15 settembre 2006

Rogo

Di me non t'importa e chissenefrega,
suoniamo insieme e non ti brucerai
Ho un solo desiderio a stuzzicarmi:
fammi stare accanto al tuo fuoco

Jimi Hendrix, Fire

Nel torace, fin dal primo istante al risveglio, le palpebre ancora abbassate e non più percorse dal sorriso, gli si accese a cerchio come una sorta di fornelletto. Sapeva già, per esperienza, che da allora in poi non gli avrebbe più concesso requie.
Si erano dati totalmente, troppi e troppo intensi gli scambi per non lasciare impronta indelebile. E la processione percettiva di ricordi fisici e visivi era corroborata da quelli verbali, copiosi e mondani, distillati ed eterni, scaturiti dal brillio di sensi e anima.
Tutto stampato, tutto conservato, anche materialmente. Un archivio che non gli occorreva sfogliare perché l'aveva dentro sempre. Eppure, qualcosa andava fatto, bisognava intervenire: suo malgrado, non poteva negare di conoscere il valore degli atti simbolici.
Quella sera si decise, come Abramo con Isacco. Gli avevano procurato napalm da spruzzare sul cartaceo: "Quell'ammasso enorme s'alzerà in aria leggero come un'esplosione di brace liquida".
Si mise lì vicino, stava in piedi ignorando la vampata. Dentro, il fornelletto seguitava a consumarlo senza tregua. Guatando il calor bianco di quelle fiamme illegali gli parve dapprima di scorgere tratti e poi linee, un tatuaggio di cenere scura a punteggiare di grafismi immobili l'aria tremula.
S'accorse volgendosi alla parete lunga del loft dello spettacolo di sé, proiettore di parole sagomato in forma d'uomo. Da quel lambire smanioso d'incendio, a vortice sprigionava una danza futurista aggrappata all'intonaco e strappata al suo cuore, alle sue carni. La memoria d'ogni espressione, discorso, sussurro, d'ogni dire trascorso scalfiva, crudele diamante, la sua diafana anatomia e ne eruttava, fattasi segno e graffito.

§ § §

Mattino, esterno urbano. Due umani: la mano piccola in quella più grande, andatura che s'adegua a pareggiare i passi, zainetto sulle spalle contenente l'orgoglio di un quadernone con parole in stampatello scritte a matita.

- Papà, stanotte mi sono svegliato, ma non son venuto nel lettone.
- Bravo che sei riuscito a riaddormentarti da solo.
- Eh, si vede che l'acchiappasogni ha funzionato, perché non mi sono spaventato del sogno.
- Com'era questo sogno?
- C'era un uomo di vetro.
- Di vetro?!
- Sì, era lì in piedi e si vedeva tutto dentro. Però invece degli organi e del sangue, invece di tutte le cose e anche delle ossa, si vedeva un fuoco.
- Dentro di lui?
- Sì, un fuoco dentro il vetro.
- Ah, e scottava?
- No, io non mi sono scottato, ma di sicuro lui sentiva caldo, perché a un certo punto si è girato a guardarmi e aveva gli occhi che gli sudavano tanto.

1 commento:

Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.



a cura di Giulio Pianese

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