22 marzo 2012

Autofagia

Ti mangi le unghie, le pellicine, perfino i polpastrelli. Ti stacchi minuscoli brandelli di epidermide coi denti. Ti mordi per sbaglio l'interno della guancia e prosegui addentando la carne viva, allargando la ferita. Ti mangi il fegato per un'incomprensione o per un'ingiustizia patita. Ti mangi le palle per una decisione mal presa, l'errore, o per una decisione mai presa, l'ignavia. Ti mangi lo stipendio buttandolo in gettoni o schedine, in gratta e perdi, frustranti pantomime. Ti mangi le mani e non le digerisci. Ti mangi la parola, il respiro e forse l'anima.

Lascia che le cellule ricrescano, le carni si rimarginino, che si ricompongano le lacerazioni. Lascia che la pazienza ti porti a riscoprire quanto c'è in più da assaporare, lascia che l'audacia suggerisca che puoi tu farti assaggiare. Lascia che il sapere qualifichi i sapori, che la veglia nutra il sopore, che la voglia lenisca il dolore col colore di una nuova soglia. Un passo, due passi e sei già là fuori, mille passi poi saranno facili e godibili.

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Grazie per aver letto le mie parole, sarò lieto di leggere le tue.



a cura di Giulio Pianese

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