27 gennaio 2018

Shabbat

Oggi non ho lavorato.

Nel primo pomeriggio sono andato al parco Nord in bici, l'ho posata e mi sono accostato e mescolato al corteo che si stava formando per andare a omaggiare il Monumento al Deportato e commemorare così la Giornata della Memoria.
C'era più gente di quanto mi aspettassi, dietro e accanto ai labari dei Comuni e delle associazioni della zona; parecchi con il fazzoletto dell'ANED; numerose le presenze legate all'ANPI; nutrita e attiva la rappresentanza di una scuola media di Sesto San Giovanni; inoltre, con sollievo ho registrato la partecipazione di giovani e di ragazzi, che voglio immaginare pronti a rilevare la staffetta di ciò che non va dimenticato, non solo alle commemorazioni, ma nel quotidiano vivere.

Nei discorsi ufficiali, quasi tutti hanno menzionato Liliana Segre, di recente nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Le parole di questa grande sopravvissuta, così piena di energia e generosa nel condividerla mentre rinnova i dolori vissuti raccontando per l'ennesima volta la sua testimonianza, le ho ascoltate proprio l'altro giorno. È successo al CIOFS di Milano, una delle scuole professionali in cui insegno, perché abbiamo deciso che i ragazzi potessero seguire la diretta del suo incontro con oltre duemila studenti al Teatro degli Arcimboldi, tramite il live streaming disponibile dal sito del Corriere della Sera.

Del suo racconto mi hanno toccato particolarmente in profondità (o forse dovrei dire proprio in gola, dove si forma il groppo del pianto) i punti in cui parla del suo rapporto col padre. "Come lo guardi tuo padre, come guardi un padre che ti chiede scusa per averti messo al mondo?", dice con voce che rimane ferma nonostante l'evidente dolore incommensurabile, dolore raddoppiato dall'effetto specchio, dal rimbalzo delle coscienze e del sentire, dal massacro degli affetti più cari. Orrori senza un perché. La figlia tredicenne che vede il padre tornare pesto da un interrogatorio e lo abbraccia ("In quel momento, era lui mio figlio."), la figlia che tenta di apparire relativamente serena per non aggiungere angoscia. La donna che riguardando indietro si sente nonna di sé stessa, che prova tenerezza infinita per quella piccolina e i tormenti che ha dovuto attraversare. La narratrice che trancia in una sola breve frase la separazione più dolorosa della sua vita: "Non lo rividi mai più."

Cito a memoria, potrei sbagliare di qualche sillaba, ma non sbaglio nel consigliarti di ascoltare quella testimonianza. Al momento, purtroppo, il link non risulta fruibile, ma se ne hai voglia puoi sentire la sua voce, insieme ad altre voci, nello speciale podcast realizzato da Radio Popolare.

15 gennaio 2018

Doce docet

Per me, c'è sempre bisogno di musica. Ormai, da tempo, la fonte è internet: in pratica sono passato dall'hi-fi al wi-fi.

Svantaggio: la qualità del suono. Vantaggio: la disponibilità immediata e variegata.

Vantaggio: soddisfazione subitanea delle pulsioni all'ascolto. Svantaggio: non sentire più o quasi più degli album interi, a scapito di pezzi che non vengono subito in mente ma che varrebbe la pena riascoltare un po' più spesso.

Vantaggi: interazione e nuovi ascolti.

A cavallo tra vantaggi e svantaggi di cui sopra, la facilità di creare delle playlist, come ad esempio quella che su spotify (versione gratuita su web) ho chiamato "doce" (dolce, in napoletano).

06 gennaio 2018

Cammini

Un proposito è quello di camminare un po' di più.
Stasera lo farò con la musica, in milonga, ma dicevo proprio in generale: nel quotidiano ordinario, ricordando sempre che quattro passi sono meglio di niente; poi, almeno di tanto in tanto, in quello straordinario, con qualche passeggiata un po' più lunga e magari, presto o tardi, un cammino vero e proprio.


a cura di Giulio Pianese

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