16 giugno 2011

Kiss

Leggo del tempo e delle attese, leggo del pensiero nel respiro, riascolto rasentando il pericolo del cuore sullo strapiombo, mi si apre la bocca, esce la nota, forte, un po' rauca ma deve uscire, deve riaprirsi tutto l'ansimare dopo il troppo annegarsi, e pazienza se insieme alla determinazione escono da sole le lacrime, sono lacrime di perdono, di superamento dell'angoscia, soprattutto di quella ricusata, ed è a quel punto che mi viene in mente che oggi è un anno, un anno dallo stop delle radioterapie, un anno dal sollievo, ma non dall'abbandono del dolore, quello fisico del napalm in gola, quello più intimo e legato al desiderio e ai sogni infranti, non meno devastante seppur prolungato fino all'agonia, comunque non importa l'anniversario, importa quel che sa fare la musica, come sappia sempre scardinare tutto quanto, anche le difese che non si credeva di avere allestito, le armature che si vedono più facilmente osservando gli altri che non sé stessi, la musica che è magica e terribile e dolce e tremenda, la musica che vuole e deve risuonare dentro e fuori e anche a metà strada tra noi e gli altri, la musica che è vibrazione vitale anche quando ti scaraventa in aria senza essere lì a riprenderti quando cadrai, la musica che voglio riabbracciare, presto o anche non presto, per come sarò o non sarò capace, perché ricominci a colorarmi l'anima dei toni iridescenti che tanto mi piacciono, affinché l'incanto parta da dentro ancor prima che dalle meraviglie donate dagli inesauribili incontri del vivere.

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a cura di Giulio Pianese

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