30 giugno 2015

Osculi, oculi e loculi

Venere e Giove che stanno per baciarsi. Sì, vabbè, è vero che sono assai distanti, lo sono proprio molto, ma il bacio è nell'occhio di chi guarda. Un occhio sul cielo, lo sguardo che lo accompagna, le miscele di sensazioni contraddittorie condite dai colori di un luminoso crepuscolo.
Un bacio, il pensiero che lo accompagna e lo sguardo di un occhio nel cielo. È tutto nella nostra mente, questo è assai probabile, però aiuta. Come il fatto degli illusori allineamenti astronomici, è esteticamente bello oltre che consolatorio pensare che chi non c'è più fluttui lassù. Non è nemmeno in contrasto con le congetture più razionali: nulla si crea e nulla si distrugge, dicono, quindi da qualche parte ci si disgrega e ci si ricompone con il tutto. Questo è sicuro per quanto riguarda la parte più pesante, ma non è detto, non è affatto detto che una parte ondulatoria non possa propagarsi in altro modo e che siano quelle frequenze ad aver evocato in noi umani il concetto di anima.
Proiezioni, d'accordo, ma a chi non piace il cinema, quello bello? Venere e Giove forse si baceranno in occasione del plenilunio, perché sono sensibili e perché ci tengono allo spettacolo, fatto su misura per noi che puntiamo gli occhi e talvolta il cuore verso il cielo.
Ciao e arrivederci a te, a te, a te, a te...

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bonus: Alan Parsons Project, Sirius / Eye In The Sky

29 giugno 2015

Quante storie

Se una notte d’inverno un viaggiatore Fuori dall’abitato di Malbork Sporgendosi dalla costa scoscesa Senza temere il vento e la vertigine Guarda in basso dove l’ombra s’addensa In una rete di linee che s’allacciano In una rete di linee che s’intersecano Sul tappeto di foglie illuminate dalla luna Intorno a una fossa vuota Quale storia laggiù attende la fine?

Non ditemelo. Non ancora.
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Così scrivevo qualche giorno fa. Poi il libro l'ho terminato, trovandolo meraviglioso. Che Italo Calvino fosse una garanzia me lo dicevano le esperienze precedenti, ma apprezzarlo dopo esserne stato spiazzato è stato ancor più soddisfacente.
Questo genio era in grado di scrivere qualunque cosa, sarebbe stato in grado di scrivere quasi in qualunque modo: le settimane precedenti, oltre al divertentissimo San Isidro Futból di Pino Cacucci, avevo divorato un paio di bei gialli avvincenti (Pista nera di Antonio Manzini e Ksenia. Le Vendicatrici di Massimo Carlotto e Marco Videtta), ma scorrendo le evoluzioni calviniane mi rendevo conto di come lui fosse in grado di avvincere a partire da qualsiasi elemento, situazione, spunto e perfino dalla voluta assenza di spunti.
Durante la lettura, accanto all'ammirazione sconfinata si faceva spazio anche una vocina che ammoniva: se c'è gente che scrive così, tu non t'azzardare, profaneresti lo scrivere, lascia perdere, ma tutto, financo la lista della spesa. Poi, naturalmente, uno se ne fotte e continua a fare come gli pare. Il che mi pare giusto, altrimenti ci si dovrebbe proibire di giocare a pallone dopo aver visto, che so, Marco Van Basten.

L'importante, probabilmente, è non smettere mai di leggere. Almeno finché ti rimane la voglia irrefrenabile di ascoltare il racconto.
«Se una notte d'inverno un viaggiatore, fuori dell'abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l'ombra s'addensa in una rete di linee che s'allacciano, in una rete di linee che s'intersecano sul tappeto di foglie illuminate dalla luna intorno a una fossa vuota, - Quale storia laggiù attende la fine? - chiede, ansioso d'ascoltare il racconto»
P.S.: non si può sapere tutto di tutto. Per la serie "io sono da solo a leggere*, quelli sono tanti di loro a scrivere**", è chiaramente impossibile arrivare a coprire tutto lo scibile, anche solo di un particolare settore culturale o ricreativo. Meglio dunque imparare a cogliere, assaporare e godere qualche spicchio, senza preoccuparsi che ciò avvenga tardi, più tardi, in ritardo. Sempre meglio che mai.

* oppure ascoltare, guardare...
** oppure comporre, suonare, dipingere...

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bonus: Courtney Barnett, Small Poppies

21 giugno 2015

Lepre

"Una ragazza al parco m'ha lasciato senza fiato."
"Era così bella?"
"Non saprei. Correva troppo veloce."

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Dai, vai, fammi da lepre. La tua cadenza è sciolta ma sostenuta; non so quanto la potrei reggere, ma intanto accelero e mantengo la distanza. Non penso più al fiato né alla fatica, solo alla lepre. Pur senza raggiungerla, percepisco la soddisfazione di riuscire a mantenerla nel campo visivo. Le gambe non protestano, l'affanno diventa trascurabile. Da quando la seguo, l'allenamento ha preso un piglio differente. Da quando ti cerco, ogni istante ha preso un piglio differente. La tua inafferrabilità è quanto serve a migliorarmi. Magari un giorno ti raggiungerò, a esplorare tutti i tuoi sorrisi. Magari tra qualche minuto la raggiungerò. Eccola, quasi a portata di falcata, quasi, forse, comunque non è detto che quando l'avrò raggiunta, la lepre m'interessi ancora. Poi ad un tratto svolta per un altro sentiero, io devo proseguire diritto; nel frattempo, anche tu svolti e sparisci alla vista della mia vita. Rimane nell'affanno, rimani nel respiro. Il cielo nel frattempo sorride e io con lui, io con lui.

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bonus: Velvet Underground, Run Run Run

15 giugno 2015

Ma sì

Ma sì, lascia fare alla malinconia, quella di quando, comunque la giri, ti manca un pezzetto, di qua o di là, di su o di giù. Ma sì, lascia cadere la pioggia sul mondo mentre la osservi al coperto, godendoti freschetto e musica dolce blippata quasi a caso.
Un po' d'indulgenza, perbacco: si mettano da parte stoicismo e sensi di colpa. Per quanto possa, dopo, risultare soddisfacente il fatto di aver corso sotto il temporale, non sempre se ne può aver la voglia o la forza. Lascia dunque andare pensieri e dita a ritrovare immagini e parole.
Il cibo è in caldo e già sai che è buono perché è lo stesso di cui ti sei nutrito al pasto precedente. Di bevande non hai bisogno, né d'ebbrezze. Letture ne hai finché ne vuoi, e giorni diversi tra loro anche.
Mettiti in pace: i lembi presto o tardi si ricongiungeranno e al massimo mancherà un pezzetto, di qua o di là, di su o di giù. Ma sì, lascia che cada la pioggia sul mondo, almeno finché ne sarà assetato.

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bonus: Amalia Rodrigues, L'important c'est la rose

01 giugno 2015

Agenda geometricamente analitica

L'agenda è piena ancora prima di iniziare. Perché ci sono gli arretrati di cose da fare e perché di cose da fare ce ne sono sempre di più.
Tra gli arretrati, incarichi lavorativi da assolvere e incombenze varie rimandate. Per fortuna, gli incarichi lavorativi sono più che interessanti. Quanto alle incombenze, quelle casalinghe sono meno noiose di quelle burocratiche, ma direi che entrambe assorbiranno inizialmente parecchio tempo e una cospicua dose di energie.
Tra le cose da fare che si moltiplicano, un peso specifico preponderante viene assunto dalle necessità fisiche: per mantenersi in una forma decente e soprattutto per contrastare o contenere i dolorini fisici occorrono sempre più minuti di esercizi, dei quali va curata la costanza.
Il problema è il mancato moltiplicarsi delle ore del giorno, ma dato che è per tutti così, bisognerà farsene una ragione e darsi da fare a spremere tempo tra un minuto e l'altro, imparando a contenere gli sprechi. Definisco sprechi le attività in cui a un certo punto prevale la passività senza che ci sia un reale godimento o una utile evoluzione.
Sono quasi certo che il meccanismo sarà simile a quando si tenta di riavviare un carro arrugginito: la prima spinta è la più faticosa, ma poi le ruote gireranno sempre meno faticosamente e chissà, magari troverà spazio perfino la volontà, ingrediente indispensabile a ridurre gli ingredienti assunti. In tal modo, grazie all'ellissi alimentare si chiuderà il cerchio di quella che sarebbe potuta apparire come una parabola dagli obiettivi iperbolici e si passerà dalla spirale negativa al circolo virtuoso.

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bonus: Rolling Stones, Time Is On My Side


a cura di Giulio Pianese

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