30 agosto 2007

Auto demo

Oggi abbiamo fatto demolire la Ford Fiesta, malgrado la Caju e soprattutto Lorenzo non vi si volessero rassegnare. Ci ha accompagnati Fraps, che ha avuto la luminosa idea di far staccare i due marchi dall'auto affinché i piccoli se ne venissero via con qualcosa, tipo quando uno si porta l'urna del defunto a casa. Ha funzionato!

29 agosto 2007

L'essenziale

Lo si scrive d'agosto da quelle parti.

Anche quest'anno, ho letto le istruzioni e ho contribuito.

P.S.: indirettamente ho istigato la mia cara cognatina, che però, frettella com'è, ha inserito il suo contributo in luogo non deputato; sentendomi responsabile, ne riporto qui le parole:
È il gusto di ascoltare una luce dolce come una soffice piuma.
Cinzia

26 agosto 2007

EnZone

Entrato nella zone osservai.
Badavi a leggere dentro ogni nesso intimo.

ciao
Zu

18 agosto 2007

Vibracall

Qua in Italia non si può fare un cazzo che subito si viene a sapere. Sono le parole di Beppe, che sta a magna' a Trastevere, in trasferta vacanziera con la famigliola.
Il fatto è che ci ho parlato per puro caso: tu immagina di chiamare una persona che abita dalle tue parti e che casomai crederesti in vacanza su qualche isola. Una cui non telefoni mica tanto spesso, una che poi di solito lo tiene spento, l'aggeggio. Ecco, invece mi risponde: Siamo qui con tuo fratello. Dove? A Roma. Bello, che coincidenza!
Pensavi fosse la vibrazione di famiglia, Germana, ma avevo semplicamente voglia di sentirti. Anche per colpa di tuo papà e di Cochi e Renato, lo ammetto. Buon appetito e a presto.

P.S.: tu sul blog scrivi questi fattarelli, ma ti sembra il caso? Sì.

14 agosto 2007

L'alba sulla ruota

Letteralmente, è stato come venire alla luce. Partendo dal basso, dal centro delle cose, sudandosela e vivendosela anziché limitarsi a osservare dall'alto (analogo concetto espresse Janis Joplin in un'intervista, a proposito del proprio coinvolgimento sul palco).
Sveglia nel cuore della notte, in auto dalla Val di Fiemme fino al passo Costalunga, e via, una volta calzati gli scarponi e impugnata una torcia, su per il sentiero n. 548, sperando di non essere troppo in ritardo per gli spettacoli (quello naturale e quello umano).
In un'ora e mezza ce l'abbiamo fatta, mia sorella Tere ed io; la salita, il bosco, la salita, il costone, la salita, il chiarore, la salita, il rifugio. Alla fine, maglietta maglia e giacca a vento quasi strizzabili, due foto, un cambio veloce e via libera agli spettacoli: quello del sol levante un tantino ritardato dalle nuvole, quello di David Riondino e Gianluca Petrella, seppur contrastato dal freddo, puntuale e interessante.
Il trombonista jazz accompagnava in modo estroso la lettura di alcune filastrocche di Ernesto Ragazzoni e di un testo di Mark Twain. All'umorismo surreale del "Verme solitario", della "Laude dei pacifici lapponi e dell'olio di merluzzo" e del "Lamento delle locomotive che vorrebbero andare al pascolo" del poeta novarese, ai suggestivi spunti del "Viaggio in paradiso" del geniale autore americano restituiti dalla voce di Riondino, facevano da contrappunto i suoni che Petrella estraeva dal suo mutevole strumento con l'ausilio di un paio di sordine. Rumori mimetici e versi, rapidissime scale be-bop mascherate da cicalecci, richiami leggeri come nuvole, pungenti quanto l'aria, più chiari dell'albeggiare semioscurato. Strani, certo, per un orecchio convenzionale ("E se i ne fasèse 'na bela sonada?" reclamava una signora seduta a breve distanza sul prato), ma sempre un passo più in qua dello straniamento. Perché lì si era presenti, tutti quanti, specialmente dopo la scrematura dovuta a luogo e orario.
A conclusione, uno splendido blues in cui il trombone a tiro giocava a botta-e-risposta con l'eco gentilmente restituita dalle montagne, liete di quell'accarezzamento.


Poi ho capito il motivo principale dell'estrema fatica che a un certo punto mi aveva obbligato a passettini minuscoli, come avessi dovuto mettere la ridotta: al di là delle poche ore di sonno e dello scarso o nullo allenamento, c'è un dato di fatto insindacabile:
- passo di Costalunga: altitudine slm 1753 m
- rifugio Roda di Vaèl: altitudine slm 2280 m
...con un dislivello di oltre 500 metri, non solo mi capisco, ma mi compiaccio.

11 agosto 2007

Filiazioni

"Sono i figli a farci nascere come genitori", direi parafrasando L'uomo nel quadro, un blogger d'antan tanto determinato a far perdere le proprie tracce da negarsi perfino alla Wayback Machine, quasi fosse indietreggiato spazzando il terreno con un ramo frondoso, tipo i pellerossa nei classiconi western.
Genitori, in effetti, prima non lo eravamo, come non lo erano i nostri prima che noi nascessimo. Esseri umani, sì: piccoli, cresciuti, maturi, grandi, pusillanimi, pigri, meschini, generosi, egoisti, egotisti, simbiotici, empatici, erranti, smarriti, radiosi, eccitati, incitabili, retti, giusti, corretti, imbroglioni, bugiardi, puri, stupiti, entusiasti, matti, stupidotti, adorabili, tutti quanti fallaci, tutti quanti perciostesso perfettibili e a distanza addirittura perfetti se visti nell'ambra eternizzante dell'evoluzione o sotto il vetrino universale della casualità.
Poi l'entrata in ruolo, voluta e cercata o capitata, e in coscienza non sapremmo quanto necessaria sia, davvero, l'incoscienza, perché la responsabilità assunta non gravi come piombo sull'intimo benessere. Quanto auspicabile sia la facoltà di immergersi nel presente istante per istante, capaci di riaffiorare al respiro sorridente anziché farsi affondare dalle paure del calcolo futuro, futile e inutile scusa, se ci pensi bene ma bene.
Insomma: un bel casino al quadrato, perché c'è quello normale della tua vita più quelli delle vite che per via di tale condizione sono legate a te; però è bello, questo te lo posso dire e sottoscrivere.
Bello, sì, ma non credere finisca lì. Perché, tanto per ribadire come si possa imparare sempre e da tutti, tento di non dimenticare mai il monito insito in una vecchia canzone di Vasco Rossi, Deviazioni: Credi che basti avere un figlio per essere un uomo e non un coniglio?
No, e quindi il casino diventa al cubo. Ma saprai continuare a smussarlo, ti dico, fino a farlo tondeggiare, ti dico, per divertirsi un po' a rotearci sopra e dentro e intorno, come bimbi, con i bimbi e anche da soli nel sole.


a cura di Giulio Pianese

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