Sarà perché, come diceva Darko, ascolto radio che mi raccontano la top ten maghrebina o mi aggiornano sulle new entry dei Carpazi mentre snobbano il mainstream, ma io certi tormentoni non li subisco se non molto di riflesso.
Sarà per questo che non mi capitò di nausearmi all'ascolto di quel pezzo là, quello che considerai non già una banalità sdolcinata e ributtante, ma un inno alla semplicità, puro e semplice, pura e semplice.
Sarà che c'erano delle strisciate sui bassi, delle strusciate profonde in quella voce inaspettatamente sensuale, come fummo felici di notare all'unisono, reciprocamente confortati, io e un mio amico per la pelle dai gusti per solito parecchio difficili.
Sarà che il girotondo melodico pronto a risbucare sul ritornello mi seduceva con la potenza di una caramella per un bambino, sarà che il ritornello stesso, ascoltato a dovere e non storpiato per noia o incuria da suoneria, secondo me era proprio bello.
Sarà che per una volta, dopo un'adolescenza da rockettaro duro e puro e incazzato e intransigente e stupido, non mi ero voluto lasciar fagocitare dai pregiudizi.
Sarà per tutto questo o altro, non so, ma Tre parole cantata da Valeria Rossi oggi l'ho beccata in un video del 2001 e mi è ripiaciuta.
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Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.