Un bel tacer non fu mai scritto, diceva quello, e invece sì: sui cartelli di un film muto, per esempio. Specialmente se muto lo è per scelta, come succede a The Artist di Michel Hazanavicius, produzione del 2011 che ambienta il suo bianco e nero a cavallo tra gli anni venti e trenta del secolo scorso, quelli che videro l'avvento del sonoro sul grande schermo.
L'intreccio è metanarrativo, visto che s'impernia sulle alterne fortune di un divo del muto che rifiuta di conformarsi al nuovo mezzo espressivo. Non mancano i risvolti drammatici né quelli amorosi, ma colpisce la capacità di coinvolgimento esercitata da vicende che sfiorano l'ingenuità, quasi stilizzate, raccontate con nettezza e garbo intransigenti.
In questo, oltre alla bravura degli interpreti, un ruolo essenziale è svolto dalla colonna sonora: quella dei pochissimi rumori sapientemente utilizzati e quella delle musiche composte da Ludovic Bource, perfette nel sottolineare l'azione e gli umori o addirittura nel creare il pathos, rafforzando il patto di credulità tra autore e spettatore, di cui catturano la condiscendenza amplificando splendidamente l'efficacia della rappresentazione.
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