12 agosto 2013

Ruotismi

La Roda di Vaèl è un ingranaggio che fa ruotare intorno a sé il meccanismo della bellezza.
Sabato le abbiamo reso omaggio salendo dal rifugio Paolina al passo Vaiolon (2560 m). Spettacolare da entrambi i lati, paesaggio e roccia, il cammino: il Latemar, gli Oclini in basso tra Corno Bianco e Corno Nero, e tutt'intorno tanto di quel mondo da bearsi, fino al gruppo dell'Adamello innevato in lontananza, tra l'altro; e verso monte, stratificazioni rocciose variopinte, sorgenti a cascatella e fiori alpini. La seconda parte dell'ascesa è stata sul ghiaione e ci ha visti entrare in un nuvolone basso e costeggiare un piccolo ghiacciaio.
Sbucati al valico (ero con mia sorella e i nostri due ragazzi del duemila), ci siamo concessi una pausa per rifocillarci mentre il sole ci graziava nuovamente dei suoi raggi, quindi abbiamo proseguito per scendere verso il rifugio Roda di Vaèl. A un certo punto ho voluto vincere le mie paure vertiginose e sono salito su uno spuntone giusto sopra uno strapiombo, facendomi fotografare. Poi mi guarderò per capire se, come credo, è più spaventoso il pensiero della realtà. In effetti, soffro di più quando vedo gli altri sporgersi o se m'immagino nel vuoto, anziché quando mi trovo fisicamente in prossimità di un dirupo.
Continuando per il sentiero, gli occhi spaziavano dal Catinaccio all'incanto vicino e lontano, giocando a nominare le vette, Piz Boè e Marmolada su tutte, e a individuare le valli. Dopo una partita a carte al rifugio e molto sole a irradiarci, ci siamo riavviati per chiudere l'anello e riprendere la seggiovia che dal Paolina ci avrebbe riportati sulla via per il passo Costalunga.
Un giro soddisfacente e godibilissimo. Ho solo patito un po' per le ginocchia nella discesa finale, ma la sera sono andato ugualmente in milonga, a Termeno.

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a cura di Giulio Pianese

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