18 maggio 2007

Il disegno di Dio sull'uomo

...il disegno di Dio sull'uomo era effettivamente e senza dubbio il tatuaggio più bello del mondo, ma il tatuato s'imbarazzava, lui era uno che avrebbe voluto starsene tranquillo, bere un tè alla menta guardando il sole calare dopo una giornata di lavoro e prima di andare a farsi le abluzioni serali. E invece tutti quanti lo guatavano, timorosi perfino d'avvicinarsi alla radiosità che sprigionava dal cromatismo ineffabile della sua epidermide.
Le donne non erano esenti dal suo fascino, ma nemmeno le più coraggiose reggevano la vista di quel lucore, che le inibiva totalmente. Una vita frustrante, fatta di slanci repressi, di voglie taciute, di rapporti solo sognati. Anche i dialoghi risultavano frettolosi, quando non venivano evitati. Ai suoi spunti, le persone rispondevano tutt'al più con monosillabi, frutto d'improvvisa balbuzie.
Provò la strada del romitaggio, dell'esilio, del viaggio. Passarono così anni di nuovi orizzonti, ogni volta oscurati agli occhi altrui dall'arcobaleno cangiante della sua tela epiteliale.
Solo, solo, disperata meraviglia perennemente fuori luogo.
Fino al mattino in cui le sue palpebre ricevettero il bacio d'un angelo senza ali. Non volle aprire gli occhi, temendo che il sogno finisse. Erano proprio quelle le labbra d'innumerevoli fantasie oniriche, d'impossibili sogni a occhi aperti, le stesse incontrate giù, nell'abisso del sonno più profondo e dimentico di sé.
Così, a occhi chiusi si lasciò baciare, a occhi chiusi rispose all'incanto, con le palpebre ancora abbassate permise alle mani di percorrere il profilo di quella creatura, lieve, morbida e calda come il sangue che ribollendo gli risvegliava le membra, gli rizzava il membro, lo induceva a cercare umido rifugio in anfratti che mai, mai aveva potuto nemmeno pensare di avvicinare, lui, frutto della maledetta predilezione divina.
Si amò attraverso quell'angelo, il cui ansimare era tale e quale al suo, il cui pulsare rispondeva alle stesse impellenze, i cui dolci rantoli lo facevano lievitare, perdere, ritrovare. Esploso e più intero, nel buio blu di mille universi, si risdraiò, senza perdere il contatto tattile.
Poi, piangendo per il timore, aprì gli occhi. Era lì, era vero, un angelo bellissimo ma senza piume, le cui ali erano le mani che lo accarezzavano, il cui volo era l'ondeggiare del bacino che ancora lo provocava e ricercava, il cui sguardo era nelle labbra protese, nelle narici allargate, nel sorriso disteso di un viso stupendo, e nel vacuo biancore di due occhi senza retina.

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a cura di Giulio Pianese

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