Ho il timbrino sul polso. Già un po' sbiadito, sebbene non abbia fatto nulla per lavarlo via.
Ingresso a sottoscrizione, il punginò che funziona, lo sguardo a cercare gli amici, troppa gente, non li vedo, cerco e trovo il passeggino, eccolo, eccoci, rieccoci. Piccole tribù che si ritrovano, la cascina ne fu teatro, ma ora l'organizzazione è tutt'altra cosa rispetto a quei tempi. Eh, per molti di questi qua il gruppo che si è rimesso insieme significa rievocazioni vecchie di un decennio, ma per me, per noi, sono cose di vent'anni fa o quasi a riaffiorare.
E intanto si chiacchiera, si brinda (riauguri, Paolo), ci si racconta a fondo seppure in massima sintesi, finché il piccino Gabriele fa da orologio segnando l'ora del rientro. Ho il privilegio di accompagnarli all'auto tenendolo in braccio e lui si abbandona sorridente e fiducioso (è il terzo abbraccio speciale della settimana, dopo quello aderentissimo di Simone, un angioletto che si finge monello e dopo il lungo saluto supercalamitoso di Lorenzo in partenza per queste prime vacanze da separati di fatto).
Quando rientro, il concerto si è messo sui binari che preferisco, quelli dei pezzi storici, sarà perché li conosco meglio o perché aiutano nell'ennesimo processo retrospettivo, col ventaglio dei ricordi che si apre con la forza di un flash riproponendo alla memoria emotiva tutto quel che è riposto e che non salta alla luce se non fai il gesto.
Grazie dunque alla colonna sonora, suonata con cuore e partecipazione dai Ritmo Tribale.
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