03 marzo 2007

Guarda che luna

22:30, Milano Bovisa, terrazzo su al 4° piano che si vede meglio: si sta cominciando a diffondere un'ombra dai contorni irregolari sulla splendida luna piena, in alto nel cielo.

23:05, ibidem, ballatoio 3° piano: ho svegliato i bimbi come mi avevano chiesto, intimato, supplicato di fare prima di coricarsi sul divano. Lorenzo, portato in braccio al cospetto dell'astro semioscurato, ha socchiuso solo per un attimo gli occhi, per tornare protestando al sonno interrotto - ora è già a letto in pigiama; Francesca si è lasciata condurre fuori per mano, ha guardato, ha detto "Bene, bene" e se n'è andata a incontrare il cuscino.

23:20, ibid., di nuovo terrazzo 4° piano: della luna rimane visibile solo una falce, una fettina in alto. In città l'inquinamento luminoso non scherza, sarà per questo motivo che non si vede l'annunciato effetto rosseggiante, però tutt'attorno al nostro satellite naturale pare si accendano una dopo l'altra le stelle, tutte quelle di cui prima non notavamo il brillare a causa di una luce riflessa (oddio, sarà una metafora?).

23:35, sono risalito brandendo un telescopio giocattolo (45x40mm) e ho visto l'ombra grigia sulla rotondità della superficie lunare.

Dopo cinque minuti, a occhio nudo e molto meglio che con quel trabiccolo, mi si è manifestato il rosseggiare pallido e assorto. E in alto, un sacco di stelle che non so chiamare per nome (non è la prima volta che le vedo, d'accordo, ma stasera è una sera speciale).

00:05, ci siamo, ci sono, a canticchiare Buscaglione ammirando una luna marziana. Ammirando altresì e rimirando la vastità di quel blu punteggiato così graziosamente, così godibile eppure spaventevole per immensità, come notava giorni fa la Cajuina in una delle sue riflessioni esternate con il cucchiaio a mezz'aria.

(tra parentesi, son forse l'unico pirla di tutto il palazzo a stare e ristare col naso in aria ogni volta che l'occasione si dà)

01:11, è passata al di qua del tetto, va verso ovest e si lascia vedere dalla finestra della camera, riscoprendosi piano piano, maliarda (dall'imporporarsi al rinnovato candore, non so più se crederle).

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a cura di Giulio Pianese

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