26 aprile 2010

Dichiarazione

Ho firmato: 8 per mille ai Valdesi (vedi i loro criteri) e 5 per mille a Emergency (codice 97147110155, firma nel primo riquadro in alto a sinistra, quello sul sostegno al volontariato eccetera).

Per altre possibili ispirazioni dai un'occhiata oppure scrivi il tuo suggerimento nei commenti qui sotto.

--
Ecco:
- Caporale: il 5 all'ail (80102390582), l'8 alla chiesa evangelica luterana (sulla simpatia, diciamo).
- laPitta: l'otto per mille alla Chiesa cattolica (sono cattolica che ce volete fa', nessuno è perfetto!) e il 5 per mille alla Vidas (Assistenza ai malati terminali) codice 970 193 501 52. :-)
- Froggy: OPM ai Valdesi (sono contenta di aver letto il link... ne avevo sentito parlare e l'avevo devoluto sulla fiducia... davo comunque più fiducia a loro che alla Chiesa Cattolica...), CPM alla Fondazione Aiutiamoli a Vivere a sostegno dei progetti di accoglienza dei bambini bielorussi vittime del disastro di Chernobyl (C.F. 91017220558)
- Federica: il 5x1000 lo do a Pangea, associazione che eroga microcredito alle donne in paesi disagiati e, aggiungo io, di solide tradizioni maschiliste. Perché le donne? perché a differenza degli uomini che sono molto meno affidabili da questo punto di vista, i soldi prestati li investono creando piccole imprese (sartoria come esempio) che si autosostengono e contribuiscono già in pochi mesi al sostentamento della famiglia. Restituiscono tutto il prestito in percentuale molto più alta degli uomini, e il fatto di diventare autosufficienti le aiuta ad uscire da situazioni di oppressione familiare spesso legata alla loro condizione di "mangiapane a ufo". Anche io l'8x1000 lo do ai valdesi :-)
...

24 aprile 2010

Ri-generazioni

25 aprile in Bovisa



Domani sarò lì, saremo lì coi cuccioli: prendiamo il testimone dalla generazione che per motivi anagrafici sta scomparendo e lo passiamo alla prossima, insieme alla memoria di come sono andate le cose, anche per arginare il danno di quanti tra leghisti e neofascisti vorrebbero riscrivere la storia a modo loro.

[la foto del manifesto è stata ricavata da questa, onorato, grazie]

Inoltre, domani sera a Milano in Via dei Missaglia (fermata M2 Abbiategrasso), per la 4a edizione di Partigiani in ogni quartiere, dalle ore 19 alle 24 si esibiranno: Domenico Pugliares, Mago Barnaba, Fiore Meraviglioso, Sunigal, Arm on stage, Muzicanti, Erremoscia, Renato Sarti, Er Piotta, Flavio Oreglio, Vallanzaska, Rita Pelusio, Punkreas.

12 aprile 2010

Centratura

"Una cosa così l'avevo provata solo alla nascita, quando mi stavo strozzando col cordone ombelicale."
Colpa della maschera, che una volta irrigidita mi stringeva il collo. Ho alzato le mani chiedendo di essere liberato, mi è uscita quella frase e ci sono voluti diversi cicli di respirazione prima di acquietarmi. Poi si è capito che dipendeva dalla mia posizione, dato che era stato modellato non solo il profilo, ma anche l'inclinazione che mi avevano fatto assumere per facilitare l'opera preparatoria del programma terapeutico.

La potenza della mente funziona anche in negativo: a nuotare un po' sott'acqua non si va certo in panico, mentre un senso di costrizione prolungato per pochi secondi è sufficiente a scatenare reazioni incontrollabili nei processi vitali più evidenti e immediati. Battito, respiro, accelerazione e mancanza, il pulsare del vivere che si sente minacciato.

Poi uno pensa ai poverini che hanno patito il waterboarding, la tortura dell'annegamento controllato, e ridimensiona di brutto.

E infine, sorridendo su onde d'arcobaleno, rammenta la fortuna di poter contare su ogni tipo di aiuto: dalla scienza, dalla tecnica, dalla buona stella, dalle azioni, dai pensieri, dai sogni.

07 aprile 2010

Tic TAC

Tic, m'hanno ripristinato la linea sul cellulare.
TAC, l'ho fatta e son sopravvissuto.
Tic, alla fine le cose non sono mai gravi come ti sembrano, ma mentre ci sei in mezzo non innervosirsi non è facile.
TAC, Se doveva morire sarebbe già morto, Ma tanto avevo firmato che erano cazzi miei, Eh già, ma qua anche se scherziamo e ridiamo, le cose le facciamo bene.
Tic, una rubrica da ricostruire piano piano, tra messaggi cui rispondere, chiamate per tranquillizzare e contatti imprescindibili.
TAC, Lei m'ha fatto da anestetico estetico! Alla fine non ho potuto fare a meno di dirlo all'addetta che chinandosi mi aveva chiesto se sentissi il liquido di contrasto.
Tic, i contatti si possono mantenere in tanti modi, ma il primo è ricordarsene, anche a distanza di tempo e di spazio.
TAC, il fatto è che m'ero distratto ad ammirare il bellissimo disegno delle sue labbra, sia benedetta la sua fattrice.
Tic, TAC: quali labbra? M'ha chiesto un blogger vecchio porco quando gli ho raccontato l'episodio al telefono.

06 aprile 2010

Come un canapo nella cruna della portabilità telefonica

Ma quanto sono zen con l'interlocutrice del call center, quanto, dopo tutti questi giorni nel limbo della porcabilità, sospeso nel passaggio da un operatore all'altro (tim-fastweb) senza possibilità di usare il cellulare, quanto, quando mi dice che mi apre un intervento tecnico perché la scheda "non riconosce il credito e per questo non mi permette di effettuare o ricevere chiamate"? Quanto sono zen standomene zitto e rispondendo, solo alla terza volta che lei mi ripete la tiritera tecnica: Sì, sì, ho capito. Sto zitto solo per evitare di esprimere il mio profondo disappunto. Ma soprattutto, mi è per forza necessario passare attraverso le fasi di scocciatura, malsopportazione, scontentezza, frustrazione, incazzatura, filadiporchi fino a valicare la soglia della rabbia oltre la rabbia prima di riuscire a essere zen? Non solo per i telefonini, dico.

26 marzo 2010

Musica? Vita!

Uh, avevo capito che si trattasse di intensificare l'ascolto delle mie stazioni preferite, tipo Radio Popolare o Lifegate. Invece, m'hanno spiegato, radioterapia è un'altra cosa. Ho già il calendario per una serie di applicazioni che con un raggio ultramirato distruggeranno il minuscolo intruso, un chicco di riso non sorridente, senza pregiudicare la corda vocale. Riguardo al canto, nessuna garanzia, si vedrà. Però so che sarò vivo, in giro e che potrò continuare a parlare.

Oggi poi la visita preliminare è finita a grandi sganasciate con il medico quando, dopo esserci resi conto di aver frequentato lo stesso liceo, abbiamo rievocato la gita fatta insieme dalla quinta A quinta B e quarta B, con tanto di episodi disdicevoli debitamente filmati... e meno male che all'epoca non esisteva YouTube!

23 marzo 2010

ADR

Nei verbali, è l'acronimo dell'espressione "A domanda risponde".
Quel che avevo fatto tempo fa in un filone su friendfeed in cui chiedevano:

Sapete che domani alle 20 lascerete questa terra. Che fate nel tempo che vi resta?

abbracciare i figli e parlare con loro, anche solo perché la voce trasmetta da cuore a cuore quello che già sappiamo; stare di nuovo per un po' (per sempre!) con una amatissima, per la bellezza di quei momenti d'eternità in cui il tempo si schiude in petali infiniti. --- Vorrei anche salutare tutti quanti, ma sarebbe impossibile in così poco tempo, a meno di scrivere un post. Ehi, ecco un altro vantaggio di avere un blog.

--

No, guarda che non ho alcuna intenzione di, è solo un esercizio per capire cosa conta davvero e per farlo bisogna rispondere a bruciapelo, senza eludere e senza tentennare. Nel frattempo, riascolta questa.

22 marzo 2010

42

Quarantadue è un numero particolare, specialmente per chi ha letto, ma anche per chi come me non ha ancora mai letto quel testo fondamentale. Inoltre è il doppio di ventuno, numero magico di suo. Insomma: 42 suona bene, è divisibile anche per tre e per sette, si può dire sia un bel numero, ma se lo tiro in ballo è perché corrisponde alle vasche nuotate oggi pomeriggio, a una settimana da quando con indosso un camice bianco e accanto a un'infermiera dolcemente nostalgica di Margine Rosso e dei papassini, con l'ultima immagine sorridente del paio d'occhi scuri di un'anestesista dal nome in apparenza cecoslovacco, ma brasiliana d'origine libanese, m'han messo a dormire prima di ravanarmi in gola.

Ora, so bene che una quarantina di vasche sono una bazzecola se non una ridicolaggine per chi nuota sul serio (tipo Enzo coi suoi cimenti o Raffa coi master, e non voglio nemmeno pensare alla Tengi e ai suoi severi criteri), però per me che non son nessuno e che semplicemente approfitto una volta alla settimana dei 50 minuti in cui il mio Lorenzo segue il corso medio-avanzato (il patatino sta già imparando la virata e i rudimenti del delfino), per me, dico, quarantadue vasche sono una bella soddisfazione, nonché una di quelle cose che si fanno solo da vivi. E me ne compiaccio, giacché compiacersi tra un sorriso un bel pensiero e uno zuccherino è cosa buona e giusta, oh.

20 marzo 2010

Dai pixel alla lavatrice

Tempo fa avevo letto un consiglio pratico derivante dall'esperienza diretta di (C)assetto variabile. Oggi l'ho applicato e posso confermare che funziona.

Si trattava di questo (in sintesi: aceto bianco al posto dell'ammorbidente).

18 marzo 2010

Firulì firulà

La storiella di Socrate e della cicuta la usai una volta per convincere un bravo chitarrista che valeva la pena dedicarsi a perfezionare l'esecuzione di un pezzo sebbene lui fosse in procinto di partire e dunque di lasciare per sempre il gruppo. A margine, non fu un per sempre, ci fu un revival, ma non era quello il punto. Il punto era che per decidere se vale-la-pena-di non si deve puntare su motivazioni esterne: non si può puntare sul futuro perché è ignoto, non si può puntare sull'utilità perché è incerta o discutibile, non si può puntare sul rosso e sul nero contemporaneamente perché alla fine se non sei il banco ci rimetti i soldi e la serata. Su cosa si debba puntare non posso dirtelo, non perché sia un segreto, ma perché è come il dito di Jack Palance: la cosa è la tua cosa, non potrebbe essere altrimenti, se te la dico io non è più la tua cosa e se non ti pago non ha senso che ti sforzi per realizzarla. Poi è pur vero che se anche potessi dirtelo, non te lo saprei dire, perché delle due l'una: o non m'interessa abbastanza di te e quindi non ti conosco fin dietro le pupille oppure m'interessa molto di te e in tal caso il mio parere sarebbe condizionato dal coinvolgimento. Non resta che tacere? Tacere o raccontar storielle, ma senza raccontare storie: ridicolo vantarsi di avere la soluzione in tasca, soprattutto mentre ci si pensa o ripensa nudi. Invece, dai, se non vuoi raccontartela, usa la scaltrezza e nota che una storiella usata manca di freschezza, che le alternative sono artificiose e che, in luogo del dito, un buon veterinario utilizza un braccio, sa che con le vacche ci vuole tutto, a costo di farsi inondare ogni tanto dalle loro esternazioni.

14 marzo 2010

Se tutto va bene

Domani, lunedì 15 marzo, mi sottoporrò a un intervento di microchirurgia alla corda vocale destra. Se tutto va bene, dopo un paio di settimane di silenzio ricomincerò a parlare normalmente e poi, spero, anche a cantare.
Baci e sorrisi, ciao.

Aggiornamento: sono già a casa. Riposo vocale almeno fino alla visita di controllo del 23 marzo.

12 marzo 2010

Baci e abbracci ineffabili

Ho letto un post di chiaratiz (val sempre la pena leggerla, sempre) e mi è venuto in mente che ci sono delle foto, e ne sono contento perché è più facile agganciare i ricordi ai sensi più immediati, ci sono delle foto in cui una Cajuina di pochi mesi mi sta in braccio accarezzandomi la faccia, ma accarezzandola come se ne misurasse o ridisegnasse i lineamenti. Una roba di quel genere lì indescrivibile, uno scioglimento che fa confondere tra loro l'epidermide e gli apparati interni, inondando tutto di un sorriso che s'irradia fino a far bene al mondo.

08 marzo 2010

Jon-fen

Qualche sera fa sono andato ad ascoltare Jonathan Safran Foer. Era alla Feltrinelli a presentare il suo ultimo libro. Io c'ero andato per due motivi: uno, per distrarmi; due, perché lui ha scritto Everything Is Illuminated (Ogni cosa è illuminata).

Il suo ultimo libro però non c'entra con quello, non è nemmeno un romanzo, anche se lui sostiene che più che un saggio sia un diverso modo di raccontare una storia. Se niente importa (sottotitolo "Perché mangiamo gli animali?") parla di alimentazione, o meglio, parte da lì ma a quanto pare dice molto di più.

Sul libro non posso pronunciarmi, non avendolo letto, ma dell'autore posso dire che mi è piaciuto ascoltarlo: lui è diventato vegetariano, ma nelle sue argomentazioni sul consumo di carne è tutt'altro che integralista; mostra flessibilità e ragionevolezza, auspicando cambiamenti comportamentali anche minimi.
L'obiettivo è quello di contrastare l'allevamento intensivo o industriale (factory farming), con il suo carico di supplizi inflitti a esseri viventi, il dannosissimo uso massiccio di antibiotici e l'enorme impatto ambientale. Safran Foer fa notare che anche solo un pasto carnivoro in meno alla settimana inciderebbe molto a livello di inquinamento, tanto per dirne una (se lo facessero tutti gli statunitensi, equivarrebbe a togliere dalla strada 5 milioni di veicoli).
Inoltre ha l'intelligenza di considerare l'intero ventaglio dei possibili aspetti della questione, rimanendo aperto alle eventuali obiezioni, rispettando i diversi punti di vista e considerando una vittoria qualsiasi variazione comportamentale orientata verso una maggiore consapevolezza, di sé e del mondo in cui ci si trova.
Così, non mangiare carne o mangiarne un po' meno o mangiare solo quella che ci gustiamo veramente o mangiare solo quella di ottima qualità sono tutte scelte che produrranno benefici in vari ambiti: la salute personale e quella del pianeta, la percezione di sé e della propria capacità di incidere sul futuro, l'evoluzione delle considerazioni etiche e del senso di responsabilità nei confronti dell'umanità presente e prossima.
Ogni nostra azione quotidiana determinerà dei cambiamenti, perché contiamo molto di più come consumatori che non come elettori.

A giudicare da quel che ho visto e sentito, è uno scrittore anche quando parla, per il senso del ritmo, per il gusto del raccontare, per la presenza di sé e la capacità di ascolto. In più mi piace che nella sua compostezza sappia essere spiritoso e trasmettere la sua gioia di vivere.

24 febbraio 2010

Leggere e distruggere

Il gioco era quello di dire il nome di un calciatore che iniziasse con la lettera estratta a sorte. Uno a giro, al tuo turno, finché ne sapevi e poi eri eliminato. L'ultimo vinceva. Fu come insegnar loro a pescare anziché limitarsi a regalare un pesce. Loro erano i miei compagni di naja, alpini da alpeggio al IV C.A., spesso incapaci di farsela passare e sempre più spesso inclini a rimanere in camerata a guardare la tele anziché usufruire della libera uscita man mano che il congedo sembrava paradossalmente allontanarsi come la tartaruga che sfugge ad Achille. La tele era un apparecchio clandestino, che il più topo doveva custodire nel suo armadietto schiacciando oltremodo gli effetti personali nel già esiguo spazio disponibile. Il più topo aveva anche un altro compito ingrato, quello di sorvegliare il corridoio al mattino, per consentirci di dormire qualche minuto in più senza essere puniti dall'arrivo di qualche sergente. Però la sua condizione, la condizione del topo, rimaneva tale solo per un mese, e per un mese uno sopporterebbe ben altro, sapendo che poi qualcuno prenderà il suo posto e così via. Una catena virtuosa, come quella delle diecimila lire che si mettevano per il televisorino, cosicché il congedante potesse recuperare il proprio investimento iniziale. Sono le cinque e venti, apri il culo e stringi i denti, ma invece di qualche scherzaccio crudele che magari in altri contesti succedeva pure, solo un gradito avviso per alzarsi a vedere la finale dei 100 metri, quella vinta dal futuro squalificato Ben Johnson. C'è una morale in tutto questo? Sì, certo, ci sarà. Che cosa abbiamo imparato? Non so. Non lo so nemmeno io. Penso che abbiamo imparato a non rifarlo più. Anche se non ho la più pallida idea di che cavolo abbiamo fatto. Sissignore, è difficile a dirsi.

03 febbraio 2010

Esplosivamente

Oggi è san Biagio, cui tradizionalmente ci si affida per proteggere la gola. In questo periodo ne ho particolarmente bisogno: la semiafonia che mi affliggeva da mesi è attribuibile a una forte infiammazione della corda vocale destra, l'ha sancito con le immagini la fibroendoscopia* e per fortuna gli esami del sangue sono perfettamente nella norma, ché le facce e le domande degli specialisti m'avevano indotto a qualche preoccupazione di troppo (tradurre protocolli medici sbriglia la mente in territori orrendi).
E pensare che fino a un mese fa, se m'avessero detto "cordite" avrei tutt'al più associato il termine alle storie dell'Alligatore, alle sue avventure in noir e polvere da sparo con il vecchio Rossini nei romanzi di Massimo Carlotto.
Ora mi sto lentamente ristabilendo. Curioso che abbia iniziato a farlo prima ancora di iniziare le cure antibiotiche prescritte (sarà una coincidenza o autosuggestione, ma è successo dopo che sono stato oggetto di una sorta di atto sciamanico a distanza, sarà quel che sarà ma se funziona ben venga, come ha detto anche la mia dottoressa).
Se recupererò in tempo, come confido, oltre a riprendere i concerti con i Blubaluba, già richiesti per qualche data in locali pubblici e feste private tra maggio e giugno, conto anche di partecipare al MusiCamp, idea in evoluzione a partire dalle lande di friendfeed.


* che impressione trovarsi in gola un cavo di fibra ottica che ti è stato infilato su per una narice! Facendo le proporzioni, ripenso ammirato e stupefatto a certe graziosità elargitemi in varie occasioni.

28 gennaio 2010

Porompo

D'accordo, scenderò dal pero. Quando ci sono salito? Dunque, vediamo: l'ultima volta probabilmente l'altro giorno. L'ultima nel senso della più recente, ovvio. Non che non sia goloso di quei frutti, è che la frutta perennemente fuori stagione e comunque fuori portata fa più male che bene e poi, soprattutto, sui rami secchi ti sbalestri, anche quando non cadi: ti sbalestri fintanto che ci resti su. E poi ricordati che da piccolino il barone rampante non t'era piaciuto affatto, al contrario t'aveva scandalizzato con siffatta ostentazione di cotale stupida ostinazione. Dunque, scendi. Ora.
Bene. Adesso vai a fare altro, che ce n'hai da fare, giù dal pero.

27 gennaio 2010

Nei risvolti delle palpebre

La colpa è anche far finta di niente la volta che ti capita di assistere a un'ingiustizia, lì dove ti trovi, nel tuo tempo. Perché è bene ricordare, ma la memoria collettiva acquista pienezza di senso quando serve a conferire al presente lo spessore necessario a cambiare in meglio il futuro.
L'intento semplice e fondamentale di difendere la dignità umana è indubbiamente condivisibile, purché sia tradotto in azioni coerenti, da ciascuno secondo la propria potenza d'azione diretta.
Nel frattempo, un pensiero di calore a chi gli orrori li ha avuti o li ha ancora lì, indelebili, nei risvolti delle palpebre.

26 gennaio 2010

Quasi sottozero

Stava insaccandosi nell'inadeguato cappotto, mentre tra i brividi metteva i passi uno davanti all'altro e imbacuccati i pensieri restringeva perfino lo sguardo nell'illusione di far calotta ed evitare la dissipazione termica, quando alla coda dell'occhio lampeggiò un istinto d'attrazione. Aveva incrociato una figura carica di bellezza nota, ma sconosciuta all'archivio dei ricordi.
Non volle né poté fare a meno di voltarsi, praticamente all'istante, incollando la vista sul flessuoso asse verticale di cui inquadrò chioma, folta e corta, portamento e calore. Lei dovette percepire quella direttrice polarizzata, giacché lasciò trasparire come un trasalimento, quasi un indugio, prima di riprendere il passo.
D'un tratto dimentico d'ogni svantaggio climatico, lasciò che i muscoli facciali abbandonassero il rattrappimento stagionale per scaldare il volto di un sorriso gratuito. Già contento di quel segnale di vita, trascorse qualche secondo di troppo a compiacersene prima di rendersi conto che non avrebbe più potuto tentare una qualsiasi forma d'approccio senza un decuplicato imbarazzo, data la distanza che quella falcata da puledra aveva posto tra loro nel frattempo.
Semi-inebetito si riavviò, meno raggrumato e sbrigliando un pochino le membra e l'attenzione al mondo circostante. Le persone che incrociava lo fissavano, alcune sorridendo, dal che capì di non avere ancora dismesso la propria maschera raggiante spontanea e inattesa. Basta poco, constatò, a non morire.

25 gennaio 2010

La trama scoppia

- Adesso non è che voglio star lì a farti le menate, ma è non so quanto che stai lì così, in stato catalitico, che mi fai pena mi fai; pena, poi: mi fai proprio incavolare, orcozzio, altro che storie, ma sarà mica la maniera, sarà.

(Inutile pensare di poter andare avanti così, senza uno spiraglio di luce calda in grado di avvolgerti e restare, anzi in grado di avvolgerti e restare perché tu lo desideri, anzi, in grado di avvolgerti e restare perché tu non solo lo desideri ma lo vuoi e sei e fai perché così sia.)

- Varda lì che roba, tutto sto casino, tutto, e le cose si fan mica da sole, eh, bisogna farle, perché ci vuole che si deve reagire, capito?

(Flusso flusso fluttua fluttuo. Flessuose movenze, fluttuante danza, arzigogolami i pensieri, lieve lambiscimi le reti neuronali, ammaliami i soprasensi.)

- Oh, la degnazione, manco una parola, siam gente che stanno male in silenzio, che stanno. Ma dimmi te se è la maniera. Oh, ma ci senti?

(Inutile sperare di poter far materializzare uno sbuffo di spirito, uno sbuffo in grado d'insufflarti vita pura, anzi uno sbuffo in grado d'insufflarti vita pura e fresca, anzi, uno sbuffo in grado d'insufflarti vita fresca e pura e pure gradita e dello stesso tenore vibrazionale di quella ch'emani tu cellula per cellula.)

- Ecco, almeno facciamo due mucchi: da lavare, da metter via, da lavare, da lavare, questo... mmmh, da stralavare, madonna che sentore d'umanità.

(A un passo, è lì, qui a un passo, la percezione dice e crea, la parola e il suo potere, l'evocazione della memoria magica, l'atemporalità e le porte di comunicazione, il colore è vibrazione, ti dipingo in me alle frequenze che saprai captare da ovunque e in ognissempre.)

- Boh, qua nemmeno una a far le pulizie a tempo fisso, pieno, come si dice, nemmeno sette giorni su cinque ci basterebbero, qua a andare avanti così una badante, notte e giorno che è un'indecenza, scusa eh.

(Inutile pensare di poter far materializzare il flusso di luce spirituale in grado di ammaliarti le frequenze, anzi, in grado di percepirti le memorie, anzi, in grado di ammaliarti le memorie e frequentarti il colore vibrazionale, anzi, in grado di dipingere lo spiraglio della trama neuronale, anzi...)

21 gennaio 2010

No, guarda

No, guarda, non posso venire perché è il compleanno di mia figlia.
No, guarda, non posso venire perché ho il compromesso per la nuova casa.
No, guarda, non posso venire perché è morto mio zio.
No, guarda, non posso venire perché mi arriva la visita fiscale.
No, guarda, non posso venire perché devo studiare dei documenti per la riunione di domani.
No, guarda, non posso venire perché mi tocca stirare e ce n'è una pila fino al soffitto.
No, guarda, non posso venire perché voglio assolutamente controllare dov’è finito il libro che dovevo restituire il mese scorso alla biblioteca.
No, guarda, non posso venire perché questa settimana ho deciso di riascoltarmi tutta la discografia delle sigle televisive anni ’80 e sono ancora a un terzo.
No, guarda, non posso venire perché il mio vicino di casa è partito e gli ho dato la disponibilità a firmare per le raccomandate.
No, guarda, non posso venire perché non so cosa mettermi.
No, guarda, non posso venire perché è l’anniversario di quando il pappagallino ha detto “ciao, bel rutto” per la prima volta.
No, guarda, non posso venire perché qua c’è un sacco di polvere e se non spolvero oggi non spolvero più.
No, guarda, non posso venire perché sospetto che uno dei pescetti dell’acquario stia rubando il mangime agli altri due e devo star qui a controllare.
No, guarda, non posso venire perché oggi non è giornata.
No, guarda, non posso venire perché proprio non posso.
Però tu richiamami, eh, che ho un sacco di voglia di vederti.


a cura di Giulio Pianese

scrivimi