22 maggio 2012

Gemme di maggio

Durante una supplenza ho letto il sonetto 18 di Shakespeare e ho parlato loro della paradossale opposizione tra natura e arte, ove la prima, tumultuosamente in divenire, richiama il declino e la morte mentre la seconda, nella sua fissità, promette vita eterna.
Ho anche suggerito di apprezzare l'interpretazione canora di David Gilmour, che ben si attaglia all'idea di musicalità da sempre in qualche modo intrecciata all'espressione poetica.

Ma così come la bellezza s'allontana dal bello, neanche i versi eterni a un certo punto bastano più. Meglio il caduco vivere, un ansito di qui-e-ora, meglio il lampo d'un sorriso fugace ma acceso, un fazzoletto di paradiso rubato agli dei del tempo, meglio un passo di danza maldestro condito di gioia fanciulla, e i giochi i colori i disegni i baci, meglio i baci, e dagli occhi vederti che ridi e che sei come sei.

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Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.



a cura di Giulio Pianese

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