30 novembre 2006

Fino alla fine

Puoi dirmi che è un vizio, una mania, una fissazione, ma per me guardare i titoli di coda è una necessità e un piacere. Pretendo non mi sia negata la possibilità di scorrere i nomi del cast, di dare un'occhiata al personale che in qualche modo ha avuto un ruolo nella realizzazione o nella preparazione di quel che ho appena visto; lo sfizio di sapere qual era quel pezzo e chi lo eseguiva, in quali località sono state realmente girate le scene, o eventuali altre curiosità. Insomma, finché non vengono fuori i loghi delle pellicole usate e le clausole legali obbligatorie non me ne voglio andare dal cinema, anzi: non mi voglio alzare dal posto.
Inoltre, specialmente se il film mi ha soddisfatto, se è stato pregnante, ho bisogno di un momento di riassorbimento, di una camera di decompressione emotiva, di un passaggio lento e graduale alla vita tridimensionale che la proiezione aveva in un certo qual modo sospeso.
E tu, che non appena si conclude la vicenda filmata ti alzi a indossare il cappotto, tu che accendi le luci in sala, tu che inizi a chiacchierare o rumoreggiare: mi stai sul cazzo. M'infastidisci, mi irriti, mi disgusti quando passi davanti ostruendomi la visuale, interrompendomi quel piacere, impedendomi la soddisfazione di quella necessità.
Non temere, comunque: la tua punizione è già arrivata. Non solo perché perdi continuamente l'occasione di assaporare con calma l'alone che ogni magia produce attorno a sé, ma anche perché ieri, per esempio, non hai potuto udire quello che il regista aveva aggiunto alla fine, un sonoro che giunge all'orecchio solo agli ultimi secondi, sul nero dei decimetri finali di rullo; né tantomeno leggere il saluto conclusivo.
I figli degli uomini quell'attesa la meritava, eccome. Shanti Shanti Shanti.

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.



a cura di Giulio Pianese

scrivimi