Con la scusa di san Biagio mi sono scofanato mezzo panettone semiartigianale. Che poi di Biagio, in vita mia, a parte l'amico vagabondo di Lilli, ho conosciuto superficialmente solo un signore, qualche decennio fa. Di lui non ricordo granché; molto, invece, della sua famiglia, anche perché per qualche anno abitammo nello stesso condominio: dei quattro figli, tutti belli, i due maschi furono scolari di mia mamma e una delle femmine fu compagna di classe di mia sorella. L'altra, pochi anni più grande di me, era un mito per noi fanciulli non ancora ragazzini e tale rimase anche in seguito, perfino quando la conobbi un po' più da vicino scoprendo tra l'altro qualche affinità negli ascolti musicali.
È che se qualcosa o qualcuno ti pare inarrivabile, puoi star certo che non ci arriverai, a meno che non sia la montagna stessa a venirti incontro. E tuttavia, nel momento in cui il fenomeno dovesse verificarsi, se starai lì a badare di non farti travolgere non riuscirai comunque a salire al volo sull'incredibile convoglio. Oppure, per ironia, talvolta di convogli ce ne saranno due nello stesso istante: nessun indugio sarà ammesso, ma non è improbabile che la scelta comporterà un successivo rimpianto.
È quanto successe, in tale vendemmia di vite sfiorate, quella domenica pomeriggio al cinema in cui, adolescemo, mi sedetti accanto a un nuovo batticuore destinato a durare tre settimane, anziché accondiscendere all'invito ansioso di una mano ancor più giovane di me che graziosamente mi stringeva il braccio salendo gli scalini.
Basta, altrimenti finirò per scofanarmi anche l'altra metà del panettone, tra un sorriso goloso e un pensiero leggiadro alla seconda figlia del santo del giorno.
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