20 febbraio 2012

Fino al pentagramma e oltre

Ci sono casi in cui la comunicazione patisce oltremodo le limitazioni. Tipo se ti dico una cosa al telefono e non è esattamente quello che intendo, perché quello che intendo non sono parole e quindi posso solo descriverti più o meno vagamente, per esempio, un'azione. Peggio ancora se quello che intendo non è nemmeno un'azione, ma un sentimento, forse-ma-forse parzialmente trasmissibile come onda carezzevole, di certo non in un involucro di sillabe dette e non dette. Massima frustrazione, poi, se il contenuto da comunicare è un coacervo di sensazioni e sentimenti e intenzioni e patimenti, slanci irrefrenabili e coscienza dei limiti, propri e imposti da divisori altrui. E allora? Perché mai rinunciare? Ci sono pur sempre altri linguaggi capaci a modo loro di portare una carezza come un'onda, un'onda come una carezza.

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a cura di Giulio Pianese

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