Una delle cose che mi ha divertito oggi alla festa della scuola giapponese di Milano è stato lo Shodō. Letteralmente significa "la via (o l'arte) della scrittura" ed è stato bello sedermi in un banco accanto a quello scelto da mia figlia e provare entrambi a tenere in mano il pennello da intingere nell'inchiostro di china per tracciare sul foglio segni orizzontali e verticali seguendo le istruzioni del maestro, che in seguito ci ha indotti a osare riprodurre un ideogramma. Lei ha scelto la forza, io l'albero, semplicemente perché mi sembrava il meno difficile.
Non importa il risultato ottenuto e nemmeno il fatto che l'azione non abbia un seguito, ma rimanga un'esperienza occasionale. Quel che conta è mantenere e coltivare la curiosità di provare, anche solo per capire la difficoltà reale di gesti che altrimenti parrebbero scontati. Ce ne siamo accorti poco dopo, non tanto ammirando in un'altra aula delle tele artistiche, bensì nel momento in cui, osservando i lavori degli scolaretti delle elementari e delle medie, ne comprendevamo la bravura.
Grazie a Martina che ci ha fatto da guida, anche tra le specialità alimentari che abbiamo gustato non appena arrivati lì. Contavamo di fare solo una scappata a questa festa e invece, complice l'incontro con alcuni amici, siamo rimasti fino al momento in cui una voce severa all'altoparlante informava tutti quanti che ce ne dovevamo andare, ripetendo con monotona decisione le parole: "l'evento di oggi è finito".
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bonus: Meiko Kaji, The Flower Of Carnage
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