Mi cala la palpebra dopo una notte e un giorno di lavoro interrotti solo da poche ore di cuscino (lo so che agli insonni capita sempre, ma io cj ho anche un'età, cj ho).
E comunque, non mi son voluto perdere Paolini su Rai Tre. All'inizio ho seguito con diffidenza, infastidito da come certi particolari spezzassero il ritmo suo, che è quello teatrale, con la voce che non ha fretta né l'ansia di riempire tutti i microsecondi. Parlo di certi tagli del montaggio che cancellava pause o magari incertezze, di certi stacchi che invece di aggiungere toglievano, perché l'immaginazione funziona benissimo dietro al suo affabulare e resta invece delusa dalla riproposizione di immagini che mi sembrano i finti gol della squadretta postprandiale di GigiMaifredi.
Comunque, dopo un po', Marco Paolini riesce ugualmente a trascinare, a far sua la scena presente e passata, a moltiplicarsi popolandola di personaggi, climi, odori, movimento, coi gesti e -soprattutto- con le parole e le intonazioni.
Il testo, bello, era per ampi tratti diverso da quanto ricordavo della rappresentazione vista al Teatro Verdi grazie alla dritta di Pablo, ma d'altronde è passato più di un decennio, e cj ho anche un'età, cj ho, e per questo ora vado a dormire.
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