28 marzo 2005

Quando il cinema è cinema

La vita è un miracolo, di Emir Kusturica

Ingredienti: di tutto. Quantità: di più. Con questa ricetta, lo sappiamo, si potrebbe rischiare il disgusto, invece con finta nonchalance il cuciniere ottiene un accurato pasticcio di iperverità, da assaporare per più di 2 ore e mezza.

Con l'amato regista jugoslavo il cinema è cinema, l'immagine la fa da padrona e si moltiplica in uno strepitoso affollamento in cui il surreale e il grottesco risultano i modi più efficaci di rendere l'idea, come quando i finchecèguerra sniffano coca sparsa sui binari procedendo in notturno convoglio tra l'allegria mercenaria di musicanti e sculettanti.

L'ambientazione, ci dice un sottotitolo, è "Bosnia 1992" e le vicende belliche sono richiamate fedelmente, nel senso che non ci ho capito una mazza, proprio come accadde all'epoca dei fatti. Tra i flash storici, l'informazione televisiva viene mostrata per quel che è: show allestito dal di fuori, manipolazione al servizio dell'audience. Questo Kusturica, che non disdegna l'epilogo addolcito, ci dà la soddisfazione dell'unica risposta possibile a quell'invadente strumento: un bel rutto microfonato.

Presenti in ogni scena, gli animali sono testimoni, protagonisti, simboli della miscela indissolubile vita-morte. Anche la musica è sempre presente, inscindibile dal vivere in tutte le sue manifestazioni. Viene suonata, ballata, ascoltata, vissuta e non discrimina buoni e cattivi.

Modernità e tradizione, natura e tecnologia convivono dinamicamente in un gioco di contrasti dal sapore ora piccante ora amaro. Cibo donne armi treno alcol, tutto quanto fa spettacolo, mentre il confine tra passione e violenza si assottiglia fisicamente e anche metaforicamente, se rivediamo la scena della partita di calcio che evoca l'escalation agonismo-rissa-guerra senza soluzione di continuità.

Umanità, diversità, animalità, tutto erompe con forza, ma la potenza suprema si chiama amore, un trasporto raffigurato da simboli vivi, quali la barella che fa sbarellare o il letto che vola nello spazio e nel tempo. Amore capace di sfidare la guerra, senza però intenerirla: i cecchini lo riconoscono, ma sparano ugualmente.

La commistione tragedia-commedia ha davvero un sapore shakespeariano, e la capacità drammaturgica è anche quella di alleviare il pathos con la serie di vaccate pronunciate dal minuscolo attendente del coriaceo capitano Aleksic, il soldato dal volto umano interpretato dal figlio del regista.

Il miracolo della vita è proprio l'amore: lieve come la bellezza autentica di Sabaha, tenace come l'ottimismo di Luka, generoso nel darsi a chi sa che l'esistenza va succhiata da un uovo crudo, sorridendo.

L'ottimista ostinato avrà un unico cedimento, ma sarà salvato. Forse perché l'amore è cosa sacra, come ben sanno anche gli asini.

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a cura di Giulio Pianese

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