Non è una considerazione meteorologica, benché la pioggia stia effettivamente innaffiando Milano e hinterland. Si tratta del titolo di una rappresentazione cui ho avuto la fortuna di assistere oggi al Piccolo Teatro Studio.
Il testo originale del catalano Pau Mirò (Plou a Barcelona) viene fatto traslocare nel centro storico di Napoli grazie alla traduzione di Enrico Ianniello, uno dei tre bravi ed efficaci attori, in scena insieme a Chiara Baffi e a Carmine Paternoster (il coscienzioso Roberto in Gomorra), per la regia di Francesco Saponaro (produzione Teatri Uniti).
La vicenda illustra la vita di una giovane prostituta, Lali, e del suo convivente, Carlo, con l'intrusione di un cliente "preferito", un libraio, che stimola l'anelito di riscatto della ragazza, la cui sensibilità è tarpata dai limiti dell'ignoranza e della povertà, ma non per questo meno vera: bellissima la scena in cui descrive, a modo suo, una vera e propria sindrome di Stendhal che la fa fuggire in lacrime dal museo, dove era andata per rimediare qualche marchetta in più.
Sul piano linguistico, napoletano e italiano si alternano a connotare anche socialmente le differenze culturali tra i personaggi e i mondi di cui fanno parte. La scelta, spiega Ianniello, è stata benedetta dall'autore, che nel progetto originario avrebbe voluto far parlare i due "popolani" in spagnolo sudamericano e il cliente in catalano (la produzione spagnola invece si è appiattita sul catalano).
Il suono, curato da Daghi Rondanini, comprende una colonna sonora fatta di neomelodici nella quale spicca Ragione e sentimento di Maria Nazionale, che mi fa sempre schiattare.
Una volta sceso nei camerini a esprimere i meritati complimenti a tutti quanti, mi sono dimenticato di togliermi una curiosità: avrei voluto chiedere se l'ispirazione per il particolare del rasoio sempre a portata di mano di Carlo fosse stata attinta dall'irritante quanto incisivo Gang Bang di Chuck Palahniuk.
Comunque questo spettacolo pluripremiato me lo sono proprio goduto ed è stato doppiamente bello perché non me l'aspettavo, come non m'aspettavo il gustosissimo babà che ho assaggiato poco prima di accomodarmi in platea.
Bella la lettura critica di Caterina Serena Martucci.
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