L'altra sera a festeggiare Elena e Paolo mi sono divertito, ho bevuto e parlato, ho brindato e ho ballato, purtroppo non ho cantato (non ci penso quasi mai, però stavolta mi è pesato non poter salire sul palco insieme alle voci care che lo calcavano in quel momento), comunque la musica l'ho apprezzata anche da fruitore, con le orecchie e col corpo, che si muoveva contento sebbene non ci fosse di mezzo il tango.
Come sempre, è stata una gioia rivedere persone che hanno costellato vari percorsi di vita, sprizzando affetto reciproco anche quando le frequentazioni sono tutt'altro che assidue (però dimmi, quanti punti avrò guadagnato ricordandomi una data di compleanno dopo quattro lustri di lontananza?). Poi ci sono le sfiziosità, come quella di constatare che il mondo è piccolo e la rete è grande, rete di amicizie che s'intrecciano a sorpresa anche tra le generazioni successive, belle da veder crescere, così uguali e così diverse.
Qualche volta nel corso degli anni mi è stato fatto notare come in certe situazioni appaia preda di una sorta di beatitudine ingiustificata, ma non sono io, è il miele per gli occhi golosi e l'impasto di mandorle d'anima che fluiscono intorno al sorridere vero. A tratti, una volta che impari a lasciar correre il respiro, t'investe un'onda tanto forte quanto impalpabile, tanto bella quanto inafferrabile, un po' come un flusso musicale visibile nel distendersi dello spirito, nel rincuorarsi dell'animo, nell'entusiasmarsi dell'io ebbro di vita in quell'esatto istante.
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