01 settembre 2013

Ad anello

Di persone che considerano il primo settembre il vero capodanno conosco almeno due esempi, entrambi blogger (Mitì e Squonk). Per pura coincidenza, proprio oggi mi sono trovato, come per tradizione si fa a Capodanno e come io invece non faccio, a elencare qualche proposito chiacchierando con mio figlio Lorenzo (la conclusione è stata che per riuscire a realizzarli basterebbero giornate da 42 ore). Lo spunto per tale conversazione era stato il dolore alle ginocchia che provavo camminando in discesa nei ripidi pendii dolomitici: sostenevo di dover perdere qualche chilo per lenire lo sgradevole effetto, al di là della necessità di essere un po' più allenato. Oggi il dolore articolare premeva nonostante il declivio fosse addolcito dall'erbetta più tenera, tra le mucche al pascolo e con lo stomaco ancora memore del pranzetto alla Baita Caserina, ma erano le fatiche di ieri a gravare. Fatiche nate e cresciute sulle salite, ma soprattutto nelle discese, delle cinque ore di camminata (tra andata e ritorno) che ci aveva portato dal passo Feudo al Torre di Pisa e di lì, attraversando per intero l'ampio anfiteatro del Latemar, alla forcella dei Campanili. Il nome è meritato per le guglie che l'adornano da entrambi i lati, la cui bellezza rende già meritevole il tragitto, ma il premio per chi vi si affaccia è grandioso quanto il paesaggio che si apre alla vista. In basso, quella gemma azzurrata che è ancora il lago di Carezza, nonostante le vicissitudini climatiche capaci di portarlo quasi al prosciugamento qualche anno fa. In alto, le vette coi ghiacciai perenni, Marmolada e Piz Boè, entrambe sopra i tremila. Sullo sfondo, altre cime, già in Veneto, di cui non ricordo i nomi che seppi forse da piccolo. In primo piano, proprio di fronte a noi, un versante del Catinaccio, quello con la Roda di Vael, con il rifugio Paolina e con il canalone attraverso il quale giungemmo a valicare il passo Vaiolon. Quello da cui ci eravamo trovati, tre settimane fa, a guardare ammirare e rimirare proprio questo spettacolare punto del massiccio del Latemar. Morale: per arrivare a immedesimarsi davvero in un punto di vista opposto ci vogliono un po' di tempo, un bel po' di fatica, un pizzico di fortuna come quello di una giornata splendida, una buona dose di buona volontà.

3 commenti:

Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.



a cura di Giulio Pianese

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