Soffro di vertigini, l'ho dichiarato piú volte. Vertigini, o forse è semplicemente paura. Paura di dove può farmi sprofondare lo sguardo che non trova appoggio, nel vuoto che si apposta pronto a inghiottirmi rubandomi l'equilibrio e la presa. Così, più o meno, mi sento quando mi sporgo da un balcone, da una terrazza, naturale o artificiale, da una finestra o un finestrino aperti sullo strapiombo. Il punto critico non è il guardare, quanto lo sporgersi, anche quello altrui qualora si tratti di persone care. Il punto critico si fa annunciare dalle mani sudate e da un lieve accenno di altri piccoli sintomi.
Prima di sera si andrà alle grotte che si aprono su questo tratto di costa ionica, tra Torre Vado e Leuca, e ci si tufferà. Sarò della partita, ma ho già espresso l'intenzione di limitarmi a tuffetti, perché la vertigine mi blocca.
Il blocco, però, perlomeno fino a circa tre metri lo riesco a forzare, come ho fatto l'altro ieri a San Gregorio, quando a turno ci siamo tuffati tutti quanti, compresi i miei figli e quelli della mia ospite Laura, smettendo solo al momento di contemplare il tramonto: rivolti gli sguardi all'orizzonte, abbiamo visto nell'ordine un magnifico disco arancione, un occhio di drago e infine il sole alla coque.
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Com'è andata poi?
RispondiEliminaQuel giorno è stato un nulla di fatto, perché Riccardo, il figlio maggiore della mia amica, subito dopo il primo spettacolare tuffo è stato vittima di una medusa e nessun altro si è avventurato.
RispondiEliminaLo zen direbbe che non era il momento giusto per affrontare la cosa... però, povero Riccardo!
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