31 luglio 2015

Egeomonia

Ho aspettato a lavare il telo mare, perché trattiene vaghe fragranze di spiaggia e macchia mediterranea, o forse la loro illusione. È un telo leggero, appena un po' troppo piccolo, ma bello e pratico, me l'ha regalato mia sorella. Si è fatto il viaggio nel bagaglio a mano fino al Dodecaneso e Nisyros dev'essergli proprio piaciuta.

Νίσυρος: facendo copia-incolla riesco a scriverlo nell'alfabeto giusto, quello che piano piano s'impara leggendo i menù, soprattutto peregrinando in scooter da un villaggio all'altro, tra un εστιατόριο e una ταβέρνα, sempre quasi a colpo sicuro grazie alle indicazioni delle persone giuste incontrate per caso allo sbarco.

Abbiamo familiarizzato e mangiato bene alla Captain's House sul porticciolo di Pali, soprattutto la moussaka, mai così buona nelle mie precedenti occasioni. Siamo stati trattati con un occhio di riguardo, forse perché raccomandati da Manos, da Irini a Mandraki, con un ottimo souvlaki preceduto da assaggi di formaggi locali e seguito da un dessert gustosissimo, a base di yogurt e arancia candita. Dopo una sauna naturale all'ingresso del panoramicissimo paesino, a Emporio abbiamo pranzato ottimamente al Μπαλκόνι (Balkoni), dove il dolce consisteva in yogurt con pomodori canditi, un'interessante e imperdibile leccornia. L'entusiasmo è traboccato al Λιμενάρι, una trattoria deliziosa priva di orari, di menù scritto e di internazionalità linguistica, in cui però ci siamo intesi abbastanza da rimpinzarci di fritture casalinghe qualitativamente impeccabili, con le πυτιά in primo piano. Il fil rouge era rappresentato da insalata greca (che fatta come si deve, con olio buono e ortaggi locali freschi, è tutt'un'altra cosa) e, dopo il tramonto, dalla retsina, il vino aromatico che ho ribevuto dopo vent'anni.

A proposito: erano più di vent'anni che non m'arrampicavo a cogliere dei fichi da mangiare lì per lì, come prima colazione. L'ho fatto dopo una delle nuotate mattutine, quella in cui siamo andati a vedere l'alba da una spiaggia ampia e defilata. Lì si nuotava nudi senza dover ricorrere ad arzigogoli, altra soddisfazione ritrovata.

Per rispondere alla domanda frequente Quand'è l'ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?, in quest'isola sono entrato per la prima volta nel cratere di un vulcano. Lì dentro ci sono molti gradi, specialmente a metà giornata, ci sono le fumarole, con gli odori e i cristalli di zolfo, gialli e graziosi, al pari delle rocce colorate che striano le pareti, replicando in parte quelle che proteggono dal vento la stupenda spiaggia di Paliohori a Milos. Una fumarola l'ho voluta sfiorare, scottandomi leggermente e godendo di un contatto tattile morbidissimo con quella polvere di terra vaporosa.

Nisyros meriterebbe qualche giorno in più, perché pur essendo piccolina è ricca di cose da vedere, come il tramonto dalle mura del castello dell'antica acropoli, scorci da ammirare, come le viuzze di Mandraki, angoli da visitare, come il non luogo meravigliosamente balneabile di Avlaki, curiosità da esplorare, come le vecchie terme, in decadenza ma tuttora funzionanti, o come la piazzetta-bomboniera di Nikià, e perché la sua natura ti abbraccia dal primo all'ultimo minuto, come la vegetazione che circonda gli alloggi vista mare dei Mammis Apartments gestiti dal gentilissimo Iannis.

Ho aspettato a lavare il telo mare e non lo faccio nemmeno oggi.

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bonus: David Byrne, This Must Be The Place (Naive Melody)

30 luglio 2015

L'elitra scarlatta

Coccinellina, ci pensi che a quel manto colorato devi la tua sopravvivenza? Voglio dire, fossi in uniforme tetra, da camicia nera o camicia bruna come gli scarafaggi, non avresti scampo a meno di essere velocissima a imbucarti e invece te ne puoi stare lì tranquilla, prendertela comoda ed essere trattata con tutti i riguardi, tutt'al più spostata delicatamente su una foglia dopo esser stata accolta sull'epidermide come regalo gradito. Tutto per quel manto colorato rossonero. No, non ne facciamo una questione di tifo calcistico. In fondo, anche la libellula, che in certi casi è quasi nerazzurra, risulta presenza gradita e rispettata (tranne quella volta lì, ma non l'avevo fatto apposta). Insomma, coccinella, sei una privilegiata e non so se lo sai. Un favore: non dirlo alle cimici, perché non ho alcuna intenzione di sdoganarne le molestie. Quanto alle zanzare, pensa che addirittura m'avveleno l'aria per avvelenarle e talvolta risporco i muri per schiacciarle. Tu però stai pure serena. Qualora adottassi un geco, t'avvertirei prima.

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bonus: It Had To Be You, Harry Connick, Jr.

28 luglio 2015

Dialogacci

"Alla fin fine, stringendo all'osso e senza raccontartela, la vita punge come un filo spinato. Se non punge te, sta pungendo qualcun altro."
"Uella, che pessimismo! Sei di pessimismo e fastidio?"
"È che come ci si muove, si semina, ma troppo spesso si semina dolore o disagio."
"Ma no, dai, ma cosa dici! Se fosse davvero così, come li spieghi i sorrisi, le risate... Tutti i momenti belli passati insieme agli amici, alle persone care, o anche alla gente in generale? Non può essere così nera."
"Boh. Intanto so che gli errori si ripetono enne volte nel tempo, sempre diversi ma sempre gli stessi."
"Dai, va là, non mi fare il vascorossi del nuovo millennio."
"Eh, ti diverti a prendere in giro, ma intanto c'è una realtà oggettiva, anzi una realtà fatta di più soggettività che compone il puzzle, un puzzle disordinato e incompleto, ma la figura è quella."
"Senza raccontartela, però la vuoi raffigurare, eh?"
"Beh, insomma: un senso a tutta 'sta roba bisogna pur darlo, se no ti viene il tarlo."
"Questa te l'ha detta Carlo."
"Eh?"
"No, niente, è che non resisto a non dire minchiate, lo sai."
"Sì, sì, lo so, ma so anche che magari anche le mie lo sono. Non mi ci raccapezzo."
"Oh, raccapezzo: guarda quella lì che sta passando."
"Lascia stare, stasera va di birra e chiacchiere, e basta."
"Ciusca, proprio pessimismo e fastidio, eh. Cià che ordino un altro giro, va'."

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bonus: Enzo Jannacci - Giovanni, telegrafista

18 luglio 2015

Cavalli selvaggi



Wild Horses dei Rolling Stones è un brano magico e malinconico insieme.
In questa esecuzione dal vivo di una decina d'anni fa c'è come ospite nientemeno che la voce dei Pearl Jam. La cosa curiosa è che Eddie Vedder, indubbiamente un grande, qui, accanto a un vero e proprio mito come Mick Jagger, a tratti sembra uno scolaretto intimorito.
La soggezione invece andrebbe spazzata via quando si fa qualcosa insieme, tanto più che l'incontro tra generazioni diverse, preso dal verso giusto, può portare ricchezza in entrambe le direzioni, almeno per un po'.

Ora basta con le riflessioni sagge, altrimenti sembra che stia diventando vecchio e invece fino a oggi sono solo 52.

Vado avanti con la stessa energia insita nell'espressione idiomatica attorno alla quale gioca il testo: wild horses / couldn't drag me away significa che niente può strapparti a ciò cui tieni.
E nel finale, quando si torna al significato letterale: wild horses / we'll ride them some day, l'immagine evocata è bella e piena di futuro, di natura e di pluralità: cavalli selvaggi, un giorno li cavalcheremo.


a cura di Giulio Pianese

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