24 settembre 2008

Un po' tocco

L'esplosione atomica, dentro, c'è già stata. Tutto raso al suolo, rimangono solo le intelaiature da facciata, come negli spaghetti western o nelle sagome da foto ricordo finte. Sensazioni, memorie, visioni non sono però andate perdute, bensì digitalizzate. Stanno tutte strette strette, codificate come un calendario maya, sui polpastrelli. Indicizzate, si direbbe, ma anche le altre dita ne conservano il calco parziale. Una leggera pressione e sulla pelle, tua o mia non importa, s'irradierà un racconto, colorato secondo stagione, accorpandosi in forma di flash al formicolio dermico che forse scambierai per una leggera scossa. Di qui al sentimento il passo è breve o impercettibile e le onde faranno vibrare timpani e labirinto, di riflesso però, ché saran le ossa craniche ad accoglierle e ritrasmetterle. Non pensare a un inganno: son cose vere ancorché liofilizzate, vere e naturali, sebbene concentrate. Sono o non sono io a conservarle, seppure immagazzinate in altra forma da quella neuronale. Ritroveremo tutto se m'aiuterai, a mosse di breakdance ricapterai dall'aria elettrica tutte le nostre cariche. Si mischieran le cose, cosa vuoi, l'integrità, ma credi che quel pezzo che di te ogni giorno evapora ti mancherà alla fine, se non te lo dicevo non ci pensavi mica, alle cellule che muoiono di notte e alla loro scia che solo su Tralfamador vedresti intera, un'ombra ambrata dietro e innanzi al tuo presente. Allora, la vuoi questa carezza, vuoi darmi la tua Universale Concezione.

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Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.



a cura di Giulio Pianese

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