Petra Magoni lo è per come canta e per come esiste sul palco.
Avrebbe potuto entrare in scena, regalarci la sua voce multistrato e uscire senza dire una sola parola: saremmo stati grati alla Fortuna e alle rotte intergalattiche per averci portato lì un'aliena bella quanto brava e ancor più brava della bellezza. E invece si mette pure a dialogare, a intrattenere il pubblico, a gigioneggiare insieme al suo "socio", altrettanto simpatico ed efficace. Ma allora ditelo che questa è più che perfetta e che ha ragione quello là a innamorarsene ogni volta.
Così intensamente era iniziato il concerto, con una ninnannanna sarda dalla magia stregonesca e una Come together ritmata dal fiato dell'anima, che uno non sapeva come fare per applaudire di più dello spellarsi. Allora si cambia posto, si va proprio davanti al palco e non più accecati dalle luci si resta pure a bocca aperta per il resto, che è un sovrappiù, d'accordo, mica eravamo lì per quello, ma non guasta.
Per inciso, Ferruccio Spinetti, che suona il contrabbasso trasformandolo in un'intera orchestrina, sarebbe bravissimo; è bravissimo, ma viene spontaneo lasciarsi calamitare da lei in ogni esecuzione, coi suoi virtuosismi che tradiscono spessori come petali a schiudersi infiniti, con una varietà di registri vocali e interpretativi da brividi freddocaldi e da sangue in circolo a mille.
Il repertorio è variegato oltre ogni dire, ma ogni cosa alla fine porta un marchio, il suo, che viene dall'universo dei quattro elementi e si muta in sublime al passaggio da quelle sue corde vocali da paradiso. Musica nuda che veste e adorna il mondo.
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Bonus: parole innamorate e foto del concerto da Aladin, senza parole e video da Broono.
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