17 novembre 2017

Pedala forza vai

Vale sempre la pena far aggiustare la bici, quella quasi gloriosa carretta rossa che mi permette di infilarmi tra il traffico anticipando i pesanti e puzzolenti quattroruote (li chiamo così quegli animaloni brutti solo quando non sono io a usarli) e di arrivare a destinazione un po' sudato ma con un senso di tonicità e qualche grado di soddisfazione.
Vale la pena gelarsi le mani perché non si trovano i guanti al mattino, vale la pena asciugarsi il naso al semaforo, vale faticare un po' per procedere spedito anche nelle rare salite. Vale ancora di più andarsele a cercare, quelle salite, attraversando il parco per tornare a Cinisello dalla Bovisa dopo un pranzo troppo lauto e con tanto sapore affettivo.
Vale tantissimo godersi le immagini attraverso il parco, con lo specchio del laghetto di Niguarda colorato dai riflessi degli alberi, bellimbusti che esibiscono spettacolari chiome provvisorie. Chiome simili si moltiplicano procedendo oltre e abbracciano lo sguardo assommandosi in foresta fatata che chiama a farsi esplorare.
Va, va, ma nel frattempo il buio si fa strada, il buio ti sorprende e a nulla valgono le lucine del Decathlon se le hai lasciate a casa sul comodino antiquato vicino all'ingresso. Una bianca una rossa, capaci di lampeggiare o di fissarti e di farsi notare comunque fino a 300 m, nientedimeno. Vai, vai, che sembra che arrivano i pompieri, diceva Gino il ciclista l'altra sera, dopo avermi raddrizzato la ruota: abilità che in questo caso vale più di un congiuntivo.

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a cura di Giulio Pianese

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