La passeggiatina di oggi tra mezzogiorno e l'una è stata doppiamente piacevole. M'ero dimenticato del blocco delle auto e così, dirigendomi verso la biblioteca dopo aver fatto la spesa, è stata una piccola sorpresa poter constatare ancora una volta che l'assenza pressoché totale delle quattroruote dalle vie cittadine regala ai viandanti una maggiore, sia pur prudente, rilassatezza. Prudente per diffidenza, giacché al pedone non par vero di disporre dello spazio urbano, solitamente usurpato dai mezzi inquinanti e pericolosamente ingombranti. Dico usurpato a ragion veduta, perché non è bene dare per scontato che lo spazio in città debba essere occupato dalle automobili in via prioritaria, sebbene io stesso mi ponga troppo spesso come usurpatore, al volante di un veicolo.
Nell'hinterland milanese, un ostacolo all'idea di fare a meno dell'auto è la carenza di collegamenti tra le periferie. Eppure un mio ex vicino di casa (Antonio) osservava che basterebbero pochi e mirati investimenti per chiudere l'anello ferroviario che circonda per tre quarti la metropoli, permettendo così di raggiungere rapidamente tutti i punti tangenziali alla circonvallazione esterna senza dover passare necessariamente dal centro.
Al momento, come si sa, ci troviamo per l'ennesima volta nell'emergenza riguardo all'inquinamento dell'aria e i tentativi fatti per porvi rimedio vengono criticati per svariati e spesso opposti motivi.
Il primo punto da tenere presente è l'assurdità del chiedere opinioni su fatti accertati: l'inquinamento dell'aria è misurabile, quindi non ci interessa se un pincopallo qualsiasi tende a minimizzarlo (lo stesso discorso vale più in generale per il cambiamento climatico*).
Di conseguenza, è incontestabile la necessità di fare qualcosa e di farlo subito. In tal senso, qualsiasi provvedimento immediato va salutato con favore e pazienza, in attesa di interventi strutturali che lascino meno potere all'improvvisazione e dunque alle ricorrenti emergenze (discorso che dovrebbe valere in senso più ampio per la cura del territorio).
Sappiamo per esperienza che un blocco del traffico breve o parziale non risolve la situazione, ma almeno un po' di respiro ce lo concede. Mi chiedo allora perché - in verità, me lo chiedevo pubblicamente già nel 2002, su un blog collettivo ormai scomparso dal web - mi chiedo perché non si adotti sistematicamente tale misura, e in modo drastico.
Per esempio, un blocco totale del traffico privato inquinante di 12 ore ogni otto giorni, per tutto l'anno, indipendentemente dalle condizioni meteo e dai livelli di inquinamento. In tal modo, si conoscerebbe in anticipo il calendario dei giorni "proibiti" (il giorno della settimana varierebbe ogni volta) e ci si potrebbe organizzare di conseguenza. Come? Rimandando o anticipando quel che si può, trovando soluzioni alternative di trasporto o di soggiorno per gli impegni inderogabili.
Sarebbero ammessi tutti i mezzi pubblici e quelli privati non inquinanti a livello locale (come i veicoli ad alimentazione elettrica) o poco inquinanti (come quelli alimentati a metano), oltre ovviamente ai mezzi a locomozione umana. Con l'andare del tempo, le soluzioni alternative si moltiplicherebbero e concorrerebbero ad arricchire il parco degli interventi strutturali che nel frattempo andrebbero sviluppati (potenziamento del trasporto pubblico, adeguamento degli impianti di riscaldamento e delle classi energetiche edilizie, incentivazione del trasporto privato non inquinante, del telelavoro, dell'economia locale...).
Intanto mi contenterò d'un'altra passeggiatina in tranquillità, domani.
(*) se capisci l'inglese, segui questo video divertente riguardo alle discussioni sul cambiamento climatico (climate change debate), in particolare dal minuto 3:30.
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bonus: Jimi Hendrix, Crosstown Traffic
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