Essere fortunato significa anche avere voglia di fare quel che in quel momento si deve.
Così pensavo stamane lavando i pavimenti di casa. Operazione improcrastinabile dopo il pomeriggio di ieri. Già, perché il cielo poi non ha tenuto: tonitruante, ci ammonì da lassù tra oscuri squarci e chiassosi ohibò, con una pluralità di goccioloni severi.
Immediato il cambio di programma: di corsa a casa a tracciare col machete un camminamento tra le masserizie del corridoio, a raccogliere con la ruspa gli oggetti sparsi, a ribaltare tutto come una squadra demolizioni, facendo in 15 minuti quello che in tempi normali avrebbe richiesto 15 giorni. Solo così siamo stati in grado di accogliere la festosa turba di amichetti giunti per lo spegnimento delle candeline e l'accensione dello stabile. Ci hanno dato dentro, ma per chissà quale combinazione astrale non sono riusciti ad ammazzarsi né a causare danni irreparabili all'immobile. In certi momenti mi sembrava di rivedere Le teste matte, soprattutto la sigla iniziale che mostrava scontri evitati per un pelo tra vetture e tram, oltre alle solite torte in faccia.
Comunque, lo ammetto, più volte ho indugiato a godere con lo sguardo della loro spettacolarità: i bimbi avrebbero meritato un applauso e invece sono stato io a riceverne i sorrisi complici.
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