14 agosto 2007

L'alba sulla ruota

Letteralmente, è stato come venire alla luce. Partendo dal basso, dal centro delle cose, sudandosela e vivendosela anziché limitarsi a osservare dall'alto (analogo concetto espresse Janis Joplin in un'intervista, a proposito del proprio coinvolgimento sul palco).
Sveglia nel cuore della notte, in auto dalla Val di Fiemme fino al passo Costalunga, e via, una volta calzati gli scarponi e impugnata una torcia, su per il sentiero n. 548, sperando di non essere troppo in ritardo per gli spettacoli (quello naturale e quello umano).
In un'ora e mezza ce l'abbiamo fatta, mia sorella Tere ed io; la salita, il bosco, la salita, il costone, la salita, il chiarore, la salita, il rifugio. Alla fine, maglietta maglia e giacca a vento quasi strizzabili, due foto, un cambio veloce e via libera agli spettacoli: quello del sol levante un tantino ritardato dalle nuvole, quello di David Riondino e Gianluca Petrella, seppur contrastato dal freddo, puntuale e interessante.
Il trombonista jazz accompagnava in modo estroso la lettura di alcune filastrocche di Ernesto Ragazzoni e di un testo di Mark Twain. All'umorismo surreale del "Verme solitario", della "Laude dei pacifici lapponi e dell'olio di merluzzo" e del "Lamento delle locomotive che vorrebbero andare al pascolo" del poeta novarese, ai suggestivi spunti del "Viaggio in paradiso" del geniale autore americano restituiti dalla voce di Riondino, facevano da contrappunto i suoni che Petrella estraeva dal suo mutevole strumento con l'ausilio di un paio di sordine. Rumori mimetici e versi, rapidissime scale be-bop mascherate da cicalecci, richiami leggeri come nuvole, pungenti quanto l'aria, più chiari dell'albeggiare semioscurato. Strani, certo, per un orecchio convenzionale ("E se i ne fasèse 'na bela sonada?" reclamava una signora seduta a breve distanza sul prato), ma sempre un passo più in qua dello straniamento. Perché lì si era presenti, tutti quanti, specialmente dopo la scrematura dovuta a luogo e orario.
A conclusione, uno splendido blues in cui il trombone a tiro giocava a botta-e-risposta con l'eco gentilmente restituita dalle montagne, liete di quell'accarezzamento.


Poi ho capito il motivo principale dell'estrema fatica che a un certo punto mi aveva obbligato a passettini minuscoli, come avessi dovuto mettere la ridotta: al di là delle poche ore di sonno e dello scarso o nullo allenamento, c'è un dato di fatto insindacabile:
- passo di Costalunga: altitudine slm 1753 m
- rifugio Roda di Vaèl: altitudine slm 2280 m
...con un dislivello di oltre 500 metri, non solo mi capisco, ma mi compiaccio.

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a cura di Giulio Pianese

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