25 aprile 2004

U fa' la muntagna

Mi ci sono messo a chiacchierare soprattutto per via di Lorenzo, le cui perplessità, alla terza o quarta lapide che onoravamo, cominciavano a fortificarsi nella convinzione che i partigiani fossero tutti morti. Allora mi sono informato tra i presenti per cercare di individuare i sopravvissuti, agli eventi di allora e alla falcidie del tempo.
Uno di loro è Bruno, presidente della sezione ANPI della Bovisa, ultraottantenne in gamba e lucidissimo. Sobrio nell'espressione, mi ha colpito quando ha dichiarato quasi commosso il suo apprezzamento per l'apporto propulsivo fornito da Licia nelle scorse settimane per organizzare e rivitalizzare il rituale giro commemorativo della mattinata resistente.
Quest'anno, in effetti, alcune piccole novità hanno conferito un tocco di freschezza e trasmesso ai partecipanti un pizzico di entusiasmo in più: in testa al corteo stavano le biciclette; la forbice anagrafica risultava più che mai ampia; davanti a ciascuna delle lapidi il ricordo del caduto veniva pronunciato dal vivo e non delegato alla solita cassetta preregistrata; all'arrivo in piazza Bausan ci attendeva una bella rappresentanza della Banda degli Ottoni a Scoppio: sette elementi che hanno saputo riscaldare i cuori e rallegrare i sensi reinterpretando brani tradizionali e altri con i quali ci hanno accompagnato anche durante il successivo rinfresco al circolino (ricordo Bella Ciao, El Ejército del Ebro, Siamo i ribelli della montagna, Ale Brider, Tammurriata nera, Hasta Siempre Comandante, L'Internazionale).
Prima di congedarci, mi ha gratificato di qualche minuto di dialetto Luciano, il quale rivangava i tempi in cui il Partito Comunista in Bovisa raccoglieva il 70-80 per cento dei consensi elettorali. La frase che però mi sembra maggiormente degna di sottolineatura riguarda proprio la lotta partigiana: "Ho fatto la montagna, ma ne avrei fatto a meno". Questa a mio modo di sentire è la discriminante fondamentale tra chi ha portato un fazzoletto rosso al collo e il parabellum in spalla solo perché costretto dagli eventi o meglio dalle altrui prepotenze e chi invece, ammantato di camicie nere o brune, si proiettava sostanzialmente nel disumanizzante "Viva la muerte" dei franchisti.
Lo sguardo del partigiano invece è rivolto al sol dell'avvenir: sogna luce e vita, forse perché, come ricorda Babsi, nella notte lo guidano le stelle.
Le stelle e i pianeti di sicuro hanno guidato la nostra serata. Parlo di me e del zuvnot classe 2000, giacché le femmine di casa avevano già dato partecipando alla manifestazione pomeridiana. Noi due invece, dopo una pennichella, eravamo troppo vispi e ci siamo lasciati tentare dall'idea di una capatina agli Appunti partigiani, uno scenario impreziosito dal triumvirato celeste impudicamente propostosi alla nostra ammirazione: Luna, Marte e Venere in un quadretto d'autore.

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a cura di Giulio Pianese

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