Ieri ho picchiato la testa, ma forte, contro il contatore del gas. Avevo poggiato un piede sulla sedia per prendere una cosa in cima al mobile della cucina e sono andato a incocciare con tutto lo slancio in quell'aggeggio che sarà sempre stato lì, non lo metto in dubbio, ma che ieri m'ha sorpreso affatto e violentemente sbarellato. Ho sentito un crac e pensavo di essermela spaccata, la testa, invece allo specchio ho constatato che ci era solo cresciuto un grosso bernoccolo, rosso e allungato tra cranio e fronte, sulla sinistra.
Rintronato, dolorante e un tantino preoccupato, prima ancora di procurarmi il ghiaccio da appoggiarci sopra, il pensiero è corso al mio amico Gilgamesh, perché il suo massaggio terapeutico mi sarebbe servito come e più di quella volta in Sardegna, quando andai a sbattere la zucca sull'architrave di un nuraghe a Barumini. Delle sue cure invece devo fare a meno e purtroppo in questo caso non si tratta solo di distanza chilometrica, ma siderale.
Distanze siderali, distanze temporali... Cosa siano i mesi o gli anni non sappiamo, se non frazioni disomogenee di una suddivisione arbitraria di casi o apparenze o eventi o coincidenze. Frazioni o frammenti di tempo. Frammenti, come il titolo di un raccontino che scrisse proprio il mio amico Fabrizio De Santis, “Gilgamesh”, ora presumibilmente fuori dal tempo. Dico bene, goppai?
--
bonus: Ottavo Padiglione, Ho picchiato la testa
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.