Naturalmente,
è tutta un'illusione della nostra mente, che ama ricostruire legami e immagini
anche laddove la realtà la smentisce, esattamente come succede con le
costellazioni, solo apparentemente disposte in disegni creati dalla fantasia
dell'essere umano. Un'illusione non vana: senza di essa, la vertigine dello
spazio cosmico s'impadronirebbe del nostro sguardo verso l'alto, risucchiando la
nostra sicumera e annientando perfino la sicurezza con cui posiamo i piedi a
terra sulla Terra.
Per ritrovarci occorrerà perderci nell'immensità, non quella
di una notte coi grilli che cantano, non quella dello sciabordio degli oceani,
non quella delle sommità poco ossigenate né quella degli abissi insondabili:
l'immensità delle distanze davvero irraggiungibili, quella delle scale appena
immaginabili, quella delle moltiplicazioni di quasi-infiniti difficili pure da concepire...
In verità, la
vertigine con me funziona sempre nel solito modo: più che guardando direttamente
nel burrone, mi spaurisco adocchiando la montagna di fronte e immaginando di
trovarmi a mezz'aria. Anche con lo spazio, più che le stelle, sono i pianeti a
darmi il senso delle distanze e dell'enormità, proprio perché relativamente
vicini e così lontani.
Dunque per perdersi basterà lasciarsi
andare alla "vertigine all'insù", un po' come quella che si può provare sotto le Torri del
Vajolet; dopo l'inebriamento, per ritrovarsi urgerà accorgersi della straordinarietà della
nostra condizione: ci siamo, esistiamo, saremo anche dei puntolini, ma siamo qui
e volendo siamo bravi a gustare un pezzettino di tutta l'immane bellezza che c'è.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.