sera, a margine dell'incontro con Jodorowsky, ho passato un po' di tempo con tre persone conosciute lì, venute appositamente dal Canton Ticino. Il piacere della conversazione e della presenza fisica hanno decisamente incrinato i miei pregiudizi sulla personalità elvetica. Per quanto si possa trattare di Svizzeri atipici, questa piacevole sorpresa è la dimostrazione che ogni avvicinamento può contribuire a demolire la stupidità dei luoghi comuni, buoni giusto per le barzellette.
Evidentemente non paga di sorprendermi, Manu, da me sollecitata per uno spunto o un'impressione, mi ha mandato dei versi che sono contento di poter pubblicare qui:
Non odo, ma Jodo
Come risvegliare i sensi
Come ti senti
Quando materializzi lo spirito
Intinto in quel credo
Ateo che spiritualizza
Ciò che non vedo ?
Odo Jodo la rima
Che tuo padre Jaime
Porta in sé come un mastino
« J'aime », il tuo destino
scritto nelle gesta goffe
di un bimbo d'anima.

(Manuela Pagani)

09 marzo 2004

*

Il blogger è un tizio che se ne sta rannickiato dietro a un nomignolo.
(Zu)

08 marzo 2004

Il valore del sorriso

Per un periodo della mia vita ho fatto meditazione zen. Dalle 6 alle 8 del mattino. Due palle! Fermo lì, seduto di fronte al maestro, che stava immobile e tranquillo. C'erano le zanzare che mi pungevano, e il maestro mi colpiva ogni volta che tentavo di scacciarle. Non ce la facevo più, finché un giorno scoprii il segreto: vedete qui, agli angoli delle labbra? Abbiamo queste, si chiamano "commessure". Ecco, basta sollevarle un po', così, basta sollevarle solo un pochino e tutta la vita cambia completamente. Ho scoperto che con il sorriso si può sopportare qualsiasi cosa.
Girando il mondo ho visto tante raffigurazioni di Buddha, tutte diverse salvo per una cosa: il sorriso. Quello che resta del Buddha è il sorriso. Proprio come il gatto di Alice.
Così parlò Alejandro Jodorowsky (cito a memoria quel che ho sentito con le mie orecchie l'altra sera alla Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano). Attraverso il sorriso si è voluto presentare, chiedendo il permesso di raccontare tre storielle prima della presentazione del nuovo libro. È senz'altro un ottimo intrattenitore questo settantacinquenne dalla pelle distesa e luminosa come il bianco dei capelli che lo aureolano.

Alla sua comparsa, di colpo nessuno ha più sentito il fastidio della lunga attesa in piedi tra la calca che si era formata già un'ora prima dell'appuntamento. Alla libreria ero arrivato con un anticipo per me inusitato e che non sperimentavo più dai tempi in cui andavo allo stadio per le partite di Coppa dei Campioni (altro che cempionsliig), eppure erano già tutte occupate le file di sedie approntate davanti al palco, per fortuna abbastanza rialzato da consentire la visuale anche a noi che affollavamo le corsie di libri e CD.

Tra un racconto e un chiste, il nostro "psicomago" sciorinava con apprezzabile leggerezza concetti attinenti alla sfera mistica da tempo praticata (con pienezza: "alchimia significa materializzazione dello spirito e spiritualizzazione della materia").
Accennando alla sua esperienza di lettore di tarocchi, attività che svolge sempre gratuitamente, ha riferito di essersi reso conto che il più delle volte la gente non vuole davvero essere aiutata, perché ciò smuoverebbe troppi equilibri. "Quello che cercano è un'aspirina spirituale". Col tempo, si è risolto a utilizzare la bontà, a cercare di aiutare senza giudicare ("il giudizio è menzogna, pensate al francese jugement, juge-ment = il giudice mente").

[A proposito della divinazione, nel libro Psicomagia. Una terapia panica spiega il suo rifiuto di predire il futuro, in quanto ogni predizione si proporrebbe come modello da seguire, mentre il vedere oltre deve servire a capire e far capire quali siano i nodi personali da sciogliere.]

Un'altra storiella fa da pretesto per ricordare che tutto quel che facciamo è possibile solo grazie al leone che sta alle nostre spalle.
[Da quanto ho inteso, alludeva a un concetto analogo a quello del "sé superiore"*.]
In tale frangente ha richiamato la cabala (o Kabala o Qabbalah), "ciò che è ricevuto". Io stesso sono qui a dirvi delle cose e non so perché le sto dicendo, ma sono sicuro che a qualcuno serviranno.
[Un po' come dire che le parole si scelgono da sole i destinatari, vero?]

Parlando dell'arte, ha distinto tra la creazione ("roba da bambini") e l'arte sacra, nella quale l'artista riceve e comunica.
Da chi riceve? La risposta l'ha fornita implicitamente con un'altra storiella, secondo le cui conclusioni dentro di noi abbiamo un tesoro, un dio interiore, che ci rende re.

Dopo il lungo prologo cui ho accennato, ha menzionato il titolo del libro che costituiva la ragione ufficiale della sua presenza lì. La danza della realtà, dice con questa autobiografia, nel suo caso comportò l'attraversamento di una terribile depressione per la morte di una persona cara, che lo condusse a considerare l'arte come terapia. Terapia che serve per sé e per gli altri, perché aiutando gli altri a guarire guariamo noi stessi.
Ha poi regalato qualche riferimento alla sua infanzia: "Ho sofferto il peggiore dei mali: un padre terribile e una madre assente, la mancanza di una qualsiasi preparazione religiosa e il disprezzo per i valori umani". E ancora: "Mio padre si vestiva da Stalin e quando avevo 4 anni mi disse: 'Si muore, si imputridisce e tutto finisce'. Per questo diventai nevrotico e lo rimasi fino a 40 anni."
[Ripensando al nero trauma in cui affondava Santa Sangre, mi pare ci sia stata almeno una resurrezione.]

Gilga nei commenti chiedeva di porre un interrogativo sul "superamento del quarto varco", ma la richiesta è giunta in ritardo e devo purtroppo dirti che di sogni non si è parlato.
L'unica domanda posta dal pubblico riguardava la figura del matto nei tarocchi. Jodorowsky l'ha descritta così: il matto procede seguito da un cagnolino ed è l'unico a non avere un numero che lo definisce. Il matto è l'essere essenziale, colui che riconosce e lascia esprimere la propria energia divina, seguito dall'ego infantile. Ego che non va assolutamente soppresso, ma che va messo al nostro servizio.

Tra gli innumerevoli spunti emersi, ha ricordato anche l’importanza dell’atteggiamento nei confronti della vita. Raccontando l'ennesima storiella (in effetti si è ben guardato dal limitarsi alle tre annunciate) mima l'incazzatura di un tizio che ha in mano il biglietto vincente della lotteria. Gli chiedono perché sia arrabbiato e lui risponde: "Avevo comprato due biglietti: questo ha vinto milioni, ma quest'altro non ha vinto niente!"

Se la formula segreta è il sorriso, ridere è parte irrinunciabile della natura umana e non conosce vincoli legati alla sacralità, come illustra l’episodio biblico in cui a Sara e Abramo viene annunciata la nascita del primogenito Isacco (colui che fa ridere). Sara, novantenne sterile, all'Arcangelo aveva risposto con una risata.
[Questa l’avevo già sentita da Moni Ovadia]

* sono argomenti che per certi versi hanno già trovato una vocenarrante altrove, ma per stavolta se ne parla qui, mica potevo deludere i commentatori...
-.-.-.-.-.-.-

Dopo la conferenza sono andato a chiacchierare davanti a un aperitivo con tre persone che per caso si trovavano accanto a me, per caso da solo. Con le affascinanti Nadia e Manu e l'intrepido Gianni sono stato bene: alla fine tutti quanti abbiamo convenuto ridendo che una piccola psicomagia si è compiuta anche in quei momenti di condivisione e benessere reciproco per l'apertura di canali comunicativi tra sconosciuti esseri umani.

Ottomarzo

Antologia di Lorenzo, mentre sguazzavamo in piscina:
Gli esseri umani vivono sulla terra, ma possono anche andare in acqua e nuotare. Io sono un essere umano maschio, ma ci sono anche gli esseri umani femmine.
Quando compirò quattro anni diventerò un ragazzino e cambierò la voce. Quando crescerò diventerò adulto ma sarò sempre un maschio. Mia sorella invece sarà una femmina.
I figli non si possono sposare con la mamma altrimenti escono fuori bambini tutti storti.


Dialogo odierno:
- Lorenzo, sai che oggi è la festa della donna?
- Giulia invece l'ha fatta ieri la festa.
- Che c'entra, la cuginetta festeggiava il compleanno. Oggi è la festa di tutte le donne.
- Di tutte le femmine?
- Sì.
- Il 28 maggio invece è la festa dei maschi.
- Lorenzo, quello è il tuo compleanno.

Per lui è ancora un po' troppo difficile, ma per tutti noi non sarebbe male leggere quel che scrisse qualche mese fa babsi jones.

07 marzo 2004

Spigolature

Guardo sempre il cielo con un sorriso...
...dovessero mai scattarmi una foto satellitare..!

jasmin (e)
(A fine tunnel)

05 marzo 2004

Sciamerò lì, mi sa

In questi giorni su Letture e riletture mi è capitato di pubblicare un paio di recensioni sullo stesso autore. Sarebbe più appropriato definirlo "personaggio", per non limitarne la sfera di azione. In effetti colui che ricordavo come regista di Santa Sangre (titolo da cui aveva preso il nome anche un gruppo musicale di miei amici) è anche attore, scrittore, sceneggiatore, psicoterapeuta (o sciamano, o "psicomago", come si autodefinisce).
Incuriosito, oggi alle 18:30 andrò alla Feltrinelli di piazza Piemonte 2 a Milano per vedere di persona Alejandro Jodorowsky.

P.S.: le due recensioni sono di Marco Di Porto e di Fernanda Nosenzo Spagnolo.

04 marzo 2004

L'occhio tra le righe

Lui è uomo di (poche) parole.

Talvolta se ne sta a guardare, anzi, lo fa spesso (pure troppo, pe' li gusti mia).

Ora ha cominciato a far parlare anche le immagini.

Se lo dico, è per consigliarti una visita a fotonelquadro.

03 marzo 2004

Come ti chiami? Da dove blogghi?

Laura756 sta realizzando una "blog mappa" italiana: basta scriverle per far inserire il proprio blog nella regione di appartenenza.

Per chi come me si appassiona a queste cose, ricordo l'esistenza di geoURL, che rende possibile una localizzazione geografica dei siti web molto precisa a livello mondiale. I miei vicini di blog sono qui.

02 marzo 2004

Ricordi e rimozioni

Sono dotato di una discreta memoria, ma ho appena avuto conferma della sua selettività.

Mi è capitata in mano una vecchia cassetta riaffiorata dal solito marasma: London Calling dei Clash (1979). Nientedimeno! L'ho messa su.
Sono sempre loro. Sempre avvincenti, energici, avvolgenti. Ancora oggi i brani mantengono la forza delle origini e i nostri eroi attraversano il tempo. Se mai sfiorano il ridicolo, è quando si abbandonano alla presunzione di saper pronunciare lingue latine, come in Spanish Bombs (e in questo riescono a ottenere risultati peggiori perfino dei Pogues di Fiesta). Per il resto, nella loro rudezza continuano a essere attuali perfino nei testi.
Dunque un ascolto positivo, ancorché un po' distratto dalle varie incombenze a sovrapporsi. Abbastanza distratto da lasciar scorrere la cassetta anche dopo l'ultima traccia del lato A...

...fino al momento in cui la scia del fruscio lascia spazio a una musica che di primo acchito non riconosco. Non ricordavo di avere registrato i Clash sopra qualcos'altro. Ascolto incuriosito, poi m'intenerisco accorgendomi che si tratta degli Yes, gli Yes che ascoltavo verso la fine degli anni '70, gli Yes che rivaleggiavano coi mitici Genesis, gli Yes di Steve Howe e Rick Wakeman, con la vocina di Jon Anderson che s'inerpica lassù, nel mondo etereo e fatato... delle rotture di coglioni inenarrabili. Continuo ad ascoltare, riconosco i passaggi, dev'essere The Yes Album, no quello ce l'avevo in vinile. Ah, è quella pappetta di Fragile. Spengo. Ahr. Dose sufficiente per i prossimi vent'anni.

Ora basta con l'omeopatia: a disintossicare lo stereo deputo il CD che aveva compilato Palomar, benefico fin dal titolo.

Morale: c'è almeno una cosa che avevo completamente dimenticato. Non corro il rischio di diventare come Funes.

Nota per la serie "salviamo il salvabile": benché pallosissimi, gli Yes erano grandissimi strumentisti. Bill Bruford, poi, godrà per sempre di un salvacondotto speciale per aver prestato bacchette e tamburi ai King Crimson in Red (1974).

020304

Il titolo non c'entra niente, ma una data così carina non meritava di essere trascurata.

Finalmente ho aggiornato la pagina delle Reti relazionali, con le aggiunte di Vic e sphera e con i nuovi contributi di ohmygod e della... Signorina Silvani!

Nel frattempo, in un'altra parte del mondo, qualcuno scriveva il primo intervento di suo pugno su un blog.

01 marzo 2004

Veni vidi rividi

Non ero zitto, non ero al cinema: è bastato il piccolo schermo per distogliermi dal lavoro urgente e indurmi a procrastinarlo nelle successive ore notturne.
Tutto a causa di un capolavoro ineludibile, che si coglie come tale perfino a spezzoni.
Grandioso ma fluido, distilla una generosa dose d'amarezza che se presa dal verso giusto può riconciliarti con la vita, riconducendoti a non trascurarne l'essenzialità.
Cosa buona e giusta per la settima arte è rinnovare un tributo di gratitudine a Barry Lyndon, girato nel 1975 da un certo Stanley Kubrick.


a cura di Giulio Pianese

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